2021-04-15
Via all’Ilva di Stato e rispunta lo scudo penale
(Fabrizio Villa/Getty Images)
Versati tramite Invitalia 400 milioni ad Arcelormittal: nasce Acciaierie d'Italia. La maggioranza vota per estendere il golden power alla siderurgia e mettere in agenda la copertura legale tolta dai 5 stelle. Domenico Arcuri silurato: come nuovo presidente, favorito Franco Bernabè.Giornata impegnativa per l'ex Ilva. Prima la maggioranza di governo si compatta su una mozione targata Fratelli d'Italia con l'obiettivo di estendere il golden power alla siderurgia e riportare in agenda anche l'ormai celebre scudo penale sulle attività di bonifica a Taranto fatto saltare dai 5 stelle. E poi nel pomeriggio il governo, per bocca di Giancarlo Giorgetti, conferma il bonifico da 400 milioni per dare il via alla joint venture tra Invitalia e Arcelormittal Italia. Su incarico del governo, informa una nota, Invitalia ha sottoscritto, con i contributi in conto capitale, azioni ordinarie per un importo di 400 milioni di euro e, a seguito dell'adesione all'aumento di capitale, acquisisce il 50% dei diritti di voto di Am investco Italy che prenderà il nome di Acciaierie d'Italia holding; la sua principale controllata operativa Arcelormittal sarà rinominata Acciaierie d'Italia. L'operazione di coinvestimento «ha una valenza di iniziativa strategica a sostegno delle imprese e dell'occupazione nel Mezzogiorno, al fine di rilanciare e riconvertire, in chiave green, il sito siderurgico dell'Ilva, coerente con la strategia, governata dalla Commissione europea, di garantire all'Europa “zero emissioni" entro il 2050». L'accordo, si legge nel comunicato degli angloindiani, prevede un secondo investimento nel capitale da parte di Invitalia, fino a 680 milioni di euro, per finanziare il perfezionamento dell'acquisto dei rami d'azienda di Ilva da parte di Acciaierie d'Italia, che è previsto entro maggio 2022. A quel punto, la partecipazione di Invitalia nel capitale sociale di Acciaierie d'Italia salirebbe al 60%, mentre Arcelormittal dovrebbe investire fino a 70 milioni per mantenere una partecipazione pari al 40% e il controllo congiunto sulla società.Fin qui la parte più lineare del progetto. Il futuro dell'acciaio è invece molto più complicato e quello dell'ex Ilva assomma tutti i problemi interni a Taranto. Per prima cosa c'è un tema di strategie europee. Entro la fine di maggio la Commissione Ue sarà tenuta a prendere alcune importanti decisioni sui dazi imposti alle materie prime. Potrà proseguire nel favorire i produttori intervenendo con tasse anti mercato oppure liberalizzare e quindi sostenere i trasformatori. L'Italia è nel secondo gruppo. Se l'Ue dovesse favorire il primo gruppo, noi avremmo ulteriori ostacoli da sommare ai rimbalzi dei prezzi delle commodity. Di fronte a un tale scenario è importante che il governo crei una nuova strategia d'impresa. Che non tocchi solo l'ex Ilva ma anche Piombino e Terni. Forse anche per questo ieri il Senato ha approvato un ordine del giorno a maggioranza, recependo la mozione di Fratelli d'Italia a firma Adolfo Urso. Il documento indica come utilizzare le risorse del Recovery fund destinate alla transizione ecologica per la riconversione produttiva nell'assoluto rispetto dell'ambiente e della salute dei cittadini e considera necessario utilizzare ove necessario anche lo strumento del golden power per evitare altre azioni predatorie. L'odg rispetto alla mozione ha subito solo una modifica. I 5 stelle hanno chiesto che venisse accantonata la proposta di scudo penale che avrebbe riportato la situazione al primo governo Conte, quando l'avvocato del popolo tolse la clausola garantista dando l'assist ad Arcelormittal per mettere il primo piede fuori dall'azienda. La mossa di ieri però non è definitiva. Quando l'Aula dovrà affrontare il dispositivo di legge, per i 5 stelle sarà un tuffo nel passato e visto che l'attuale accordo tra Invitalia e Arcelor prevede coperture legali c'è da aspettarsi una strada obbligata. D'altronde le cose sono cambiate rispetto al Consiglio dei ministri di dicembre che avrebbe dovuto approvare il decreto per la joint venture. Quel testo mai venuto alla luce è stato rivisto dal nuovo governo. Prevede all'orizzonte nuovi accordi con Fincantieri sul tema delle banchine portuali e con il gruppo Danieli (in abbinata a Saipem e Leonardo) per i forni a idrogeno. Ma soprattutto non prevede più Domenico Arcuri alla presidenza. L'ex commissario non potrà sfoggiare il nuovo biglietto da visita. Mario Draghi e Giorgetti pensano a Franco Bernabè per questo ruolo e probabilmente a Stefano Cao per il secondo rappresentante dello Stato nel board. Il manager che conosce benissimo Saipem avendola a lungo guidata sarebbe un link ottimo con Ernesto Somma (head of innovation di Invitalia) Che sarà di Lucia Morselli? Per ora sicuramente ad. Poi si vedrà.