2024-03-21
L’università di Torino cede ai collettivi: «Con gli israeliani non si collabora»
Assemblea pro Palestina all'Università di Torino (Ansa)
L’ateneo diserterà un bando con istituti dello Stato ebraico. Il rettore di Pisa tiene la schiena dritta: «Non è in discussione».La peste antisemita dilaga. E, come per l’epidemia raccontata dal Manzoni nei Promessi sposi, «il male s’era già tanto dilatato, che le prove si offrivano senza che bisognasse andarne in cerca». Soprattutto nelle università. Quella di Torino, per rasserenare gli animi, ha pensato bene di acconsentire ai ricatti dei giovani compagni, che chiedono di tagliare i ponti accademici con gli israeliani. È la prima in Italia. Altre potrebbero seguire il suo pessimo esempio. Perché non sono solo gli okkupanti a protestare, ma spesso pure i venerati maestri che siedono in cattedra. Così, anche a Bologna, un corteo di studenti chiede di sabotare i rapporti con Israele. Già, il morbo dilaga. Tanto da costringere Giorgia Meloni a intervenire: «Considero preoccupante che il senato accademico dell’Università di Torino scelga di non partecipare al bando per la cooperazione scientifica con Israele. E lo faccia dopo un’occupazione da parte dei collettivi» dice la premier. «Se le istituzioni si piegano a questi metodi rischiamo di avere molti problemi». Invece il massimo organo accademico della città sabauda «ritiene non opportuna la partecipazione al bando del ministero Esteri, visto il protrarsi della situazione di guerra a Gaza». È il trionfo dei gruppi studenteschi di sinistra che si battono per la causa. Lunedì scorso interrompono una seduta del senato per chiedere il boicottaggio della collaborazione con gli atenei israeliani. «L’università non deve avere alcun accordo con un Paese che sta facendo un genocidio» minacciano i collettivi di Cambiare Rotta e Progetto Palestina. Urge quindi aderire alla lettera aperta già firmata da quasi 1.700 docenti di tutta Italia, tra cui sessanta che insegnano nelle facoltà torinesi, per far pressione su Israele affinché «si impegni al rispetto del diritto internazionale». Gli illuminati docenti in kefiah, appunto. Nell’assonante documento inviato al ministero degli Esteri dai devoti allievi si chiede allora la sospensione del bando per la cooperazione scientifica con ogni istituzione accademica israeliana. Secondo i giovani attivisti «hanno un ruolo attivo nell’oppressione del popolo palestinese e sono fisicamente parte dell’occupazione, come l’Ariel University, che si trova all’interno di una colonia illegale in Cisgiordania». Il rettore torinese, Stefano Guena, accoglie l’accorata richiesta. Dopo ampio dibattito, i vertici dell’ateneo approvano un documento che vieta ai colleghi israeliani di partecipare al bando della discordia, che finanzia progetti di ricerca in alcuni settori: le tecnologie per il suolo, quelle per l’acqua, l’ottica di precisione, le tecnologie quantistiche. Anche Anna Maria Bernini polemizza: «È una decisione che non condivido, seppur assunta nell’ambito dell’autonomia», dice il ministro dell’Università. «Ritengo ogni forma di esclusione o boicottaggio sbagliata ed estranea alla tradizione e alla cultura dei nostri atenei, da sempre ispirata all’apertura e all’inclusività». L’Università di Torino dettaglia: la mozione approvata il 19 marzo, con la quale «si è ritenuta non opportuna» la partecipazione al progetto della Farnesina, si riferisce esclusivamente a quel bando. «Pertanto, tutti gli accordi e le collaborazioni in corso con le università israeliane rimangono attivi». Il rettore, visto il pandemonio, tenta una maldestra e tardiva arrampicata sugli specchi: «Non volevamo far arrabbiare nessuno, tanto meno la premier Meloni». Solo un misero e insignificante progettino. Cosa volete che sia? «Non c’è il boicottaggio, men che meno antisemitismo come ho anche letto. I fatti parlano da soli», sostiene Guena. Appunto. A votare a favore sono stati praticamente tutti i senatori accademici dell’ateneo. Solo due gli astenuti. E un unico no, reiterato da Susanna Terracini, direttrice del dipartimento di Matematica: «Sono fortemente contraria ai boicottaggi accademici. Essendo esclusi possibili progetti bellici, le collaborazioni sono un elemento portatore di comprensione e pace». Mentre laureati e studenti dell’università di Torino «di ogni età e in ogni scienza» lanciano una petizione per chiedere al rettore di rimangiarsi «una decisione leggera e superficiale che nulla ha a che fare con le legittime opinioni personali di alcuni e alimenta un clima già teso». L’appello ricorda la qualità delle università israeliane, che vanta premi Nobel ed eccellenze. «Questa connessione è fondamentale per la crescita accademica e culturale dei nostri studenti e docenti».Già, la peste è tornata. Continua a diffondersi nelle università. I lanzichenecchi sono gli ideologici docenti e i loro scalmanati allievi. Non sempre schierati come un sol uomo, fortunatamente. Visto il successo dei colleghi torinesi, anche alla Normale di Pisa un manipolo di ribaldi chiede di interrompere ogni relazione con le università israeliane e di rimuovere dal sito della scuola il solito bando ministeriale. Ma il direttore, Luigi Ambrosio, appare subito perentorio: «Il tema non è in discussione». Niente proficuo e sinistrissimo dibattito alla torinese.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.