2020-03-11
Usa 2020, Bernie e Donald: la strana alleanza
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Bernie Sanders non molla. In una conferenza stampa, tenuta oggi a Burlington, il senatore del Vermont ha escluso un suo ritiro dalla corsa per la nomination democratica, assicurando di voler partecipare al dibattito televisivo che, domenica prossima, lo vedrà contrapposto all'ex vicepresidente americano, Joe Biden.C'era grande attesa per le parole di Sanders, visto il brutto risultato ottenuto negli appuntamenti elettorali di martedì sera. Se Biden ha infatti conquistato Michigan, Missouri, Idaho e Mississippi, il candidato socialista ha dovuto accontentarsi del North Dakota (oltre a un testa a testa nello Stato di Washington).Biden è innanzitutto adesso avanti nella conta dei delegati: ne detiene infatti 847, a fronte dei 685 conquistati da Sanders (ricordiamo che il "numero magico" per conseguire la nomination democratica è di 1.991). In secondo luogo, l'ex vicepresidente risulta meglio posizionato anche in termini di attrattività elettorale, visto che sta riuscendo a costruire una base che spazia dagli afroamericani degli Stati meridionali ai colletti blu bianchi del Nord e del Midwest. Sanders, di contro, ha sfondato finora tra gli ispanici ma ha perso terreno sul fronte dei bianchi. Senza poi trascurare che la debacle in Michigan si sia rivelata un colpo quasi esiziale per il senatore socialista. Non dimentichiamo infatti che quell'area sia particolarmente ricca di operai impoveriti: una quota elettorale che Sanders ha sempre rivendicato di rappresentare. Secondo Cnbc, tra l'altro, nel cosiddetto Wolverine State Biden avrebbe ottenuto il 51% del voto bianco e i due terzi di quello afroamericano.Insomma, sulla carta, l'ex vicepresidente non sembra incontrare grossi ostacoli nella strada verso la nomination. Ricordiamo, sotto questo aspetto, che - soprattutto nelle ultime due settimane - l'apparato del Partito Democratico abbia fatto quadrato attorno a Biden, con la maggior parte degli ex candidati alla nomination che si sono apertamente schierati in suo favore: da Pete Buttigieg a Amy Klobuchar, passando per Beto O' Rourke, Cory Booker e Kamala Harris (sì, proprio quella Kamala Harris che, la scorsa estate, aveva tacciato l'ex vicepresidente di connivenza con il segregazionismo razziale). L'operazione che l'establishment dell'asinello ha messo in campo è stata poderosa: dietro la probabilissima regìa di Barack Obama, è infatti partita una campagna denigratoria nei confronti di Sanders che ha teso letteralmente alla sua sistematica demolizione, come candidato inetto e radicale. E - se il senatore ci ha talvolta messo anche del suo con un'eccessiva ambiguità nei confronti del Venezuela di Maduro - è chiaro che questo compattamente ha finito con l'isolarlo, fino al mezzo disastro di martedì sera.Eppure, nonostante la Caporetto, Sanders ha rifiutato per ora di fare un passo indietro. Ha chiuso la porta alle parole concilianti di Biden e ha lanciato il guanto di sfida in vista del prossimo dibattito televisivo. Sia ben chiaro: è improbabile che il senatore socialista sia in grado di recuperare. I prossimi appuntamenti elettorali, almeno sulla carta, sono per lui particolarmente ostici (si pensi alla Florida, all'Ohio o alla Georgia). Eppure il senatore cerca lo scontro, il duello all'ultimo sangue con il rivale. Vuoi per uscire eroicamente di scena, vuoi per tentare di ribaltare la situazione all'ultimo momento. Sanders del resto sa di essere a capo di una fazione elettorale che, per quanto minoritaria, risulta folta e agguerrita. Una fazione che difficilmente digerisce la parola «resa» e che altrettanto difficilmente accetterà di coagularsi attorno a un rappresentante dell'establishment come Biden: soprattutto dopo che - la settimana scorsa - ha ottenuto l'endorsement dell'odiato multimiliardario Mike Bloomberg. Del resto, non trascuriamo che - contrariamente a come viene spesso dipinto - Sanders non sia un idealista ingenuo, ma un pragmatico e finanche un machiavellico.Ci sia quindi consentito di azzardare un'ipotesi. Non è che, per caso, il senatore voglia far leva sul dibattito televisivo per rimarcare ulteriormente le proprie differenze da Biden e dare così sottotraccia ai suoi elettori l'indicazione di non sostenere quest'ultimo alle urne il prossimo novembre? È pur vero che Sanders trascorra molto tempo ad attaccare Donald Trump: anche alla conferenza di Burlington gliene ha dette di tutti i colori. Ma, alla fin fine, il vero nemico a quella conferenza non era Trump ma Biden. Un Biden che Sanders ha apertamente sfidato. Non è allora del tutto improbabile che, sotto sotto, il senatore speri che, a novembre, i suoi - dovendo scegliere tra Trump e Biden - votino alla fine per l'attuale presidente. Fantapolitica? Non esattamente, visto che - alle presidenziali del 2016 - svariati sandersiani sostennero il magnate newyorchese contro Hillary Clinton, in Stati chiave come Pennsylvania e Michigan. Insomma, a meno di improbabili riscosse, lo stratagemma diabolico del vecchio Bernie potrebbe essere ben preciso: servire una polpetta avvelenata allo zio Joe, all'establishment democratico e ai suoi accoliti (a partire da quella Elizabeth Warren che ancora non ha dato - chissà perché? - alcun endorsement). Il vecchio Bernie medita vendetta. E Donald potrebbe dargli volentieri una mano.
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