2024-07-13
Lobby, Ong, altre tasse e divieti: il vero conto dei Verdi in Europa
Ignazio Marino e Leoluca Orlando (Ansa)
Puniti alle urne, gli ambientalisti sono ora la stampella preferita di Ursula von der Leyen. Ma il loro potere, attraverso enti privati e burocrazia, porta ideologie disastrose. Che il centrodestra dice di voler combattere.Un complesso reticolo di associazioni, professori, presunti esperti e Ong, anche finanziato da Bruxelles, ha un ruolo chiave nel processo decisionale. Ascoltati e sovvenzionati pure gruppi di pressione Usa.Lo speciale contiene due articoli.Fissata l’agenda della plenaria: giovedì prossimo alle 13 si vota per il bis di Ursula von der Leyen. I Socialisti che a oggi sono i primi azionisti del gruppo (assieme al Ppe) hanno fatto sapere che serve «una maggioranza larga che coinvolga pienamente e strutturalmente i Verdi». A dirlo Brando Benifei, capo delegazione del Pd a Bruxelles. Durante l’incontro gli esponenti delle delegazioni dei gruppi parlamentari sono rimasti abbastanza vaghi in merito al voto sulla maggioranza guidata dalla politica tedesca. Hanno ovviamente fatto eccezione i Popolari (il gruppo di cui fa parte la Von der Leyen) che le assicurano la fiducia e la Lega, che invece ha ribadito un secco «no» condiviso dal neonato gruppo dei Patrioti.Meno categorico invece Nicola Procaccini, vicepresidente dei Conservatori e riformisti (Ecr) per Fratelli d’Italia. L’emissario di Giorgia Meloni in Europa punta sui temi e sull’agenda. Un modo anche per lasciare aperte le porte sia in termini di vicepresidenza all’Eurocamera (Ecr punta ad almeno due incarichi, uno di questi potrebbe essere Antonella Sberna), sia per garantire i margini di trattativa necessari per assicurare all’Italia un commissario europeo di peso. Possiamo parlare invece di consenso unanime da parte delle delegazioni italiane di tutti gli schieramenti intorno al nome di Roberta Metsola (Ppe), che punta a godere di un ampio consenso per il suo secondo mandato in qualità di presidente del Parlamento europeo. L’obiettivo della politica maltese è farsi il secondo giro e a metà mandato, come da libretto, e lasciare per candidarsi a premier dell’isola. E a quel punto avere i galloni per presentarsi alla presidenza della Commissione fra cinque anni. Per carità, un’era geologica.Intanto i giochi veri saranno da fare immediatamente dopo il 18, cioè all’indomani dell’elezione della Von der Leyen. E qui si torna al nodo cruciale. Che peso avranno i Verdi? Benifei ha dichiarato che il gruppo S&D sta portando avanti un confronto con la Von der Leyen, a cui ha chiesto di «lavorare con una maggioranza larga che coinvolga pienamente e strutturalmente i Verdi». Rispetto al voto l’eurodeputato ha però precisato che «le premesse sono buone», ma che i socialisti hanno bisogno di maggiore chiarezza su alcuni temi cari ai socialisti: la tutela della libertà di informazione, l’agenda sociale europea, la transizione ecologica e digitale, il diritto alla casa. Su questi aspetti, ha ribadito, «abbiamo avuto solo un inizio di risposta». Dopo un sì manifestato su Twitter la scorsa settimana dal copresidente dei Verdi Terry Reintke, Ignazio Marino (eletto assieme a Leoluca Orlando, Benedetta Scuderi, Cristina Guarda, mentre Ilaria Salis e Mimmo Lucano sono passati a The Left) ha parlato di una «discussione ancora in corso nel gruppo dirigente». Purtroppo per chi ha a cuore l’industria del Vecchio continente, Marino ha aggiunto che «le risposte sulla transizione climatica risultano soddisfacenti», salvo specificare che i Verdi sono in dubbio rispetto al modo in cui la candidata alla presidenza intende affrontare la guerra in Ucraina così come il tema «delle stragi in Israele e a Gaza», dato che la Von der