
Intervista al generale punito dall’esercito per il suo libro e accusato di istigazione all’odio: «Farò ricorso, non hanno capito ciò che ho scritto. Manca pochissimo a sciogliere la riserva sulla candidatura con la Lega». L’incursore Roberto Vannacci questa volta si trova sotto a un bombardamento diverso da quelli a cui probabilmente si era abituato durante la lunga carriera nell’esercito. Ogni giorno che passa giunge notizia di un nuovo procedimento contro di lui. Prima sono arrivate tre indagini riguardanti il suo periodo di servizio in Russia, per reati come truffa e peculato. Poi un’altra inchiesta per istigazione all’odio razziale partita dall’esposto di due associazioni tra cui un sindacato di militari, a cui si è aggiunta la denuncia della pallavolista Paola Egonu per diffamazione aggravata. Il pm del tribunale di Lucca ha chiesto l’archiviazione sostenendo che le frasi del generale non erano «una specifica invettiva» rivolta alla sportiva, ma la Egonu si è opposta e a marzo ci sarà udienza davanti al gip. L’ultima tegola ieri: il ministero della Difesa ha deciso di sospendere Vannacci per undici mesi. È il risultato dell’inchiesta partita mesi fa sul libro Il mondo al contrario. Secondo il ministero, Vannacci avrebbe mostrato «carenza del senso di responsabilità», leso il «principio di neutralità/terzietà della forza armata» e compromesso «il prestigio e la reputazione» dell’esercito, motivo per cui non verrà impiegato e si vedrà dimezzato lo stipendio. Giorgio Carta, legale dell’ufficiale, ha annunciato «immediato ricorso al Tar Lazio», con richiesta di sospensiva del provvedimento. Intanto, come ormai consuetudine, Vannacci incassa il sostegno di Matteo Salvini: «Un’inchiesta al giorno, siamo al ridicolo, quanta paura fa il Generale? Viva la libertà di pensiero e di parola, viva le Forze Armate e le Forze dell’Ordine, viva uomini e donne che ogni giorno difendono l’onore, la libertà e la sicurezza degli Italiani», ha scritto il leader leghista su X.Al solito, il generale non si scompone. Parlando con La Verità si mostra rilassato e consapevole. «Sulla questione specifica della sospensione non ho nulla da aggiungere rispetto a quello che ha detto il mio legale», ci dice. «Continuerò a fare divulgazione del mio libro, perché è un’attività che ho iniziato da tempo e che proseguo come libero cittadino, e poi presenterò, appena uscirà, anche il secondo libro che ripercorre la mia vita e che si intreccia con le stesse tematiche espresse nel Mondo al contrario».Nel nuovo libro mi risulta che lei fornisca spiegazioni sulle frasi che l’hanno fatta finire sotto indagine.«Potremmo dire che il nuovo libro diciamo fornisce la mia versione dei fatti su quanto scritto nel Mondo al contrario. Tutte le frasi che adesso sono sotto la lente d’ingrandimento di molte persone hanno un perché, possono essere spiegate».C’è bisogno di rispiegarle?«Credo che in maniera abbastanza semplice le si potesse capire già leggendo il primo libro, ma per chi non le ha capite torno a spiegarle, specificando che cosa intendessi quando le ho scritte, e da che cosa nascano. In questo nuovo volume cerco anche di far capire quali siano le esperienze della mia vita che mi hanno portato a pensare in un certo modo e ad avere le idee che esprimo nel Mondo al contrario. In ogni caso credo che nel mio primo libro si capisca molto bene che non vi è razzismo, che non vi è omofobia, che non vi è putinismo o altre cose di questo tipo. A me sembrava già tutto chiaro da subito, ma evidentemente invece c’è bisogno ribadire il concetto».Ormai le cause che la coinvolgono sono parecchie. Ci sono le inchieste sul periodo in Russia, poi quella per istigazione all’odio razziale e perfino quella intentata da Paola Egonu.«Della questione di servizio non parlo, anche perché - a parte gli articoli usciti - devo ancora avere delle evidenze formali. Per quanto riguarda le cause riferite all’istigazione all’odio o al razzismo, sono state presentate da alcune associazioni e appunto da Paola Egonu, che evidentemente si è sentita offesa dalla frase che ho scritto circa la sua italianità. Io poi ho ribadito in tantissimi altri contesti che non voleva essere assolutamente una frase offensiva, parlavo semplicemente di una caratteristica che secondo me è una ricchezza, un valore aggiunto. Il quarto capitolo del mio libro, quello dedicato alle società multiculturali, è un’ode alle differenze. Le differenze sono ricchezza, sono il motore dell’universo. Pensiamo al primo principio della dinamica, che dice che ogni corpo sta fermo fino a che una forza non ne va a modificarne lo stato: quella forza è la differenza, se non ci fossero le differenze nella fisica tutto sarebbe immobile, tutto sarebbe statico. E la società è la stessa cosa: se non ci fossero le differenze sociali non ci sarebbero state le rivoluzioni, non ci sarebbe stato il progresso, non ci sarebbe stato il benessere, non ci sarebbe stata la ricerca continua di condizioni migliori. Se tutto ciò fosse annullato, saremmo in uno stato di apatia globale, di stasi cosmica».Le imputano di voler discriminare, tuttavia.