2019-11-05
Università lercia dopo il rave illegale. I collettivi irridono il rettore furioso
Statale di Milano devastata dalla festa clandestina, ira delle autorità accademiche: «Soli di fronte al reato». Intanto, nel palazzo occupato di monsignor Bolletta, a Roma, i liceali ballano e poi si spartiscono l'incasso.Un'insistente propaganda riconduce la richiesta di essere tutelati dalla criminalità a un timore irrazionale. Ma per lo Stato garantire l'incolumità dei cittadini è un dovere.Lo speciale contiene due articoli.Un mare di devastazione, bottiglie, cocci, bicchieri di plastica, sacchi neri, cartoni, rifiuti sparsi dappertutto, laghi di bevande alcoliche sui pavimenti e sui muri ancora appiccicati i cartelli che indirizzano verso «vino, spritz, amari». È l'eredità che i collettivi universitari hanno lasciato alla Statale di Milano dopo avervi organizzato abusivamente una festa nella notte di Halloween. L'altra mattina chi ha riaperto lo storico edificio in via Festa del Perdono non credeva ai propri occhi. Non è la prima volta che accade. Ma stavolta il rettore, Elio Franzini, aveva dato l'ordine di tenere i cancelli chiusi. Basta con i «rave» accademici. Lo scorso giugno uno studente, Francesco Ginese, era morto nel tentativo di entrare a una festa organizzata all'interno della Sapienza di Roma, anch'essa non autorizzata.Ormai non c'è Halloween senza «rave» abusivi da migliaia di sballati. Alla Statale questo sarebbe il quarto. Le cronache di questi giorni raccontano di discoteche piene oltre i limiti, di capannoni industriali riaperti per l'occasione, addirittura di una ragazza morta a Livorno e di un'altra deceduta in un incidente stradale mentre rincasava alle 8 del mattino sull'auto del fidanzato. Negli Stati Uniti la piattaforma di affitti brevi Airbnb vieterà che nelle case si tengano festini dopo una catena di omicidi in California. A Roma i ragazzi del collettivo del liceo Virgilio si sono rovesciati allo Spin Time, locale ricavato nel palazzo al quale ha ridato abusivamente la luce l'elemosiniere di papa Francesco, il cardinale Konrad Krajewski: la scuola era stata sbarrata e i ragazzi (molti minorenni) sono andati lì a fare gli zombie, dividendosi poi l'incasso con gli squatter. Ovviamente le autorità, dai sindaci agli altri responsabili della pubblica sicurezza, chiudono gli occhi e la bocca. Così le zucche di Halloween diventano il pretesto per scardinare l'autorità accademica e imporre un contropotere. «Festa senza perdono», «festa antifascista, antirazzista, antisessista», annunciavano i manifesti pubblicati sul profilo Facebook dei collettivi Dillinger Unimi e Lume (Laboratorio universitario metropolitano). Una sfida in piena regola. I cancelli dovevano chiudere alle 16, in anticipo rispetto al solito. Ma gli autonomi se ne sono fregati e hanno occupato illegalmente la Statale fino al mattino dopo.Ma il rettore Franzini ha rotto il silenzio pubblicando sul sito dell'ateneo a tutto video le foto dello scempio e una lettera aperta di protesta, tradotta anche in inglese, chiamando in causa «le autorità deputate alla nostra sicurezza» chiamate a «un'assunzione di responsabilità da parte di tutti»; poi è andato a depositare una denuncia contro ignoti. Il rettore si è sentito abbandonato. Scrive Franzini: «Queste feste, del tutto abusive, organizzate da gruppi in larga parte esterni all'ateneo, che chiedono persino una tariffa per l'ingresso (3 euro, ndr), sono state tollerate per molti anni, quasi fossero l'inevitabile prezzo da pagare per risparmiare la nostra comunità da sfregi peggiori». Stavolta la pazienza è finita: basta con gli atteggiamenti «di passiva indifferenza o rassegnazione nei confronti di atti di palese illegalità». Per il 31, racconta Franzini, era stata decisa la chiusura anticipata anche per tutelare l'edificio cinquecentesco di via Festa del Perdono, «un complesso monumentale tra i più importanti del Paese, un bene pubblico, vulnerabile e prezioso». La decisione era stata presa e comunicata con largo anticipo. Tutto inutile: «Dopo le 16 siamo rimasti soli, testimoni di