Leyen «finora non ha parlato di cessate il fuoco», ha concluso Marino. Niente di che meravigliarsi se per stare in piedi il Ppe tira a bordo certi eletti la cui linea elettorale li vedrebbe meglio in un Parlamento del Medio Oriente o in Iran. Il dato preoccupante sta nel fatto che il tentativo di Renew di scalare la classifica dei gruppi, superando Ecr, sia saltato per colpa dei deputati di Volt che si sono aggiunti al gruppo Verdi Ale. Il che riporta l’agenda della transizione green di nuovo in cima alle priorità. Tradotto significherebbe andare avanti con l’elettrico, le imposizioni sulla legge Natura, i divieti e le progressive tasse sulle emissioni e su tutto ciò che è industria e manifatturiero. In molti elettori di centro destra alberga una speranza. Cioè che una volta eletta la Von der Leyen possa decidere di tradire le promesse fatte ai Verdi e virare verso le richieste di Ecr, il gruppo di destra più moderato. In fondo non sarebbe la prima volta. Tanto più che il Parlamento dopo il voto di fiducia non viene minimamente consultato né nella fase di distribuzione delle commissioni né in quella delle deleghe e dei relativi portafogli. L’Ambiente potrebbe finire spacchettato, ad esempio. Come è successo con l’Economia finita nelle mani di Paolo Gentiloni nel 2019. Speranze a parte va tenuta presente la classe dirigente presente a Bruxelles. Negli anni nominata dai Socialisti, oppure da francesi e tedeschi. Qui la cultura è contigua al modello del Green new deal. C’è quindi da aspettarsi che anche se Ursula decidesse di tradire le promesse ai Verdi, la strategia rientrerebbe dalla finestra. Alla fine conta chi scrive le leggi a Bruxelles più ancora di chi le presenta. E ad avere carta e penna sono appunto i funzionari che politicamente si rivolgono ai dem e a tutte quelle Ong e o a quei think tank che negli ultimi cinque anni sono servita da scusa e sponda per la transizione green impostata dall’olandese Frans Timmermans. Gli industriali italiani alzino le orecchie: sono momenti delicati.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/vero-conto-verdi-europa-2668737868.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="cosi-la-commissione-usa-la-scienza-per-imporre-la-transizione-ecologica" data-post-id="2668737868" data-published-at="1720821750" data-use-pagination="False"> Così la Commissione usa la «scienza» per imporre la transizione ecologica Esperti o presunti tali, atenei, Ong spesso a stelle e strisce. Ecco le armi della Commissione per giustificare le politiche green. Un gioco di sponda che, grazie al mantra «lo dice la scienza» che si è imposto con la pandemia, punta a zittire chi critica la transizione verde. Un meccanismo che funziona anche perché l’Ue decide attraverso procedure talmente complicate da lasciare enormi spazi all’azione dei gruppi di pressione. Tra questi, come La Verità ha già denunciato, spiccano associazioni americane di sinistra. L’Unione europea ha un registro per la trasparenza a cui le lobby devono iscriversi. Lo scorso anno figuravano 12.143 soggetti. Qual è il nodo? Commissione, Parlamento e Consiglio utilizzano spesso delle commissioni, o piattaforme, o comitati di esperti, o sotto comitati, o gruppi di altro genere che a vario titolo intervengono nel processo legislativo. È in questo sottobosco che alcuni gruppi di pressione prosperano. Ad esempio, abbiamo esaminato le attività dell’americana Transport & Environment (T&E), che sostiene «un sistema di mobilità a emissioni zero». Sul suo sito l’organizzazione spiega: «Nel 2022, la campagna di T&E ha portato il Parlamento europeo e gli Stati membri ad accettare di porre fine alle vendite di nuove auto e furgoni con motore a combustione entro il 2035». L’anno scorso il gruppo era attivo