2021-08-03
Vanessa fa la cannibale. A 30 anni vince un argento battendo pure la sorte
Vanessa Ferrari alla terza Olimpiade, inseguita da sfortuna e infortuni, non perde la calma davanti alle giovanissime avversarie e si prende il posto che cercava da 12 anni.Veleni dai Paesi sconfitti sull'ascesa «troppo rapida» del centometrista sconosciuto.Lo speciale contiene due articoli.Nella fisica epicurea lo chiamavano clinamen: la deviazione spontanea degli atomi nel corso della loro caduta in linea retta nel vuoto, una deviazione casuale nel tempo e nello spazio la cui spontaneità potrebbe persino coincidere col grado di libertà dell'uomo nel determinare le proprie azioni. Con esagerata licenza concettuale, qualcosa di simile succede pure nella ginnastica artistica: gli atleti volteggiano nell'aria, danno ordine geometrico al caos dello slancio muscolare, poi ricadono sulla pedana e basta uno sviamento impercettibile nella caduta a stabilire se un punteggio è vincente o no. Lì sta in agguato il destino. E Vanessa Ferrari da Orzinuovi, 30 anni, uno scricciolo compatto di 146 centimetri per 45 chilogrammi, al suo destino ha impresso quella svolta che attendeva da ben tre edizioni dei Giochi olimpici. Ieri a Tokyo, nella finale della specialità corpo libero femminile, ha agguantato la medaglia d'argento, sofferta, voluta, una preda rincorsa senza successo a Pechino nel 2008 - aveva solo 18 anni - dopo essersi laureata campionessa del mondo nel 2006, poi a Londra nel 2012, quando la serata del suo riscatto ha coinciso con la beffa delle beffe: terzo miglior punteggio assieme alla tatara Alija Mustafina, e però gli ex aequo non erano contemplati dalla giuria e il bronzo venne assegnato alla ginnasta delle steppe. Consapevole che la caparbietà è l'unica qualità da sfoderare in una sfida quando il talento ne è l'avamposto di meticolosa coerenza, ha ritentato a Rio 2016. Ennesimo quarto posto, un mezzo passo di troppo le sporcò i movimenti, il sogno sfumò e un anno dopo arrivò addirittura l'infortunio al tendine d'Achille, ciliegina avvelenata su una torta indigesta. «Non sapevo se avrei ripreso la carriera, pensavo di dover smettere», ricorda lei, l'argento al collo. Adesso è la prima ginnasta italiana sul podio delle Olimpiadi, nella storia c'era stato solo il successo della squadra femminile ad Amsterdam nel 1928, le restanti soddisfazioni erano sempre state appannaggio dei colleghi maschi. Il secondo posto per l'atleta già campionessa mondiale e europea vestita dai colori del gruppo sportivo dell'Esercito italiano giunge al termine di una giornata senza sbavature.Ha dato inizio ai volteggi la russa Listunova, sedicenne dotata, troppo nervosa per risultare convincente. Per lei subito un errore e l'abbandono della rotta verso il medagliere. Poi è toccato a Jade Carey, statunitense di 21 anni, quattro diagonali di salti impeccabili, volteggi acrobatici da antologia, voto alle stelle, 14,366. 14,000 tondo tondo per Jessica Gadirova, 14,166 per la Melinkova. Vanessa si esibisce subito dopo, sceglie le note d'accompagnamento di Andrea Bocelli, quel Con te partirò, segnale di una partenza convincente e di un approdo sicuro nel paese delle meraviglie. Pare che i primi ad accorgersi di quanto stesse accadendo siano stati i telecronisti brasiliani, trepidanti per la loro stellina nazionale, Rebecca Andrade, penalizzata da un errore e meno precisa dell'atleta nostrana: «La Ferrari è stata eccezionale, di sicuro agguanterà una medaglia», avrebbero commentato. 14,200 il punteggio, con la giapponese Mai Murakami ferma a 14,166. Vuol dire argento italiano e bronzo nipponico, dietro l'inarrivabile Carey. Significa anche imprimere al proprio percorso una virata da leggenda. «Ma non avendo vinto l'oro, chissà, potrebbe riprovarci alle prossime Olimpiadi, ne abbiamo già parlato», sorride il suo allenatore e direttore tecnico della Nazionale Enrico Casella, bresciano come lei, suo mentore fin dagli esordi, motivatore dalle poche, acuminate parole che non ha mai smesso di starle accanto dopo gli innumerevoli infortuni, rimettendola in piedi dopo che la Ferrari ha contratto il Covid-19, per non farsi mancare nulla nei guanti di sfida lanciati dalla sorte. Casella è un ex rugbysta classe 1957, coriaceo come lo sport praticato in gioventù. Se la tenuta mentale della ragazza lombarda non ha subito flessioni apparenti, il merito è anche suo. Lo sport