un reato che si compiva senza nulla poter fare, ad assistere alla preparazione dello scempio che soltanto per un caso non ha avuto conseguenze peggiori, come quelle che si sono di recente verificate, in contesto del tutto analogo, presso un'altra università italiana».Le misure precauzionali non sono bastate. La chiusura del portone pedonale è stata impedita; da lì sono stati introdotti cibo, bevande alcoliche e materiali anche infiammabili e dalle 22 in poi sono entrate centinaia di persone. Le forze dell'ordine si sono limitate a una «vigilanza passiva», dice il rettore, con agenti in borghese. «Abbiamo deciso di pubblicare le immagini», conclude Franzini, «perché tutti siano consapevoli e si impegnino perché questa sopraffazione non si debba ripetere, nel silenzio collettivo della comunità accademica, delle istituzioni e dell'opinione pubblica».I collettivi-zombie hanno replicato su Facebook con arroganza. Lo sporco? «Abbiamo parzialmente ripulito la sala ma per ripulire completamente occorrono macchinari»: i rifiuti, insomma, non solo un problema loro. «Il costo della pulizia non va a ledere il bilancio di un'università con 60.000 iscritti»: rettore Franzini, paga gli spazzini e taci. Il biglietto d'ingresso? «Serve a pagare le spese organizzative e costituisce un benefit per il collettivo, fare politica e cultura dal basso purtroppo ha i suoi costi». L'occupazione abusiva? «Rivendichiamo con forza la necessità di aprire spazi di socialità alternativi e trasversali. Non accettiamo la repressione». E nemmeno le regole.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/universita-lercia-dopo-il-rave-illegale-i-collettivi-irridono-il-rettore-furioso-2641223094.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="essere-protetti-e-un-diritto-reale" data-post-id="2641223094" data-published-at="1757956520" data-use-pagination="False"> Essere protetti è un diritto reale Pietro Dubolino, Presidente a riposo di sezione della Corte di cassazione Ogni qual volta si levi, dall'area di centrodestra, qualche voce che, a torto o a ragione, faccia carico al governo o ad altre pubbliche autorità di non tutelare abbastanza la sicurezza dei cittadini, specie quando questa appaia minacciata dall'afflusso, in qualche luogo, di immigrati irregolari o di nomadi, scatta immancabilmente, oltre alla solita accusa di «razzismo», anche quella di bieca speculazione politica sulla diffusa paura della gente nei confronti dell'«altro» o del «diverso». Della prima di tali accuse non vale più nemmeno la pena di parlare, tanto essa è ormai logora e spuntata. Mette conto parlare invece della seconda, dietro la quale si cela una subdola astuzia che la rende assai pericolosa. La paura, infatti, è un sentimento del quale, in genere, non si va orgogliosi, per cui, pur di non ammetterlo, neppure di fronte a sé stessi, si può essere facilmente indotti a prestare e a mostrare adesione a quella che viene presentata come la condotta più coraggiosa, consistente nel negare o minimizzare l'esistenza del pericolo; esattamente quello che si vuole da parte di chi, pur disponendo del potere, quel pericolo, in omaggio alle proprie visioni ideologiche, non vuole né riconoscerlo né, tanto meno, fronteggiarlo, evitando però, nel contempo, il rischio di una perdita di consenso politico o di prestigio sociale. Ciò detto, sarebbe illusorio pensare che la posizione di vantaggio che tale meccanismo consente di ottenere possa essere significativamente scalfita, nel confronto dialettico, cercando di dimostrare, come pure avviene di frequente, che la paura, di fatto, esiste ed è giustificata. In tal modo, infatti, non solo si lascia all'avversario la scelta del campo, ma, soprattutto, si finisce per avallare implicitamente il presupposto sul quale la sua tesi si fonda: quello, cioè, secondo il quale soltanto la paura costituisce il criterio per la misurazione del livello di sicurezza che lo Stato è tenuto a fornire ai propri cittadini. È proprio questo falso presupposto, invece, quello che va scovato e radicalmente contestato. Lo Stato, infatti, trova il suo