in undici tra comitati di esperti, sottogruppi, osservatori, forum vari. Ha partecipato a 41 consultazioni pubbliche e a 28 capitoli del programma della Commissione. Ha anche presieduto un sottogruppo sulle navi da crociera contro cui Identità e democrazia presentò un’interrogazione perché «le riunioni [...] sembrano essere organizzate in modo alquanto caotico ed opaco. Ad esempio, non viene distribuito alcun documento preparatorio prima delle riunioni e si riscontra l’assenza di argomentazioni fondate su basi scientifiche». Nel 2022 il bilancio di T&E è stato di 12 milioni di euro, per circa la metà forniti da quattro Ong più grandi: Climate imperative foundation, Climateworks foundation, European climate foundation (Ecf) e Schwab charitable Fund. Climate imperative foundation è una Ong basata in California che nel 2021 ha ricevuto un contributo di 20 milioni di dollari dalla Silicon Valley community foundation che ha fra i suoi sostenitori Jack Dorsey, fondatore di Twitter, e Mark Zuckerberg, papà di Facebook. La Climateworks foundation, sempre con sede in California, è stata finanziata dalle fondazioni che portano il nome dei creatori della Hewlett-Packard computer e che sostengono direttamente anche Transport & Environment. La Ecf è un luogo di incontro di finanziatori europei e Usa tra cui spiccano Bloomberg philatropies, che fa capo a Michael Bloomberg, ex sindaco di New York, e il Rockefeller brothers fund. Lo Schwab charitable fund ha dietro la famiglia del finanziere americano Charles Robert Schwab, la cui figlia ha collaborato con Barack Obama. Un altro finanziatore diretto di T&E è New venture fund: alcuni sui ex dirigenti sono entrati nell’amministrazione Biden. Spuntano poi a sorpresa altri due grandi finanziatori di T&E: il ministero dell’Ambiente tedesco e la Commissione europea, che nel 2022 ha erogato 739.000 euro. Un cortocircuito possibile attraverso il Climate, infrastructure and environment executive agency (Cinea), agenzia che «sostiene le parti interessate nella realizzazione del Green deal» a cui la Commissione ha affidato vari compiti, compresa la destinazione di finanziamenti. I fondi vengono concessi da Cinea su presentazione di progetti da parte delle Ong ed erogati se la Commissione ritiene che il progetto sia in linea con gli obiettivi europei. Dunque, i gruppi di pressione giocano su più tavoli e hanno più ruoli. Sono dei colegislatori di fatto, influenzano le decisioni, ricevono denaro dalle istituzioni europee per fare quello che la Commissione vuole fare e, presumibilmente, per dire alla Commissione ciò che vuole sentire. Tutto nella massima trasparenza, visto che i dati sono pubblicati. Ma la trasparenza può diventare un alibi. Uno schema simile si è visto anche a gennaio 2024 per il regolamento Count emission Ue, ovvero il metodo attraverso il quale vengono calcolate le quantità di CO2 emesse dai mezzi di trasporto. In quel caso, determinate fu l’apporto di Alan McKinnon, prof universitario cooptato nel World economic forum nel 2008 e poi chiamato dalla Commissione a ricoprire diversi incarichi di peso. Se si prende in considerazione l’iniziativa Refuel maritime per l’adozione di combustibili marittimi sostenibili, si nota la partecipazione di due società di consulenza olandesi, Ecorys e Ce Delft, che hanno redatto uno studio poi adottato e pubblicato direttamente con il marchio della Commissione. Un’altra organizzazione no profit olandese coinvolta spesso nelle dinamiche di Bruxelles è Tno, i cui membri del board sono nominati dal governo. A quanto pare, sul tema Amsterdam ci tiene a influenzare la regolazione Ue già in fase preliminare. Tutto lecito, ma è bene conoscere certi meccanismi.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.