agonistico a questi livelli è un frullatore in cui la psiche può svolazzare a briglia sciolta e disegnare fantasmi a volte impossibili da esorcizzare senza un supporto adeguato. Basti pensare a Simon Biles, collega e rivale di Vanessa, stella della ginnastica americana da poco finita sotto i riflettori per aver annunciato il ritiro dai Giochi olimpici a squadre e da quelli a corpo libero perché sconvolta dalla pressione mentale. «Mi dispiace, spero si riprenda e che vinca alla trave», le augura l'italiana. Piccola nota di colore: la nostra campionessa gode di due soprannomi. Il primo è «La farfalla di Orzinuovi», l'altro è «La cannibale». Niente da eccepire. Per piroettare arrivando a compiere uno «Tsukahara avvitato» - nel gergo ginnico sarebbe una rondata seguita da un doppio salto mortale raggruppato all'indietro con avvitamento - nelle occasioni in cui la tremarella regna sovrana, occorrono le ali, ma pure una fame inestinguibile di primato. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/vanessa-fa-la-cannibale-a-30-anni-vince-un-argento-battendo-pure-la-sorte-2654376304.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="i-giornali-usa-e-britannici-provano-a-guastarci-la-festa-col-doping" data-post-id="2654376304" data-published-at="1627930221" data-use-pagination="False"> I giornali Usa e britannici provano a guastarci la festa col doping Son state ore di grandi festeggiamenti, quelle consumatesi a Casa Italia per le medaglie d'oro conquistate domenica rispettivamente nel salto in alto e nei 100 metri da Gianmarco Tamberi e Marcell Jacobs, con quest'ultimo che, oltre a trionfare sui rivali, ha pure stabilito il record europeo della sua disciplina. Le danze hanno preso il via col rientro alla base azzurra del presidente del Coni, Giovanni Malagò, e sono proseguite alternando tifo da stadio a varie canzoni, da Azzurro all'immancabile Po-popopo-popo, che, dopo i Mondiali del 2006, è ormai un classico. Al centro delle esultanze, le prodezze di Tamberi e Jacobs, ma non solo. Protagonista e mattatrice della serata è stata anche, se non soprattutto, Federica Pellegrini, alla quale è stato riservato l'onore di stappare una bottiglia di spumante magnum per brindare ai successi a Tokyo ma anche quale riconoscimento alla sua inarrivabile carriera, conclusasi comunque in gloria con la quinta finale raggiunta, un traguardo leggendario: come lei nessuna mai. Dopo la festa, gli azzurri del nuoto e della scherma sono ripartiti per l'Italia ma il nostro medagliere ha continuato a lievitare. Ieri è infatti arrivato l'argento nel corpo libero di ginnastica di Vanessa Ferrari (l'oro è andato all'americana Jade Carrey) la quale, dopo i quarti posti di Londra 2012 e Rio 2016, ha potuto così prendersi una rivincita anche contro il fattore anagrafico. Commosso Malagò: «Quella di Vanessa Ferrari è una storia incredibile, lei trentenne ha battuto delle sedicenni». Oltre al suo podio, la Ferrari ha portato pure una felice notizia: quella del superamento, ormai certo, delle 28 medaglie che furono il bottino nazionale delle citate edizioni del 2012 e del 2016. Per il nostro Paese quella che sta per concludersi è dunque un'edizione da incorniciare che solo l'invidia può provare ad offuscare. E difatti è proprio così, coi maligni stranieri che iniziano a dubitare della prestazione dell'uomo più veloce del mondo, il nostro Jacobs. Il Washington Post ha subito battezzato il velocista come «Obscure Italian from Texas», ossia un parvenu dell'atletica, da tenere d'occhio. Più precisamente, la testata Usa, pur cercando di nasconder la mano («non è colpa di Jacobs»), ha tirato un sasso pesante alludendo a un suo «miglioramento improvviso e immenso», che ricorda come «gli annali di questo sport» siano «disseminati di campioni pop-up che, in seguito, si sono rivelati essere collegati al doping». Alle congetture si è prestato pure Matt Lawton del Times, secondo cui Jacobs è migliorato troppo in fretta. Ma il nostro velocista non è nato domenica, dato che già a marzo - mesi fa - ha vinto la medaglia d'oro nei 60 metri piani agli Europei indoor di Torun facendo il nuovo record italiano e miglior prestazione mondiale stagionale, mentre a maggio, nei 100 metri, è sceso sotto i 10 secondi. Certo, chi non aveva prestato attenzione a tutto ciò ora può solo commentare una vittoria inattesa e, probabilmente, guardata con invidia, brutta bestia.