«Ma io quando parlo di differenze parlo di oggettive caratteristiche che distinguono due oggetti, due persone e che di per sé non definiscono nulla di migliore o peggiore. La discriminazione è tutta un’altra cosa. Mentre la differenza fa riferimento a due caratteristiche, la discriminazione si gioca sul piano della dignità e dei diritti, e nel mio libro non c’è una parola, dicesi una, che vada a toccare i diritti o la dignità delle persone. Anzi in tutto il libro io sempre dico che rispetto le altre culture, rispetto le altre idee, rispetto le altre opinioni. Magari non condividendole, certamente, ma il rispetto c’è sempre. Non c’è mai una espressione discriminatoria che riguardi le persone, per via della loro etnia o cultura, o per gli orientamenti sessuali. Non parlo mai di dignità inferiore o diritti inferiori».Intanto però la accusano di istigazione all’odio razziale.«Resto allibito infatti. Incitare all’odio vuol dire spingere deliberatamente una persona a commettere atti criminosi derivanti dall’odio razziale. Io non ho mai scritto una cosa del genere, e non l’ho mai nemmeno pensata. Non ho mai proferito un’espressione che fosse razzista. Razzista è chi crede che una razza o un’etnia siano superiori da un punto di vista biologico alle altre. E nel mio libro non c’è nulla di tutto ciò, non ho mai sostenuto una cosa del genere. Secondo me c’è stato un grosso travisamento di quello che io ho detto: si è scambiato il mio elogio delle differenze - nel quale credo fermamente proprio perché mi ci sono confrontato per tutta la vita - con la discriminazione, che è totalmente diversa». Con Paola Egonu vi siete mai sentiti? La sentirebbe per spiegarsi?«No, non ci siamo mai sentiti, ma non nego che a me piacerebbe molto avere la possibilità di scambiare opinioni. L’ho detto mille volte durante le presentazioni del libro e in tantissime interviste: non ho scritto e non penso che Paola Egonu abbia meno diritto di essere italiana in virtù delle sue caratteristiche somatiche. Non ho mai asserito una cosa del genere. Ho semplicemente detto che Paola Egonu ha delle caratteristiche somatiche specifiche che non la inquadrano nell’italianità, ma questo non va a toccare minimamente i suoi diritti. Lei è cittadina italiana, io sono orgoglioso che lei sia cittadina italiana e io tifo per lei quando vince a pallavolo, e ritengo che sia una ricchezza per il nostro Paese. Di nuovo c’è stata un’interpretazione totalmente errata delle mie parole, anche strumentale».Matteo Salvini si sta molto esponendo a suo favore, e ovviamente ciò fa pensare alla sua candidatura.«Ringrazio il ministro Salvini, sia per quello che ha detto ieri sia per quello che ha detto in precedenza. Quanto alle elezioni, non ho sciolto le riserve. Lo farò quando sarà necessario e opportuno, ormai manca pochissimo al termine per le candidature. Intanto io continuo a essere un militare, e un militare non fa propaganda politica. Annunciare una mia partecipazione alle elezioni in questo momento significherebbe moderare ancora di più quello che dico presentando il mio libro, per evitare strumentalizzazioni. Non voglio che qualcuno possa scambiare la mia attività culturale e divulgativa come un’attività politica in vista delle elezioni».Dicono che nel suo nuovo libro, Il coraggio vince (in uscita per Piemme), lei si mostri più buono.«Ma no… Il vecchio libro non era mica cattivo. L’ho detto spesso: non sono uno scrittore, non sono un intellettuale, ho scritto di getto quello che mi passava per la mente. Però se dovessi categorizzare Il mondo al contrario lo metterei nel comparto della saggistica. Il nuovo libro è una sorta di romanzo, più o meno autobiografico, nel quale racconto la mia vita. A questo racconto intreccio le tematiche del primo libro proprio per far capire come siano nate certe idee, per far capire come la penso io. Questo nuovo libro ha però una bella differenza rispetto al primo: è stato sottoposto alla correzione di bozze e all’editing, quindi sicuramente ci saranno meno refusi, forse qualche espressione sarà più corretta dal punto di vista sintattico e grammaticale. Per il resto rappresenta pienamente le mie idee, racconta quello che ho vissuto e forse riuscirà a spiegare meglio qualcosa che non si è capito».
