
L'Osservatorio suicidi per motivazioni economiche propone un tavolo di confronto con organizzazioni di categoria e associazioni. Ora la piaga non riguarda più soltanto gli imprenditori del Nord: il fenomeno è ormai diffuso in tutte le categorie e fasce d'età.Direttore Osservatorio suicidi per motivazioni economicheCaro direttore, qualche giorno fa ho letto con grande piacere, sulle pagine della testata da lei diretta, un articolo di Aldo Forbice dedicato ai suicidi per motivazioni economiche. Si tratta probabilmente di un tema «scomodo» da trattare e pertanto esso non sempre trova nei media la doverosa rappresentazione. Quello dei suicidi per motivazioni economiche è un tema che appartiene alla mia «storia» di sociologo visto che ormai dal 2012 sono direttore dell'unico Osservatorio universitario a esso dedicato. La scelta di istituire un Osservatorio permanente sui suicidi per motivazioni economiche - nell'ambito delle attività del Centro di ricerca sociale di cui sono direttore presso la Link Campus University - nasce per due diverse esigenze: da una parte misurare le dimensioni di un fenomeno di cui la crescente crisi economica stava all'epoca dilatando i confini, esigenza tanto più avvertita dopo la decisione dell'Istat nel 2010 di sospendere la pubblicazione delle sue indagini sul tema. Dall'altra parte, avvertivo forte in me la necessità di non fermarmi al solo “numero", ma di andare oltre, cercando invece di capire in che misura i fattori economico-sociali incidono sulla scelta di una persona di togliersi la vita, e questo a prescindere o meno dall'esito del gesto estremo: di qui dunque la decisione di non circoscrivere il monitoraggio ai solo suicidi «riusciti», ma di estenderlo anche ai tentati suicidi.Quanti sono dunque i suicidi in Italia per motivazioni economiche? I dati ufficiali dell'Osservatorio – frutto di un quotidiano lavoro di analisi documentale integrato da verifiche telefoniche alle autorità locali e fondato su un rigido meccanismo di inclusione/esclusione dei casi – attestano a 937 il numero delle vittime nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2012 e il 30 giugno 2018 (data dell'ultima elaborazione). Ai 937 suicidi si aggiunge quel dato, non meno rilevante, dei 661 tentati suicidi: dunque, nel complesso 1.600 circa situazioni di estremo disagio economico e sociale. È proprio l'analisi sociologica di una serie storica lunga 7 anni a consentirmi di tracciare le coordinate entro cui si sviluppa il fenomeno nonché di individuare le aree più a rischio e/o quei contesti che per la loro fragilità richiedono maggiore attenzione da parte del decisore pubblico.La prima riflessione riguarda proprio l'identikit del potenziale «suicida» e la sua evoluzione dal 2012 ad oggi. Siamo infatti in presenza di un fenomeno territorialmente omogeneo, ossia che colpisce ormai indistintamente tanto il Nord (con il Nord-Est in particolare che, con il 25,2% dei casi, continua a detenere il triste primato) quanto il Sud del Paese (nei primi sei mesi del 2018, i casi di suicidi accertati sono 22, contro i 14 del Nord-Est e i 10 del Centro). Quello dei suicidi appare altresì come un fenomeno oggi non più limitato ai soli imprenditori (come invece accadeva in passato), bensì drammaticamente esteso anche a chi ha perso il lavoro e/o chi soffre l'instabilità lavorativa ed economica: a partire dal 2015, infatti, oltre il 60% dei casi ha avuto per protagonisti proprio lavoratori, disoccupati e pensionati, per non dire dei tentati suicidi, fenomeno che nel 54,3% dei casi colpisce proprio i disoccupati. Oltre alla dimensione territoriale e alla condizione occupazionale, un altro aspetto rilevante che caratterizza l'evoluzione del fenomeno concerne il suo essere trans-generazionale: se la fascia d'età più esposta resta quella di chi ha tra i 45 e i 54 anni (34,7%), nel corso degli anni è paurosamente cresciuta la percentuale dei suicidi tra i più giovani (il 20% di suicidi tra chi ha tra i 35 e i 44 anni e addirittura il 9,5% tra gli under 34). Spostandoci sul versante dei fattori economici e sociali che incidono sulla diffusione