2023-06-29
Il Vaticano tratta col Richelieu del Cremlino
Il presidente della Cei, cardinale Matteo Zuppi, ricevuto dall’influente consigliere Yuri Ushakov. La missione punta ad affrontare la questione dei bambini deportati: un primo passo verso un ammorbidimento delle reciproche posizioni dei belligeranti.«Restituzione dei prigionieri e dei bambini deportati in Russia, è questo l’obiettivo umanitario». Dal Vaticano trapela la mission del presidente della Cei, cardinale Matteo Zuppi, a Mosca per il secondo viaggio della pace dopo quello d’inizio giugno a Kiev. L’alto prelato inviato da papa Francesco è stato accolto con grande favore a conferma che, dopo la ribellione del battaglione Wagner, Vladimir Putin non è più così negativo rispetto a una mediazione della Santa Sede. E per sancire l’ufficialità dell’interlocuzione ha deciso di far incontrare Zuppi al suo consigliere più ascoltato, quello Yuri Ushakov profondo conoscitore del mondo occidentale, già ambasciatore a Washington per un decennio e suo accompagnatore nella visita oltre le mura leonine nel 2019.L’incontro è stato incerto fino all’ultimo, poi il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, lo ha confermato ieri in serata «per discutere la situazione riguardante il conflitto in Ucraina e naturalmente le possibili vie per una soluzione politica e diplomatica. Abbiamo ripetutamente affermato di avere un alto apprezzamento degli sforzi, le iniziative del Vaticano nella ricerca di una soluzione pacifica alla crisi e accogliamo gli sforzi del Papa nel contribuire alla cessazione del conflitto armato». Chi già definisce un downgrade l’assenza del ministro degli Esteri Sergej Lavrov sbaglia; Ushakov in questa fase è il Richelieu di Putin, si sta occupando anche del dossier cinese, è simmetrico a Jake Sullivan, consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca. Putin lo ha recentemente nominato responsabile del comitato organizzatore del vertice dei Paesi cosiddetti Brics (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica) che si terrà a Kazan nel 2024 e che è ritenuto fondamentale dal Cremlino per salvaguardare l’immagine internazionale dopo la messa al bando da parte dell’Occidente. L’alto magistero di Ushakov è riconosciuto a livello internazionale, quindi si tratta di un passo avanti importante a livello diplomatico da parte del diffidente fronte russo. La delegazione vaticana sa che affrontare l’argomento della restituzione dei bambini deportati, dei prigionieri e dei profughi nelle aree del conflitto significherebbe ammorbidire anche la posizione di Volodymyr Zelensky, oggi altrettanto scettico rispetto al «movimentismo dei preti», definizione sua. La due giorni di Zuppi nella capitale russa è cominciata con l’incontro con monsignor Paolo Pezzi, arcivescovo dell’arcidiocesi della Madre di Dio a Mosca. Ieri alle 19 il presidente della Cei ha presenziato nella cattedrale cattolica dell’Immacolata Concezione alla celebrazione liturgica. Il momento è stato altamente simbolico: durante gli anni del regime sovietico questa chiesa venne trasformata in una fabbrica. Fu poi restituita al culto cattolico sei anni dopo il crollo dell’Urss, nel 1995.Proprio monsignor Pezzi, in un’intervista a Vatican Insider, ha tracciato il perimetro del tentativo vaticano. «Già alla fine di questa missione del cardinale Zuppi, potremmo assistere a gesti concreti come un nuovo scambio di prigionieri o all’annuncio di iniziative a sostegno ai moltissimi profughi e fuggiaschi che questa guerra sta provocando». Alla finalità umanitaria si aggiunge quella ecumenica: «La Chiesa prega. San Giovanni Paolo II diceva: “Quando i potenti si scontrano e nasce un conflitto, la Chiesa deve pregare”. Noi chiediamo a Dio che i cuori di pietra possano trasformarsi in cuori di carne. È essenziale non cedere al pregiudizio che l’altro è, e continuerà ad essere, un nemico».Dopo il colloquio con Ushakov, i cui contenuti ufficiali non sono stati resi noti, la missione vaticana si sposta sul terreno della spiritualità: oggi Zuppi partirà dalla Nunziatura apostolica (dove risiede) verso il monastero Danilov, residenza patriarcale della Chiesa ortodossa, dove conta di incontrare il patriarca Kirill, notoriamente molto legato a Putin e quindi snodo fondamentale per strutturare una strategia di pace. Il missionario di papa Francesco può fare affidamento su un prezioso alleato, il ministro degli Esteri metropolita Antonij di Volokolamsk, dalla lunga esperienza in Italia e a Roma. Tutto serve per costringere Mosca e Kiev a sedersi al tavolo delle trattative. Un’impresa molto difficile perché se da parte russa c’è la volontà «di non rinunciare neppure a un centimetro di terreno conquistato», da parte ucraina c’è la conferma che «qualsiasi piano di pace alternativo a quello ucraino è destinato a fallire». Vale a dire, confini al 24 febbraio 2022. Mentre Washington e Bruxelles osservano con un certo scetticismo la missione vaticana, papa Francesco è convinto che possa fare breccia e comunque «che un giorno di trattativa in più sia un giorno di sofferenza in meno». Ieri al momento dei saluti ai pellegrini di lingua polacca dopo l’udienza generale, il pontefice ha detto: «Siate testimonianza concreta del Vangelo per coloro che soffrono per la povertà e la guerra in Ucraina». Anche l’Italia partecipa dal punto di vista istituzionale alla spedizione moscovita della Santa Sede. Ieri la premier Giorgia Meloni ha sottolineato: «L’Italia e il governo italiano hanno fatto tutto quello che era possibile per favorire e sostenere la missione papale». Poi una chiosa molto pragmatica: «Il modo più serio per favorire un’apertura negoziale è mantenere equilibrio tra le forze in campo. Se non avessimo aiutato gli ucraini non ci sarebbe stato bisogno di nessun tavolo di pace, perché si sarebbe compiuta l’invasione».
Francesco Nicodemo (Imagoeconomica)
(Ansa)
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