Il terzo panel dell’evento de La Verità ha approfondito la frontiera dell’eolico offshore con l’intervista condotta dal direttore Maurizio Belpietro a Riccardo Toto, direttore generale di Renexia. L’azienda, nata nel 2012 e attiva in Italia e all’estero nel settore delle rinnovabili, del fotovoltaico, delle infrastrutture e della mobilità elettrica, ha illustrato le proprie strategie per contribuire alla transizione energetica italiana.
Toto ha presentato il progetto di eolico offshore galleggiante al largo delle coste siciliane, destinato a produrre circa 2,7 gigawatt di energia rinnovabile. Un’iniziativa che, secondo il direttore di Renexia, rappresenta un’opportunità concreta per creare nuova occupazione e una filiera industriale nazionale: «Stiamo avviando una fabbrica in Abruzzo che genererebbe 3.200 posti di lavoro. Le rinnovabili oggi sono un’occasione per far partire un mercato che può valere fino a 45 miliardi di euro di valore aggiunto per l’economia italiana».
L’intervento ha sottolineato l’importanza di integrare le rinnovabili nel mix energetico, senza prescindere dal gas, dalle batterie e in futuro anche dal nucleare: elementi essenziali non solo per la sicurezza energetica ma anche per garantire crescita e competitività. «Non esiste un’economia senza energia - ha detto Toto - È utopistico pensare di avere solo veicoli elettrici o di modificare il mercato per legge». Toto ha inoltre evidenziato la necessità di una decisione politica chiara per far partire l’eolico offshore, con un decreto che stabilisca regole precise su dove realizzare i progetti e investimenti da privilegiare sul territorio italiano, evitando l’importazione di componenti dall’estero. Sul decreto Fer 2, secondo Renexia, occorre ripensare i tempi e le modalità: «Non dovrebbe essere lanciato prima del 2032. Serve un piano che favorisca gli investimenti in Italia e la nascita di una filiera industriale completa». Infine, Toto ha affrontato il tema della transizione energetica e dei limiti imposti dalla legislazione internazionale: la fine dei motori a combustione nel 2035, ad esempio, appare secondo lui irrealistica senza un sistema energetico pronto. «Non si può pensare di arrivare negli Usa con aerei a idrogeno o di avere un sistema completamente elettrico senza basi logiche e infrastrutturali solide».
L’incontro ha così messo in luce le opportunità dell’eolico offshore come leva strategica per innovazione, lavoro e crescita economica, sottolineando l’urgenza di politiche coerenti e investimenti mirati per trasformare l’Italia in un hub energetico competitivo in Europa.
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Da sinistra, Leonardo Meoli (Group Head of Sustainability Business Integration), Marzia Ravanelli (direttrice Quality & Sustainability) di Bonifiche Feraresi, Giuliano Zulin (La Verità) e Nicola Perizzolo (project engineer)
Dalla terra di Bonifiche Ferraresi con Marzia Ravanelli (direttrice Quality & Sustainability), ai forni efficienti di Barilla con Nicola Perizzolo (project engineer), fino alla finanza responsabile di Generali con Leonardo Meoli (Group Head of Sustainability Business Integration): tre voci, un’unica direzione. Se ne è discusso a uno dei panel dell’evento de La Verità al Gallia di Milano.