del fenomeno, essi sono molteplici e diversi: la perdita del lavoro o la connessa minaccia, l'impossibilità di accedere al mondo del lavoro o di ri-occuparsi, l'indebitamento, la difficoltà di pagare il mutuo, la mancata riscossione di crediti vantati nei confronti della Pubblica amministrazione, l'impossibilità di pagare gli stipendi dei propri lavoratori, l'impossibilità di accedere al credito, il rischio o la perdita della casa, l'assenza di un sistema di tutele sociali in grado di bilanciare gli effetti della crisi economica. A queste motivazioni, che potremmo definire «fattuali», se ne aggiungono delle altre di natura «emozionale», che prendono forma nel complesso sistema di relazioni sociali (familiari, amicali, lavorative, ecc.) in cui ciascuno di noi vive la propria quotidianità: per esempio, pensiamo al senso di colpa, alla vergogna o alla sfiducia, non soltanto verso le istituzioni e la società nel suo insieme ma anche nei confronti di sé stessi. In molti casi, «motivazioni fattuali» e «motivazioni emozionali» tendono a coesistere, secondo una logica tale per cui il fallimento del progetto di vita, il senso di precarietà e la paura del futuro rappresentano la conseguenza della mancata riscossione del credito, dell'indebitamento o dell'impossibilità di accedere a nuovi crediti. I dati che ho qui brevemente richiamato mostrano dunque come, negli ultimi sette anni, i suicidi per motivazioni economiche abbiano senz'altro assunto la dimensione di un vero e proprio allarme sociale, tanto più grave e sentito poiché esso si intreccia con i temi del lavoro e delle scelte di politica economica e di welfare. Il crescente numero di suicidi tra i disoccupati rivela infatti come il problema occupazionale sia oggi un'emergenza non più rinviabile, così come la percezione del suicidio come strumento per riacquisire la dignità perduta rafforza la convinzione della necessità di una riforma strutturale del welfare state in grado di ristabilire i diritti sociali. Ben vengano, dunque, interventi tangibili che sappiano conciliare il sostegno al reddito (in primis il reddito di cittadinanza), una riforma strutturale del mercato del lavoro (a cominciare dai centri per l'impiego) che faciliti la spinta propulsiva delle imprese, e un rilancio complessivo della nostra economia. I 937 casi di suicidi registrati negli ultimi 7 anni circa sono infatti un dato di per sé significativo, ma che assume contorni ancor più drammatici se pensiamo che dietro quei mille casi ci sono famiglie distrutte, figli che hanno perso i genitori, dipendenti senza più un posto di lavoro, ecc. E mentre tutto ciò accade, il dibattito pubblico si concentra sull'ipotetico mancato rigorismo (cosa ben diversa dal rigore…) di una manovra che invece - con strumenti quali il reddito di cittadinanza - vuole essere una risposta concreta anche a questa emergenza.Prima ancora che di risposte normative - o quanto meno assieme ad esse -, il fenomeno dei suicidi per motivazioni economiche, avendo quelle forti ripercussioni sociali di cui si diceva in precedenza, esige anche una assunzione di responsabilità da parte delle Istituzioni culturali, a cominciare proprio dal mondo accademico. È per questo che con il mio Osservatorio ho deciso di raccogliere attorno a un tavolo tutte quelle organizzazioni di categoria, enti e associazioni che in questi anni si sono rivolte a me per acquisire quella conoscenza del fenomeno funzionale nelle loro quotidiane attività di supporto a imprenditori, disoccupati, precari e pensionati in difficoltà, e alle rispettive famiglie. Una task force, convocata per il 29 gennaio 2019, finalizzata a individuare insieme azioni, idee, proposte funzionali alla progettazione e promozione di politiche e interventi legislativi, e nel contempo alla ideazione e condivisione di percorsi di reinserimento familiare, sociale, professionale dei soggetti più esposti anche attraverso la formalizzazione di una partnership con i centri per l'impiego e le agenzie interinali.
Giulia Buongiorno (Ansa)
La proposta è rimandata per supplementi di indagine. Giulia Bongiorno: «Scriverla bene».
