2019-01-26
Va trovata una data che ricordi anche i crimini del comunismo
Domani è doveroso commemorare milioni di ebrei sterminati dai nazisti. Le vittime del terrore rosso invece sono state cancellate dalla storia e dal nostro calendario. Questa rimozione deve essere sanata.Se ne è parlato molto, ma ancora oggi non tutti conoscono il significato della Giornata della memoria, una ricorrenza internazionale, decisa il primo novembre del 2005 dalle Nazioni Unite, per ricordare la Shoah, cioè la fine del genocidio di sei milioni di ebrei nei campi di sterminio nazisti.La data del 27 gennaio venne scelta perché lo stesso giorno del 1945 l'Armata rossa liberò il lager di Auschwitz (quello della celebre scritta posta all'ingresso del campo, «Arbeit macht frei», ovvero «Il lavoro rende liberi»). Il Parlamento italiano aveva preceduto di ben cinque anni (20 luglio del 2000) l'adozione di quella tragica data. Auschwitz era un sistema di campi di concentramento e annientamento, in un vasto territorio della Polonia, vicino a Cracovia, scelto il 27 aprile 1940 da Heinrich Himmler, capo delle Ss e ministro dell'Interno del Reich, a conclusione di un vertice di alti gerarchi nazisti, dopo il patto Molotov-Ribbentrop, voluto da Iosif Stalin e Adolf Hitler sulla spartizione della Polonia (23 agosto 1939). Venne scelta un'area già occupata dall'esercito tedesco e costruito un sistema di campi di concentramento dove trovarono la morte in vari modi (fucilazioni, impiccagioni, camere a gas, fame, torture e stenti) da un milione e mezzo a due milioni di ebrei, prigionieri, omosessuali, zingari e malati di mente. I due gruppi principali di detenuti erano costituiti dagli ebrei provenienti da tutta Europa e dai prigionieri politici. Circa 900.000 ebrei appena arrivati non vennero nemmeno registrati e finirono direttamente nelle camere a gas, mascherate da docce. Di questi esseri umani non è stata trovata alcuna traccia nei registri che i carnefici di Hitler tenevano costantemente aggiornati. Risultano invece trascritti i nomi di 400.000 prigionieri politici (triangolo rosso) arrestati dalla Gestapo e dalle Ss ed etichettati per la loro rapida eliminazione. Fra questi candidati alla morte rapida vi erano anche gli zingari, le prostitute, i mendicanti e altri definiti «asociali» (triangolo nero), i testimoni di Geova (triangolo viola), gli omosessuali (triangolo rosa) e i delinquenti comuni (triangolo verde). In quest'ultima categoria i nazisti sceglievano il personale ausiliario delle Ss.Come si è detto, l'Italia è stata all'avanguardia nella decisione parlamentare di fissare una data per ricordare la Shoah: un impegno che ha coinvolto tutti i gruppi politici (e quello personale del senatore Furio Colombo, che è giusto ricordare).La Shoah, come è ormai documentato da una ricchissima letteratura in materia, si distingue dagli altri genocidi (con l'eccezione dei massacri degli armeni all'inizio del Novecento, che ispirò Hitler) perché era stata «teorizzata e attuata come un progetto scientifico, politico, globale di annientamento di un intero popolo». Le parole mi sono rimaste in mente perché sono dell'amico Renzo Foa, scomparso da qualche anno. Foa era stato comunista, direttore dell'Unità, ma poi era cambiato, approdando al liberalsocialismo. Anche la sorella, la storica Anna Foa, aveva fatto una scelta simile. Mi ricordo, mentre presentava un suo libro sulla retata degli ebrei al Ghetto di Roma compiuta dai nazisti, che rimase imbarazzata di fronte alle obiezioni di alcuni presenti a proposito dell'antisemitismo sovietico, che non veniva accettato. La scrittrice spiegò che lei era stata comunista (come il fratello), che si era ravveduta e che l'Urss era antisemita, come lo sono stati anche molti dirigenti comunisti italiani. Nella sala, affollata di nostalgici del Pci e di militanti di gruppi di estrema sinistra, è