2019-03-17
Vercelli, musulmano investe la figlia: «Viveva all’italiana»
Marocchino di 50 anni arrestato per tentato omicidio. La vittima è stata dimessa dall'ospedale. Le amiche: «Siamo il tuo scudo».La trattava come una cosa. Un oggetto di sua proprietà. Non una persona, ma una schiava. Costretta a ubbidire, senza mettere in discussione l'autorità paterna e i suoi comandamenti. Come succede a Raqqa o a Riad, terre di sharia e di vite strappate per un semplice «no». Siamo invece a Livorno Ferraris, provincia di Vercelli. Là dove un uomo, originario del Marocco, ha tentato di ammazzare sua figlia investendola con l'auto. Lei, Miriam Hayan, 20 anni. Lui, El Moustafa, 50 anni. In mezzo non solo tre decenni di differenza, ma soprattutto l'incomunicabilità e l'incapacità di vivere una normale relazione familiare. Non basteranno certamente i cinque giorni di prognosi che i medici dell'ospedale Sant'Andrea hanno prescritto alla ragazza per guarire dalle ferite inferte non tanto alla carne quanto allo spirito. I riflessi hanno salvato Miriam, che è riuscita a scansarsi proprio mentre il papà (o forse sarebbe meglio dire l'uomo che ''ha concepita) ha schiacciato il piede sull'acceleratore per mandarla al cospetto di Allah.«Non volevo investirla, non avrei mai potuto: è stata una manovra accidentale», ha raccontato lui ai carabinieri che lo hanno ammanettato e portato in carcere a Vercelli. Eppure, la ricostruzione degli inquirenti è chiara e coerente con quello che tanti, in paese, sapevano e immaginavano. El Moustafa, da quindici anni in Italia, di religione islamica ortodossa, non sopportava che la figlia vivesse secondo i ritmi e la moda occidentali. Le impediva di usare Facebook e di frequentare amici e amiche, di uscire senza indossare, come fa la mamma, lo hijab. Non lavora Miriam, se non saltuariamente. E venerdì avrebbe dovuto consegnare un curriculum presso un'azienda per uno stage retribuito. Non voleva però che il padre la accompagnasse e, dopo l'ennesima lite in casa, ha deciso di prendere il treno e fare tutto da sola. L'uomo - che a sua volta di rado riesce a trovare occupazione nel campo dell'edilizia - l'ha raggiunta poco prima della stazione e le ha ordinato di salire a bordo. Ancora una discussione, ancora la folle volontà di imporsi e di dimostrare la superiorità del maschio adulto su una donna, per giunta poco più che maggiorenne.Al rifiuto della ragazza, la scellerata sterzata che solo per fortuna non ha avuto un tragico epilogo come purtroppo, in Italia, è accaduto già in passato con Hina Saleem o con Sana Cheema, entrambe ammazzate dai parenti, e con tante altre. Tentato omicidio e maltrattamenti è l'accusa contestata a El Moustafa Hayan. L'inchiesta però è solo alle battute iniziali. Nei prossimi giorni, infatti, è probabile che saranno ascoltati dagli inquirenti anche il fratello e la mamma della vittima per cercare di ricostruire l'atmosfera degli ultimi mesi di difficile convivenza in famiglia.«Sono atteggiamenti deplorevoli, gravi», ha commentato l'arcivescovo di Vercelli, monsignor Marco Arnolfo. «L'integrazione tra popoli è importante ma deve avvenire da ambo le parti e dovrebbe portare a superare le mancanze dei diritti e del rispetto delle persone. Bisogna fare un cammino tutti insieme e costruire un percorso di crescita comune». Per il ministro dell'Interno, Matteo Salvini, invece, «nessuna integrazione possibile per chi vive ancora nel Medioevo», ha twittato con tanto di post scriptum: «Attendiamo commenti delle “femministe" dalla penna rossa».Miriam è particolarmente attiva sui social dove, per scherzo, risulta fidanzata con un'amica che vive nel suo stesso Comune. Sul profilo Fb, negli ultimi tempi, oltre alle immancabili immagini di gattini e alle pagine satiriche, ha condiviso articoli su stupri e femminicidi. E dedicato post anche alla storia dell'avvocatessa iraniana, paladina dei diritti umani, condannata da Teheran a 38 anni e a 148 frustate, e agli attentati in due moschee in Nuova Zelanda che hanno provocato 49 morti e oltre 50 feriti.«Miriam è l'archetipo di una ragazza che si è integrata perfettamente nella comunità locale», ha detto il sindaco di Livorno Ferraris, Stefano Corgnati. «La giovane è parte integrante del basket livornese», ha sottolineato il primo cittadino, «premiato più volte in consiglio comunale. Vive una vita normale come tutte le sue coetanee, e a prima vista non si riconosceva neanche la sua appartenenza alla religione musulmana. Miriam fa parte del Dna di Livorno Ferraris». «La nostra comunità è unita e dobbiamo ancora più lavorare affinché non avvengano episodi drammatici come quello appena successo. Credo molto nel controllo sociale nei piccoli paesi, dove ogni piccolo avvertimento deve far scattare un campanello d'allarme». E proprio il club di pallacanestro, frequentato dalla ventenne, ha affidato a Facebook l'augurio più bello: «Siamo un solo gruppo e sappiamo benissimo quanto tu sia forte! Adbt Livorno Ferraris sarà il tuo scudo. Ti aspettiamo Miriam».
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