«C’era un accordo politico importante, alla Camera c’è stato un voto unanime su questa legge, i massimi vertici dei gruppi parlamentari si erano stretti la mano e ciò ora significa che stringersi la mano con questa destra non vale niente perché all’ultimo momento si può tornare indietro, smentendo addirittura un voto unanime del parlamento. E hanno deciso di farlo proprio oggi, il 25 novembre (giornata internazionale contro la violenza sulle donne, ndr)». È uscito dalla commissione Giustizia del Senato sbraitando che la destra ha stracciato l’accordo sul ddl stupro, il senatore di Italia viva Ivan Scalfarotto.
Nel riquadro la produttrice Giulia Maria Belluco (iStock)
La produttrice di «C14» Giulia Maria Belluco spiega: «Ci abbiamo messo cinque anni per scrivere la sceneggiatura. Le riprese saranno girate l’anno prossimo tra Veneto e Alto Adige». Si cercano ancora due attori internazionali...
Nasce in Veneto un film, C14, sulla Sacra Sindone, la più importante reliquia della cristianità, la cui storia è trapunta di dispute per verificarne scientificamente l’autenticità. Una nota ricerca britannica del 1988 con il radiocarbonio-14 la datò tra il 1260 e il 1390, negando che sia il sudario che ha avvolto il volto di Cristo. Analisi successive, tuttavia, hanno confutato tale risultato, come quelle del professor Giulio Fanti, dell’università di Padova, consulente della sceneggiatura, intervistato dalla Verità il 14 novembre 2024. La produttrice del film è Giulia Maria Belluco, 35 anni, nata a Treviso. Vive a Bassano del Grappa (Vicenza) ed è titolare della EriadorFilm. «L’ho acquisita nel 2023» spiega «con l’obiettivo di portarla sul mercato internazionale attraverso collaborazioni con Paramount, Discovery, Magnolia, Hallmark con le quali abbiamo fatto co-produzioni e produzioni esecutive qui in Italia. Una delle più viste è quella sulla famiglia Stallone, girata tra Puglia e Lazio».
Pier Paolo Pasolini (Getty Images)
Oggi il discusso evento sui lati conservatori del grande scrittore. La sinistra grida alla lesa maestà, eppure ha avallato per anni ricostruzioni farlocche sulla sua morte, al fine di portare avanti astruse piste politiche. E il vero vilipendio è proprio questo.
Il convegno su Pier Paolo Pasolini organizzato da Fondazione Alleanza Nazionale e dal Secolo d’Italia che si terrà oggi pomeriggio a Roma, il cui fine - come da titolo: «Pasolini conservatore» - è quello di dibattere (con il contributo di numerosi relatori tra cui il critico letterario Andrea Di Consoli, certamente non vicino alla destra politica) gli aspetti dell’opera e del pensiero pasoliniani che appaiono in conflitto con la sua area ideologica di appartenenza, quella comunista, è vissuto dalla sinistra italiana letteralmente come un sacrilegio. Nonostante dai curatori dell’evento sia già stato chiarito in tutte le maniere possibili che scopo del convegno è unicamente promuovere una discussione, senza nessuna volontà di «annettere» PPP - operazione che non avrebbe d’altronde senso alcuno - al pantheon culturale della destra, a sinistra si è addirittura giunti a gridare alla «profanazione», come fatto ieri, a botte di gramscianesimo mal digerito, dal professor Sergio Labate sul quotidiano Domani.
Gaia Zazzaretti prima e dopo il vaccino (iStock)
L’ex karateka Gaia lo sente in tv e sceglie di porgere il braccio. Poi, la malattia neurologica. Ma la virostar nega il nesso.
È vero che non se ne può più di «burionate». Ma come si può passare sotto silenzio gli ultimi post della virostar più famosa d’Italia, mentre continua a disinformare e contemporaneamente ridicolizzare persone danneggiate dal vaccino anti Covid chiamandoli #sorciscemi, senza alcun rispetto anche del diritto, di tutti noi, a essere informati correttamente su questioni che riguardano la salute, specie da chi dovrebbe avere, come lui, il dovere di dare informazioni corrette?






