2020-07-01
Un’altra vittima nera uccisa a Seattle nel fortino «antifa» senza i poliziotti
Dopo il primo omicidio il sindaco democratico aveva promesso lo sgombero, mai avvenuto. E nel caos è morto un sedicenne.L'anarchia continua a regnare a Seattle. Lunedì ha avuto luogo una quarta sparatoria nella cosiddetta Capitol Hill autonomous zone: un'area del centro cittadino che, dallo scorso 8 giugno, risulta occupata dai manifestanti di Black lives matter e da cui è stata esclusa la polizia. Un ragazzo di 16 anni è morto, mentre un altro è ricoverato in gravi condizioni. Secondo le forze dell'ordine, si tratta di due afroamericani. È quindi la seconda volta che un nero viene ucciso nell'area, dopo Horace Lorenzo Anderson, rimasto vittima di una sparatoria avvenuta in loco lo scorso 20 giugno. Le indagini proseguono intanto a rilento, visto che - stando a quanto riferito dal capo della polizia cittadina Carmen Best - eventuali testimoni si rifiutano di collaborare.Dopo quasi un mese di occupazione, la situazione nella Capitol Hill autonomous zone si sta facendo sempre più insostenibile. Dieci giorni fa, all'indomani delle prime due sparatorie, il sindaco di Seattle, la democratica Jenny Durkan, aveva annunciato l'intenzione di sgomberare l'area, pur senza specificare in che modo volesse agire. Non dimentichiamo che, mentre Donald Trump ha sempre chiesto con insistenza il ripristino dell'ordine nell'area, la Durkan - spalleggiata dal governatore democratico dello Stato di Washington, Jay Inslee - aveva invece optato per la linea morbida. Una linea che ha tuttavia evidenziato il suo fallimento dopo le prime due sparatorie. Nonostante il suddetto annuncio dello sgombero e nonostante alcuni leader della protesta abbiano dichiarato concluso il «progetto», di passi avanti se ne sono visti pochi. Venerdì, gli occupanti si sono infatti opposti con successo alla rimozione delle barricate, mentre successivi negoziati si sono rivelati infruttuosi: secondo le parole di un portavoce della stessa Durkan, i manifestanti si sono tra l'altro mostrati «agitati e aggressivi». Insomma, la situazione è di fatto fuori controllo. Ed evidenzia alcune criticità.In primo luogo, quanto accaduto nella Capitol Hill autonomous zone evidenzia quali siano le conseguenze dell'indebolimento delle forze dell'ordine: un indebolimento di cui fanno inevitabilmente le spese le fasce più povere della popolazione. Fasce a cui sono molto spesso proprio gli afroamericani ad appartenere. Non solo i manifestanti di Seattle hanno sempre chiesto di dimezzare i fondi alla polizia locale, ma le frange più radicali di Black lives matter invocano addirittura l'abolizione delle forze dell'ordine tout court: richieste che producono le conseguenze peggiori proprio per la comunità nera. Del resto, ben lungi dal favorire progresso e giustizia sociale, il modello Black lives matter finisce col garantire sicurezza soltanto a chi può permettersi di pagare guardie private, lasciando in balìa del pericolo i cittadini meno abbienti. Non sarà un caso che, giovedì scorso, alcuni residenti e commercianti locali abbiano fatto causa all'amministrazione di Seattle per aver subito «gravi danni» dall'occupazione ancora in corso. Il paradosso è evidenziato anche da quello che sta accadendo a Minneapolis, dove - a seguito della morte di George Floyd - il consiglio comunale si sta muovendo per smantellare il locale dipartimento di polizia (senza ancora aver chiaro con che cosa sostituirlo). In questo quadro - dopo aver subito delle minacce - alcuni componenti del consiglio hanno chiesto protezione non alle forze dell'ordine, ma ad agenzie di sicurezza private, spendendo - secondo Fox News - 63.000 dollari di denaro pubblico nel corso delle ultime tre settimane.In secondo luogo, sottolineiamo le ricadute politiche di questa situazione. È dal 1990 che Seattle ha sindaci democratici, così come dal 1985 sono democratici i governatori dello Stato di Washington: ragion per cui, se ci sono delle storture nel locale corpo di polizia la responsabilità politico-amministrativa è del Partito Democratico, non certo di Trump e dei repubblicani. Senza contare il danno d'immagine per un asinello che non riesce a riportare l'ordine in città. In tutto questo, pur essendosi detto contrario al taglio dei fondi alla polizia, il candidato dem, Joe Biden, non ha ancora espresso una posizione troppo chiara sulla questione Seattle: sa bene infatti che, facendolo, rischierebbe emorragie di voti o a sinistra o al centro. I nodi tuttavia verranno prima o poi al pettine. E Biden (che ha ricevuto l'endorsement da alcuni leader dell'occupazione) sarà chiamato a prendere una posizione netta. A quel punto che farà? Sceglierà la difesa dell'ordine (dando ragione a Trump) o solidarizzerà con gli occupanti? L'alternativa è delicata per l'ex vicepresidente che rischia di ritrovarsi con un elettorato spaccato. Perché la sua eventuale vittoria a novembre passa inevitabilmente da Seattle. E, nonostante i sondaggi al momento ottimali, all'orizzonte per lui rischiano di addensarsi nubi cupe.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)