originario fondamento e la sua essenziale ragion d'essere nell'esigenza di garantire ai propri cittadini il maggior grado di sicurezza dalle offese interne ed esterne che sia oggettivamente possibile, indipendentemente dalle paure che essi, individualmente o collettivamente, possano nutrire per la loro vita, la loro incolumità ed i propri beni. Questa garanzia forma quindi oggetto di un vero e proprio obbligo, da parte dello Stato, sia nei confronti della collettività dei cittadini che nei confronti di ciascuno di essi; obbligo a fronte del quale, secondo la più elementare logica giuridica, si configura poi, necessariamente, il corrispondente diritto di ciascun cittadino di pretenderne, in linea di principio, l'adempimento; e ciò pur mancando, nell'ordinamento, uno specifico strumento giuridico posto a tutela di tale diritto, salvo, naturalmente, lo strumento indiretto costituito, nei regimi democratici, dal voto mediante il quale il cittadino può «punire» la forza politica da lui ritenuta responsabile dell'eventuale, mancato adempimento di cui si senta vittima. Il livello di sicurezza, poi, che lo Stato è tenuto ad assicurare può variare soltanto in funzione delle limitazioni alle libertà individuali e collettive che la società civile, di volta in volta, è disposta a tollerare. Non c'è dubbio, infatti, che la sicurezza è un bene che, realizzandosi necessariamente mediante l'imposizione di controlli, prescrizioni e divieti, si paga con la rinuncia ad una parte, più o meno consistente, di libertà; così come, alla reciproca, la libertà è un bene per mantenere o estendere il quale è necessario ridurre l'incidenza di controlli, prescrizioni e divieti e quindi rinunciare, in misura più o meno rilevante, alla sicurezza di cui essi sono strumento. Il punto di equilibrio fra le due contrapposte esigenze è, per forza di cosa, perennemente instabile e dev'essere quindi individuato di volta in volta dal legislatore, sulla base di valutazioni essenzialmente politiche e, come tali, largamente opinabili. Non opinabile, però, è che entrambe le esigenze in questione hanno piena legittimità, per cui non può mai ritenersi giustificato che vengano demonizzati o ridicolizzati quanti, nell'ambito di una normale dialettica democratica e nella infinita varietà delle situazioni storiche, ritengano che debba attribuirsi prevalenza all'una o all'altra di esse. D'altra parte, essendo tanto la sicurezza quanto la libertà due beni di pari valore, neppure può mai dirsi, in linea di principio, che uno di essi sia, in sé e per sé, eccessivo rispetto all'altro, potendo in realtà essere ritenuta eccessiva soltanto la misura nella quale, di volta in volta, viene richiesto il sacrificio di uno di essi in favore dell'altro. Libertà e sicurezza, poi, oltre a collocarsi su di un piano di reciproca parità, occupano anche, esse sole, il più alto grado nella gerarchia dei beni che l'autorità pubblica è tenuta a salvaguardare e promuovere; ragion per cui ciascuna delle due può essere compressa e limitata solo in funzione dell'ampliamento dell'altra e non per finalità di altra natura, quali che esse siano. E ciò tanto più in quanto tali diverse finalità non rientrino neppure tra quelle che lo Stato possa legittimamente perseguire, non rispondendo esse, neppure nelle intenzioni, ad un riconoscibile interesse dell'intera collettività nazionale. Il che (venendo all'attualità) è quanto si verifica, ad esempio, proprio con riguardo alla politica dell'accoglienza pressoché indiscriminata dei «migranti», proposta ed imposta alla collettività dei cittadini, i quali sono in tal modo costretti a subire una innegabile riduzione del livello di sicurezza al quale essi avrebbero diritto, senza che da tale riduzione possa loro derivare alcun corrispondente vantaggio in termini di maggiore libertà e senza che nessuno si dia neppure la briga di spiegare (per quanto poco possa valere) quale altro ipotetico vantaggio di altra natura detta politica possa produrre.
Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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