Al panel su Made in Italy e sostenibilità, moderato da Giuliano Zulin, vicedirettore de La Verità, tre grandi realtà italiane si sono confrontate sul tema della transizione sostenibile: Bonifiche Ferraresi, la più grande azienda agricola italiana, Barilla, colosso del food, e Generali, tra i principali gruppi assicurativi europei. Tre prospettive diverse – la terra, l’industria alimentare e la finanza – che hanno mostrato come la sostenibilità, oggi, sia al centro delle strategie di sviluppo e soprattutto della valorizzazione del Made in Italy. «Non sono d’accordo che l’agricoltura sia sempre sostenibile – ha esordito Marzia Ravanelli, direttrice del Gruppo Quality & Sustainability di Bonifiche Ferraresi –. Per sfamare il pianeta servono produzioni consistenti, e per questo il tema della sostenibilità è diventato cruciale. Noi siamo partiti dalla terra, che è la nostra anima e la nostra base, e abbiamo cercato di portare avanti un modello di valorizzazione del Made in Italy e del prodotto agricolo, per poi arrivare anche al prodotto trasformato. Il nostro obiettivo è sempre stato quello di farlo nel modo più sostenibile possibile».
Per Bf, quotata in Borsa e con oltre 11.000 ettari coltivati, la sostenibilità passa soprattutto dall’innovazione. «Attraverso l’agricoltura 4.0 – ha spiegato Ravanelli – siamo in grado di dare al terreno solo quello di cui ha bisogno, quando ne ha bisogno. Così riduciamo al minimo l’uso delle risorse: dall’acqua ai fitofarmaci. Questo approccio è un grande punto di svolta: per anni è stato sottovalutato, oggi è diventato centrale». Ma non si tratta solo di coltivare. L’azienda sta lavorando anche sull’energia: «Abbiamo dotato i nostri stabilimenti di impianti fotovoltaici e stiamo realizzando un impianto di biometano a Jolanda di Savoia, proprio dove si trova la maggior parte delle nostre superfici agricole. L’agricoltura, oltre a produrre cibo, può produrre energia, riducendo i costi e aumentando l’autonomia. È questa la sfida del futuro». Dall’agricoltura si passa all’industria alimentare.
Nicola Perizzolo, project engineer di Barilla, ha sottolineato come la sostenibilità non sia una moda, ma un percorso strutturale, con obiettivi chiari e risorse ingenti. «La proprietà, anni fa, ha preso una posizione netta: vogliamo essere un’azienda di un certo tipo e fare business in un certo modo. Oggi questo significa avere un board Esg che definisce la strategia e un piano concreto che ci porterà al 2030, con un investimento da 168 milioni di euro».Non è un impegno “di facciata”. Perizzolo ha raccontato un esempio pratico: «Quando valutiamo un investimento, per esempio l’acquisto di un nuovo forno per i biscotti, inseriamo nei costi anche il valore della CO₂ che verrà emessa. Questo cambia le scelte: non prendiamo più il forno standard, ma pretendiamo soluzioni innovative dai fornitori, anche se più complicate da gestire. Il risultato è che consumiamo meno energia, pur garantendo al consumatore lo stesso prodotto. È stato uno stimolo enorme, altrimenti avremmo continuato a fare quello che si è sempre fatto».
Secondo Perizzolo, la sostenibilità è anche una leva reputazionale e sociale: «Barilla è disposta ad accettare tempi di ritorno più lunghi sugli investimenti legati alla sostenibilità. Lo facciamo perché crediamo che ci siano benefici indiretti: la reputazione, l’attrattività verso i giovani, la fiducia dei consumatori. Gli ingegneri che partecipano alle selezioni ci chiedono se quello che dichiariamo è vero. Una volta entrati, verificano con mano che lo è davvero. Questo fa la differenza».
Se agricoltura e industria alimentare sono chiamate a garantire filiere più pulite e trasparenti, la finanza deve fare la sua parte nel sostenerle. Leonardo Meoli, Group Head of Sustainability Business Integration di Generali, ha ricordato come la compagnia assicurativa lavori da anni per integrare la sostenibilità nei modelli di business: «Ogni nostra attività viene valutata sia dal punto di vista economico, sia in termini di impatto ambientale e sociale. Abbiamo stanziato 12 miliardi di euro in tre anni per investimenti legati alla transizione energetica, e siamo molto focalizzati sul supporto alle imprese e agli individui nella resilienza e nella protezione dai rischi climatici». Il mercato, ha osservato Meoli, risponde positivamente: «Vediamo che i volumi dei prodotti assicurativi con caratteristiche ESG crescono, soprattutto in Europa e in Asia. Ma è chiaro che non basta dire che un prodotto è sostenibile: deve anche garantire un ritorno economico competitivo. Quando riusciamo a unire le due cose, il cliente risponde bene».
