
Il governo leva gli sgravi a chi ha un reddito che supera i 120.000 euro. Allo studio tagli pure sulle «patologie gravi» come i tumori. Contante o carte: non c'è differenza.Nel nuovo «Vangelo» economico giallorosso, il ricco (anzi, considerando che parliamo di cifre lorde, un soggetto benestante) subisce un incredibile stigma e una colpevolizzazione sociale più unica che rara in un Paese dell'Occidente avanzato. Arriva infatti la stretta sulle detrazioni per i redditi più alti (oltre i 120.000 euro), anche per le spese sanitarie. Nessuna differenza - ha poi chiarito Palazzo Chigi - tra chi usa il contante e chi no: la discriminante è il reddito. In molti Paesi si opera in modo assai diverso: cercando di incentivare questi contribuenti a spendere, a consumare, a far girare l'economia. Invece, con la manovra in corso di elaborazione, l'Italia giallorossa sceglie la logica perversa della stretta sulle detrazioni nei confronti dei redditi più alti, in ossequio a una visione punitiva e contraria alla creazione di ricchezza, che sembra uscita dalle fantasie più perverse degli scatenati tassatori grillini e post comunisti. In sostanza, proprio per i contribuenti di fascia più elevata, che si fa? Si disincentiva fiscalmente la loro propensione alla spesa e al consumo: una follia.Del resto, la criminalizzazione dei redditi più elevati fa pendant con l'analoga colpevolizzazione anche delle pensioni più elevate: senza nemmeno distinguere - per proteggerle - le pensioni che sono il frutto di contributi effettivamente versati. La furia pauperista travolge tutto: sia quelli a cui un certo trattamento è stato regalato, sia quelli che invece se lo sono conquistato a suon di contributi versati. E ora si arriva all'ultima tappa di questa esperienza fiscalmente sadica: il ricco deve morire soffrendo e pagando. Nell'articolo della bozza della legge di bilancio che si occupa della sforbiciata sulle detrazioni, è infatti rimasto un appuntino, un «nota bene» lasciato dai rappresentanti dei quattro partiti in calce al documento di lavoro. Eccolo qua, ed è letteralmente raggelante: «N.b. Sono in corso valutazioni per escludere le spese sanitarie relative a patologie gravi». Avete letto bene, e avete capito ancora meglio. Proprio coloro che ci ammorbano con la retorica sulla salute, proprio coloro che hanno ripetuto come una giaculatoria la condanna morale dei Paesi in cui - dicono - «non ti curi se non hai in mano la carta di credito», ora, improvvisamente, sembrano non avere pietà del «benestante» nemmeno in presenza di un cancro. Vedremo come finirà questa vicenda: ma già solo quelle righe in calce a una bozza sono un'eloquente testimonianza politica (e psicopolitica) di una mentalità che non cambia, e che anzi vede la convergenza delle peggiori tradizioni comuniste con l'istinto grillino. È forse una missione impossibile spiegare ai comunisti (di andata e di ritorno) il senso della «curva di Laffer», dal nome del grande economista Arthur Laffer, l'uomo che ispirò la riforma fiscale del grande Ronald Reagan. C'è una soglia al di là della quale aumentare le tasse scoraggia la creazione di nuovo reddito: se l'aliquota fiscale è troppo alta oltre un certo limite, perché una persona dovrebbe affannarsi a creare altra ricchezza che sarebbe borseggiata dall'erario? Morale: a quel punto, no a ulteriori profitti, niente nuovo imponibile, e giù pure il gettito.Ma qui siamo oltre l'opposizione a Laffer e a una visione fiscale minimamente liberale. Si vuole la sofferenza fiscale abbinata a quella fisica: il ricco va colpito e punito anche se sta male, anche se sta combattendo contro un tumore. Teniamolo a mente la prossima volta che ci parleranno di «bontà» ed «empatia», o quando leggeremo l'hashtag #restiamoumani.
iStock
- Crescono le aree di sepoltura «esclusive». E la Chiesa di Milano invita gli oratori ad accettare animatori di fede maomettana.
- E adesso in università arriva la prima moschea per studenti. L’iniziativa nell’ateneo pubblico di Catanzaro. La Lega: «Precedente pericoloso».
Lo speciale contiene due articoli.
Emanuele Fiano (Getty Images)
Il tentativo di censura subito da Fiano suscita commenti indignati. Ma, alla fine, si conclude che la colpa dell’intolleranza è tutta della destra. E quando si tappa la bocca a chi è sgradito, nessuno si preoccupa.






