2022-09-18
Uno scandalo che fa ribrezzo. E la politica ha colpe gravi
Dallo Stato, pioggia di soldi sulla famiglia. I responsabili (Pd e M5s) ne rispondano. Per 32 anni Gianni Mion è stato l’ombra dei Benetton, ossia l’amministratore delegato (ma anche il vicepresidente prima e il presidente poi) di Edizione, la cassaforte della famiglia di Ponzano Veneto. Di Mion si può dire che nessun altro come lui conosce gli affari e i segreti dei magliai trevigiani. Per questo, un paio d’anni fa, avevano fatto scalpore alcune conversazioni telefoniche, intercettate dagli inquirenti dopo il crollo del ponte Morandi, in cui l’uomo di fiducia dei quattro fratelli li descriveva interessati solo a fare utili e poco attenti a ciò che succedeva in Autostrade. Per loro, diceva, contavano solo i dividendi e in questo il capo della società che aveva ricevuto in concessione dallo Stato la rete di autovie era maestro. Il senso era chiaro: gli azionisti erano interessati a far fruttare il loro investimento. Quanto alla sicurezza, non era affare che li riguardasse. Con un cinismo a dir poco agghiacciante, a un certo punto Mion e il suo interlocutore avevano perfino scherzato sulle gallerie, quasi fossero ben a conoscenza dei rischi di percorrere in automobile certe tratte. Tuttavia, se quelle intercettazioni mi indignarono, il verbale di sommarie informazioni che in esclusiva il nostro Giacomo Amadori ha scovato suscita ribrezzo. Sentito dai magistrati che indagano sul crollo di Genova, Mion racconta con tutta tranquillità di una riunione di manager di Autostrade in cui si discusse di un difetto di costruzione del viadotto Polcevera, quello nel cui crollo morirono 43 persone e altre rimasero ferite. «Era l’opera d’arte più importante, più prestigiosa e anche più complessa dell’intera rete nazionale. I tecnici spiegarono che aveva un difetto originario di progettazione». Cioè, gli chiedono i pm. Non sono un tecnico, non so dire bene quale fosse il problema, risponde Mion, «ma i tecnici spiegarono che quel difetto di progettazione creava delle perplessità sul fatto che quel ponte potesse stare su». A quando risale quella riunione, vogliono sapere i magistrati. L’ex amministratore delegato non ricorda, ma la Procura ha ricostruito la data giusta: l’incontro a loro avviso è avvenuto nel settembre 2010, e questo significa che non solo c’era la consapevolezza che l’infrastruttura fosse a rischio, ma c’era tutto il tempo per evitare la strage del 14 agosto del 2018.Sì, quei morti si potevano evitare. C’era tutto il tempo. E per capirlo basta leggere il seguito della deposizione di Mion, quando il dirigente confessa di aver fatto domande per capire chi avesse il compito di certificare la sicurezza del manufatto. «A questo punto, Mollo (il direttore generale, ndr) mi rispose - lo ricordo come fosse adesso - che la sicurezza del ponte ce la autocertificavamo. La cosa mi lasciò allibito e sconvolto, anzi, più esattamente, terrorizzato». Cioè, Mion otto anni prima che il Polcevera crollasse capisce che quell’opera ha un difetto strutturale e può cadere. Capisce anche che Autostrade autocertifica la sicurezza del ponte anche se questo non è sicuro. Ovviamente gli è chiara qual è la situazione e che cosa può accadere. Infatti, dice di avere ascoltato «terrorizzato» quelle parole. E come lui lo ascoltarono tutti i presenti, amministratori e dirigenti, ma poi? Poi niente. Non si fece nulla, tutto continuò come prima, con tanti utili della società, conseguiti mentre gli investimenti nella manutenzione diminuivano e tanti dividendi per gli azionisti, cioè per i Benetton. Si è mai reso conto del fatto che le spese per la sicurezza diminuivano, gli chiedono durante l’interrogatorio. No, Mion, l’uomo dei conti, l’uomo di fiducia della famiglia di magliai non si è accorto di nulla, anche se un grafico che i magistrati gli mostrano mentre lo ascoltano fa vedere una linea in discesa che va sempre più giù anno dopo anno. Forse, per fargli capire meglio ciò che è accaduto, avrebbero dovuto sottoporgli un altro grafico, ovvero quello dei dividendi che il custode della finanza di casa Benetton ogni anno metteva a bilancio. Sono sufficienti infatti queste due curve per capire come mai, quando si sono incontrate, il ponte è venuto giù e con loro anche 43 vite. A leggere il verbale di Mion risulta chiara una cosa, ossia che questa non è una vicenda di cattiva gestione della cosa pubblica (le autostrade sono dello Stato, costruite con i soldi dei contribuenti, e i Benetton ne avevano in concessione la gestione), ma è una storia di straordinaria avidità. Dice male Mion quando sostiene che l’immagine della «sacra famiglia» è sfregiata per sempre e la loro reputazione distrutta. Gli imprenditori della lana a colori sono ancora lì, con i loro soldi. Anzi, con più soldi di prima. Quelli che lo Stato ha regalato loro. Ma questo è un altro scandalo su cui, prima o poi, il governo, quello attuale ma soprattutto quello precedente a guida Pd-5stelle, dovrà rispondere.
Giorgia Meloni al Forum della Guardia Costiera (Ansa)
«Il lavoro della Guardia Costiera consiste anche nel combattere le molteplici forme di illegalità in campo marittimo, a partire da quelle che si ramificano su base internazionale e si stanno caratterizzando come fenomeni globali. Uno di questi è il traffico di migranti, attività criminale tra le più redditizie al mondo che rapporti Onu certificano aver eguagliato per volume di affari il traffico di droga dopo aver superato il traffico di armi. Una intollerabile forma moderna di schiavitù che nel 2024 ha condotto alla morte oltre 9000 persone sulle rotte migratorie e il governo intende combattere. Di fronte a questo fenomeno possiamo rassegnarci o agire, e noi abbiamo scelto di agire e serve il coraggio di trovare insieme soluzioni innovative». Ha dichiarato la Presidente del Consiglio dei Ministri Giorgia Meloni durante l'intervento al Forum della Guardia Costiera 2025 al centro congresso la Nuvola a Roma.
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