Dalle parole dei tre manager emerge una convinzione condivisa: la sostenibilità non è un costo da sopportare, ma un investimento che rafforza la competitività del Made in Italy. «Non si tratta solo di rispettare regole o rincorrere mode – ha sintetizzato Ravanelli –. Si tratta di creare un modello di sviluppo che tenga insieme produzione, ambiente e società. Solo così possiamo guardare al futuro».In questo incrocio tra agricoltura, industria e finanza, il Made in Italy trova la sua forza. Il marchio non è più soltanto sinonimo di qualità e tradizione, ma sempre di più di innovazione e responsabilità. Dalle campagne di Jolanda di Savoia ai forni di Mulino Bianco, fino alle grandi scelte di investimento globale, la transizione passa per la capacità delle imprese italiane di essere sostenibili senza smettere di essere competitive. È la sfida del presente, ma soprattutto del futuro.
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Boldrini ed eurodeputati si inginocchiarono per George Floyd, un nero pluripregiudicato. Per Kirk, un giovane che ha difeso strenuamente i valori cristiani e occidentali, è stato negato il minuto di silenzio a Strasburgo. Ma il suo sangue darà forza a molti.
La transizione energetica non è più un concetto astratto, ma una realtà che interroga aziende, governi e cittadini. Se ne è discusso al primo panel dell’evento de La Verità al Gallia di Milano, dedicato a «Opportunità, sviluppo e innovazione del settore energetico. Hub Italia», con il presidente di Ascopiave Nicola Cecconato, la direttrice Ingegneria e realizzazione di Progetti di Terna Maria Rosaria Guarniere e la responsabile ESG Stakeholders & Just Transition di Enel Maria Cristina Papetti.
A condurre, il direttore Maurizio Belpietro e il vicedirettore Giuliano Zulin. In apertura, Belpietro ha ricordato come la guerra in Ucraina e lo stop al gas russo deciso dall’Europa abbiano reso evidenti i costi e le difficoltà per famiglie e imprese. Su queste basi si è sviluppato il confronto con Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, società con 70 anni di storia e oggi attore nazionale nel settore energetico.
Cecconato ha sottolineato la centralità del gas come elemento abilitante della transizione. «In questo periodo storico - ha osservato - il gas resta indispensabile per garantire sicurezza energetica. L’Italia, divenuta hub europeo, ha diversificato gli approvvigionamenti guardando a Libia, Azerbaijan e trasporto via nave». Il presidente ha poi evidenziato come la domanda interna nel 2025 sia attesa in crescita del 5% e come le alternative rinnovabili, pur in espansione, presentino limiti di intermittenza. Le infrastrutture esistenti, ha spiegato, potranno in futuro ospitare idrogeno o altri gas, ma serviranno ingenti investimenti. Sul nucleare ha precisato: «Può assicurare stabilità, ma non è una soluzione immediata perché richiede tempi di programmazione lunghi».
La seconda parte del panel è stata guidata da Giuliano Zulin, che ha aperto il confronto con le testimonianze di Maria Cristina Papetti e Maria Rosaria Guarniere. Papetti ha definito la transizione «un ossimoro» dal punto di vista industriale: da un lato la domanda mondiale di energia è destinata a crescere, dall’altro la comunità internazionale ha fissato obiettivi di decarbonizzazione. «Negli ultimi quindici anni - ha spiegato - c’è stata un’esplosione delle rinnovabili. Enel è stata tra i pionieri e in soli tre anni abbiamo portato la quota di rinnovabili nel nostro energy mix dal 75% all’85%. È tanto, ma non basta».
Collegata da remoto, Guarniere ha descritto l’impegno di Terna per adeguare la rete elettrica italiana. «Il nostro piano di sviluppo - ha detto - prevede oltre 23 miliardi di investimenti in dieci anni per accompagnare la decarbonizzazione. Puntiamo a rafforzare la capacità di scambio con l’estero con un incremento del 40%, così da garantire maggiore sicurezza ed efficienza». Papetti è tornata poi sul tema della stabilità: «Non basta produrre energia verde, serve una distribuzione intelligente. Dobbiamo lavorare su reti smart e predittive, integrate con sistemi di accumulo e strumenti digitali come il digital twin, in grado di monitorare e anticipare l’andamento della rete».
Il panel si è chiuso con un messaggio condiviso: la transizione non può prescindere da un mix equilibrato di gas, rinnovabili e nuove tecnologie, sostenuto da investimenti su reti e infrastrutture. L’Italia ha l’opportunità di diventare un vero hub energetico europeo, a patto di affrontare con decisione le sfide della sicurezza e dell’innovazione.
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