2021-08-29
Anche gli universitari in rivolta: appelli e diffide contro il green pass
I giovani degli atenei si mobilitano contro l'esclusione da esami e lezioni in presenza per i privi di certificato. Pronte le azioni legali: la discriminazione contrasta col diritto costituzionale all'istruzione e le norme dell'Ue.No, per fortuna non ci sono solo i giovani senza carattere, la «pussy generation», le «fighette», giustamente oggetto da anni delle critiche del grande Clint Eastwood. C'è anche (e si mobilita, questa è la notizia) un pezzo di mondo giovanile, scolastico e universitario, che dice no al green pass obbligatorio e a un apparato di restrizioni e obblighi che appare tanto illiberale quanto inefficace. E, cosa ancora più ammirevole, i ragazzi non minacciano casino o peggio violenza, ma attivano strumenti giuridici, difendono le loro libertà attraverso il diritto. Nel capoluogo veneto è attivissimo il gruppo «Studenti contro il green pass - Venezia» che, rivolgendosi ai rettorati di tutte le università veneziane (Ca' Foscari, Iuav, Accademia di Belle Arti, Conservatorio di Musica Benedetto Marcello), ha inviato una diffida affinché sia garantito «il libero esercizio del diritto allo studio in tute le modalità in cui esso si esplica (lezioni in presenza, esami, fruizione dei servizi bibliotecari) e il diritto al lavoro dei dipendenti delle strutture universitarie, anche mediante l'utilizzo di strumenti preventivi quale l'autocertificazione». Altrimenti, gli studenti sono già pronti a immaginare iniziative legali. Il testo parte da alcune premesse ben costruite: la constatazione del contrasto tra il green pass italiano e alcune norme europee, a partire dalla precisazione fatta a chiare lettere dalla normativa Ue in materia di green pass sul fatto che sia «necessario evitare la discriminazione diretta o indiretta di persone che non sono vaccinate o hanno scelto di non esserlo»; il fatto che la carta verde italiana si configuri come una versione surrettizia dell'obbligo vaccinale (che però richiederebbe una legge, come si sa); il contenuto di una risoluzione del Consiglio d'Europa che invita l'Ue e gli stati membri ad assicurare «che i cittadini siano informati del fatto che la vaccinazione non è obbligatoria e che nessuno può essere sottoposto a una pressione politica, sociale o di altro genere affinché si vaccini se non desidera farlo, e che nessuno sia discriminato» se compie scelte diverse. Su queste basi, gli studenti arrivano al punto: impedire (in mancanza del green pass) «di partecipare alle lezioni in presenza, di sostenere esami e di frequentare le biblioteche» sarebbe «una violazione del diritto allo studio garantito dall'art. 34 della Costituzione». Nella diffida si evoca anche il carattere discriminatorio del trattamento tra «studenti di serie A e studenti di serie B» in base al possesso o meno della certificazione. Ma quella di Venezia non è l'unica iniziativa in campo. Sul sito «Difendersi ora» (www.difendersiora.it) è scaricabile una bozza di diffida dagli obiettivi analoghi, e indirizzabile ai rettori universitari e ai presidi delle facoltà. In questo caso lo strumento giuridico adottato è civilistico, tratto dall'articolo 1454 del Codice civile, la classica «diffida ad adempiere», quando una parte sollecita l'altra parte inadempiente a fare ciò a cui è obbligata da un contratto. In questo caso uno studente ipoteticamente in regola con iscrizione e pagamento delle tasse universitarie, davanti alla prospettiva di vedersi impedito l'accesso alle lezioni in mancanza del green pass, potrebbe contestare all'università l'equivalente di una inadempienza contrattuale. Anche in questo caso, a supporto del ragionamento, si evocano le norme europee che i decreti italiani travolgerebbero. Conclusione? Lo studente firmatario diffida la sua università a dare adempimento al contratto stipulato «entro e non oltre il termine di 15 giorni, e a consentire il regolare accesso presso le vostre strutture sia per le lezioni che per gli esami, avvertendovi che, decorso inutilmente tale termine», agirà ai sensi di legge «per il risarcimento del danno cagionato in ogni sede, civile e penale, con la responsabilità dell'ateneo in quanto persona giuridica e dei suoi responsabili a titolo personale». Un'altra iniziativa, in questo caso un tradizionale appello, è stata lanciata dall'associazione Antiope. Il testo si intitola «Diseducare uno per rovinarne cento: dove ci porta la Sana Inquisizione», e contrappone il valore dell'educazione all'uso della paura: «Hobbes, nel Leviatano», scrivono gli estensori dell'appello, «sostiene che gli Stati si fondino sulla paura. Noi pensiamo che siano fondati sull'educazione […]. I recenti provvedimenti sembrano sovvertire perfino Hobbes: non Stati che nascono contro la paura, ma stati che dissolvono sé stessi nella paura». Viene anche evocato (senza citazione diretta) l'infelicissimo tweet di Roberto Burioni sui «sorci»: «Il noto televirologo - si legge nel testo -ha conseguito titoli, conoscenze e competenze, attestati di prestigio e, last but not least, meritatissimi emolumenti anche grazie a qualche “sorcio" che lo ha istruito, esaminato e trovato idoneo invece che immune, e tira a campare grazie a qualche “sorcio" che lo porta in taxi, gli stira le camicie, gli serve lo Spritz o il Negroni ai brunch, lo incipria prima della diretta». E ancora, più avanti: «Questo nuovo “titolo di merito", il green pass, vale più di una laurea, se è vero com'è vero che si intende impedire l'accesso all'università non solo ai professori ma anche agli studenti che […] hanno il diritto di rifiutare la vaccinazione […]. Bisogna chiamare le cose con il loro nome: questa è pubblica gogna, un indice delle persone proibite, la Sana Inquisizione».
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