sceso il gelo. Nessuno, infatti, osava contestare la figlia di Vittorio Foa (ex segretario della Cgil e poi leader di piccole formazioni di estrema sinistra).Il conformismo però è sempre duro a morire. Avete notato che non si parla mai dell'antisemitismo dei russi, così come si continua a tacere sui gulag, dove milioni di ebrei, insieme ai dissidenti, persero la vita. Eppure su questi eventi storici esistono numerosi saggi, testimonianze, racconti di vittime ed esuli (anche se certo in misura largamente inferiore alla vastissima letteratura sulla Shoah). Purtroppo però sui massacri, le fucilazioni, le torture, le deportazioni di intere popolazioni dell'ex Unione sovietica non esistono foto, documentari o altri documenti, paragonabili a quelli della Shoah. Un reporter polacco molto noto si propose di fare il giro dei gulag siberiani e di altre regioni dell'ex Urss per documentare i luoghi di sofferenza, di annientamento dei prigionieri: riuscì a fotografare solo pietre e resti di reticolati arrugginiti, nient'altro. I militari russi, alla fine della guerra, distrussero tutto, cancellando ogni traccia dei luoghi della schiavitù di milioni di detenuti. Ma delle vittime dei regimi comunisti in Urss, nei Paesi dell'Est e degli altri regimi totalitari, di Cina, Vietnam, Corea del Nord, Cuba e altri (africani compresi) non se ne parla quasi mai. Eppure in quei campi di concentramento finirono milioni di persone. Una buona parte dei 20 milioni di vittime nel periodo dello stalinismo trovarono la morte nei gulag siberiani per il freddo, la fame, gli stenti, le malattie, le fucilazioni sommarie. In quei luoghi infernali, e anche altrove in Russia, i dissidenti non trovarono una vita facile, anzi, scoprirono solo le sofferenze e la morte. Ricordiamo la repressione dei kulaki, le campagne contro «gli elementi antisovietici e contro le minoranze nel 1937-38. Vennero arrestati 1,6 milioni di persone, di cui 700.000 subito uccisi. Il Grande Terrore fu il simbolo più macroscopico della dittatura e della crudeltà di Stalin» (Oleg V. Chlevnjuk, Stalin, biografia di un dittatore, Mondadori). Ma le deportazioni e i bagni di sangue si susseguirono senza soste, persino con 170.000 coreani e altri gruppi etnici (bulgari, polacchi, macedoni), come è documentato nei saggi di Simon Sebag Montefiore (Gli uomini di Stalin, Rizzoli) e di Victor Zaslasvsky (Lo stalinismo e la sinistra italiana, Mondadori). Non manca dunque la documentazione storica, come è emersa anche dagli archivi analizzati dai fratelli (dissidenti) Zores e Roy Medvedev (Stalin, alla luce degli archivi sovietici, Feltrinelli). Ora questi archivi sono stati chiusi e solo eccezionalmente e, con un rigido controllo, vengono aperti agli studiosi.Ma chi si ricorda dei milioni di vittime nei regimi comunisti che non appartengono solo alla storia, ma talvolta (come nel caso della Cina e della Corea) ancora alla cronaca, cronaca tragica, dei nostri tempi? Vogliamo riconoscere anche alle vittime dei regimi totalitari con falce e martello (ricordiamoci anche i due milioni di vittime cambogiane per decisione del leader comunista Pol Pot)?Abbiamo scorso l'elenco delle 163 giornate sulle celebrazioni e della memoria decise dalle Nazioni Unite. C'è di tutto: sono dedicate anche a eventi curiosi, persino alle lingue (arabo, cinese, inglese, francese, spagnolo), alla natura, alla meteorologia, alla tubercolosi, alla musica jazz, contro il fumo, eccetera. Ovviamente c'è la giornata sulla Shoah, ma silenzio assoluto sugli altri genocidi (come quello degli armeni o quello del Rwanda) e i massacri dei regimi comunisti in tutto il mondo.Vogliamo rimediare? Ci appelliamo alla sensibilità dei parlamentari, della maggioranza e dell'opposizione, perché il rispetto dei diritti umani non può e non deve avere un colore politico.
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