2025-04-24
Ursula usa le esequie per sfilare la trattativa con Trump alla Meloni
Ursula von der Leyen (Ansa)
La tedesca confida nel clima solenne per dialogare con un presidente rabbonito, un mese prima del vertice che avrebbe consacrato il ruolo del premier. Roma resta comunque centrale pure nella partita mediorientale.Ricordate lo scambio di battute con risatina tra Donald Trump e Barack Obama ai funerali di Jimmy Carter? Ha significato il riposizionamento dell’uomo forte dei dem, l’azzeramento degli ultimi anni di deep State eredità dei Clinton e la condanna all’oblio per Kamala Harris, che infatti non prese bene lo scambio di battute tra i due. Questo per dire che la diplomazia dei funerali vanta una lunga serie di aneddoti ed è sempre pronta a riservare qualche sorpresa.È quello che spera Ursula von der Leyen in vista della cerimonia di addio a papa Francesco. Sabato, a Roma, tra le centinaia di politici presenti spicca infatti la figura del presidente Usa che, al contrario, non era atteso nella Capitale prima di fine maggio. Periodo in cui Casa Bianca e Palazzo Chigi stanno organizzando il summit di trattativa sui dazi, costringendo i leader di Bruxelles e degli altri Paesi del Consiglio a prendere un aereo. Il rospo che la Von der Leyen sta cercando di non ingoiare. Ed ecco che i funerali sono, per la presidente della Commissione, l’occasione migliore per mettere i bastoni tra le ruote del nostro governo e mantenere una parvenza di controllo su ciò che non riesce in alcun modo a gestire. Ci riuscirà? Primo, deve superare le legittime diffidenze di Trump. I due non hanno nulla in comune. Postura, ideologia, approccio all’economia e ai flussi migratori. Tanto meno c’è simpatia reciproca. E abbiamo capito quanto questo sia importante per il numero uno della Casa Bianca. Secondo, l’atteggiamento di Ursula verso le trattative con gli Usa è tutto mirato a rafforzare il suo peso dentro la Ue, non a realizzare obiettivi concreti. Un’altra conferma è arrivata ieri. La Commissione, pur nascondendosi dietro la solita rule of law, ha multato Meta e Apple per 700 milioni. Cifra di per sé irrisoria per i due colossi, ma dal sapore fortemente politico (come ha ammesso indirettamente la titolare dell’Antitrust, Teresa Ribera) e che mira a creare il muro di barriere d’ingresso tanto vituperato da Trump e stigmatizzato dalla Meloni durante il suo viaggio a Washington. Nel computo dei dazi la Casa Bianca ha inserito infatti la burocrazia del Digital services act e del Digital markets act. Quindi la Von der Leyen si presenterà con un bel biglietto da visita. Possibilità di incontro già sfumate prima di iniziare? In realtà anche Trump ha una struttura e una filiera diplomatica che è ancora connessa al mondo dei socialisti. E quindi gli sherpa proveranno a organizzare un bilaterale. La Commissione spera che di fronte a una salma Trump non voglia replicare il trattamento Zelensky e quindi immagina che Ursula se la possa cavare almeno con una sufficienza. In mezzo c’è però Giorgia Meloni, che ha certo colto l’ostilità e potrebbe cercare di spostare l’intera attenzione diplomatica sulla guerra in Ucraina. Il leader di Kiev sarà presente, pertanto la soluzione potrebbe essere quella di congelare qualunque discussione sui dazi (da rimandare a Roma in occasione del vertice ufficiale) e concentrare il tempo scarso su un incontro sul modello Quint: in pratica, un incontro multilaterale tra Germania, Francia, Italia, Gran Bretagna e Usa. Ospite osservatore: la Von der Leyen. Sarebbe certo un successo. E un secondo smacco per Bruxelles, che alla fine si limiterebbe a una foto opportunity con tanto di stretta di mano. D’altronde, Roma si sta facendo un crocevia pieno di spunti e altrettanto complesso. C’è la partita dei dazi, ma nella Capitale si è discusso anche del futuro dell’Iran e del relativo programma nucleare. Da lì si parte per gestire il fianco Sud della Nato, che tradotto in Italia si chiama Piano Mattei. Nel joint statement diffuso dalla Casa Bianca dopo l’incontro Meloni-Trump, gli Usa hanno riconosciuto apertamente all’Italia anche queste prerogative, ma tra le righe si è potuta intuire pure un’altra partita a scacchi che si gioca su un diverso tavolo e che porterà effetti trasversali in tema di energia, Mediterraneo e sicurezza del Maghreb. Per gli Stati Uniti l’obiettivo è trasformare il Medio Oriente in un’area a totale trazione sunnita (affidandone la guida al saudita Mohammed Bin Salman), stravolgendo gli equilibri a Gaza, in Libano e in Giordania. Ultima notizia in ordine di tempo: ieri, re Abdallah ha messo al bando la Fratellanza mussulmana, muovendo la prima pedina della scacchiera di questa grande rivoluzione geopolitica. I vertici di Emirati, Giordania, Libano e Arabia Saudita hanno tutti inviato le condoglianze per la morte di Bergoglio e invieranno sabato le proprie delegazioni. Si troveranno dunque in Italia in contemporanea con Trump e con Giorgia Meloni. Perché l’Italia è stata chiamata a partecipare al risiko mediorientale. La Meloni è stata recentemente a Riad, dove ha parlato di energia e Difesa. E tornando alla nota della Casa Bianca, si capisce chiaramente che l’interlocutore di quel blocco arabo dovrebbe essere Roma. Non Bruxelles. La Meloni e non Ursula von der Leyen. In fondo, è la conferma che non esiste una politica estera europea e, al tempo stesso, che sul tema Mediterraneo di certo Bruxelles non rappresenterà né tutelerà il nostro Paese. Che da solo deve fronteggiare anche le logiche di Emmanuel Macron. È infine chiaro che la diplomazia attorno alla salma di Bergoglio si muove su piani incrociati e contrapposti. Una prova importante per Meloni, che rischia - e lo diciamo in positivo - di diventare il premier di riferimento delle economie dell’Alleanza atlantica.