2018-09-08
Una rete di attivisti aiuta i migranti a raggiungere di nascosto il confine
Trovati al presidio Baobab di Roma 17 stranieri della Diciotti. Altri sono a Milano, protetti dalla loro comunità. Sono diretti a Ventimiglia e in altre città di frontiera. Uno dice: «L'Italia ci ha spaventato». Ieri mattina la Digos si è presentata in piazzale Maslax, a Roma, nei pressi del «presidio Baobab experience». Gli agenti hanno fermato alcuni dei migranti che erano in coda per farsi visitare nella clinica mobile di Medici senza frontiere. Sono finiti in Questura 18 stranieri, di cui ben 17 provenienti dalla nave Diciotti. Sono solo una piccola fetta dei «migranti fuggitivi» di cui si parla da giorni, la maggior parte dei quali sono fuggiti dal centro di accoglienza di Rocca di Papa. In totale, gli scomparsi sono 74 su 143 arrivati all'hotspot di Catania per l'identificazione. Stiamo parlando, tanto per capirsi, dei signori che Matteo Salvini avrebbe sequestrato allo scopo di ricattare l'Unione europea. Erano stati affidati, per lo più, alla Cei, e avrebbero dovuto essere divisi fra varie diocesi, ma hanno preferito darsela a gambe. L'aspetto inquietante della faccenda è che non hanno avuto particolare difficoltà a scappare. I migranti fuggitivi hanno potuto contare su una rete che li ha sostenuti, aiutati e coperti. Una macchina operativa da tempo, e che funziona a pieno regime. Il presidio romano Baobab fa parte di questa rete. Sorge in un angolo della Capitale che gli attivisti hanno battezzato piazzale Maslax in onore di Maslax Maxamed, migrante di origini somale suicidatosi a 19 anni dopo essere uscito da un centro di accoglienza a Pomezia. La funzione del Baobab è quella di ospitare i «transitanti». Parola curiosa, non trovate? L'hanno pronunciata in tanti, nelle ultime ore. Ne hanno parlato la Caritas, l'Arci e numerose altre associazioni. Sono, in sostanza, i migranti che non intendono restare in Italia. Sbarcano qui, ma vogliono raggiungere altri Paesi. Dunque escono dal sistema di accoglienza, cercano di non farsi identificare e spariscono nel nulla. Per raggiungere la loro destinazione - per «seguire i loro sogni», come ha detto il presi1dente della Cei Gualtiero Bassetti - queste persone seguono un percorso abbastanza preciso. A Roma il loro punto di riferimento è, appunto, il Baobab. Non è un centro di accoglienza ufficiale, ma una struttura gestita da attivisti che funge da appoggio. «Il Baobab è una tappa del viaggio dei transitanti», ci ha spiegato ieri Maurizio Debanne dell'Ufficio stampa di Medici senza frontiere. I migranti, «tramite il passaparola», sanno che al Baobab potranno fermarsi qualche giorno. «Arrivano magari dalla Sicilia a Roma», dice Debanne, «poi ripartono. Quando sono a Roma sanno che possono andare al Baobab, che è ormai una specie di istituzione. Ma c'è una rete, in altre città esisteranno luoghi altrettanto famosi». Medici senza frontiere, tramite la clinica mobile, dà loro assistenza medica, senza chiedere documenti, provenienza o destinazione. Di luoghi come il Baobab, in Italia, ce ne sono altri. Una rete, appunto, i cui nodi sono conosciuti tramite il passaparola. A Milano, per esempio, c'è il Naga, una onlus che fornisce cure mediche a «tutti i cittadini stranieri, rom e sinti senza discriminazione alcuna». Poi ci sono le associazioni di stranieri. Ieri Repubblica ha intervistato uno dei migranti fuggitivi della Diciotti. Isaiaas, 25 anni, eritreo. Ha spiegato di trovarsi «a Milano, nascosto da amici». Lo hanno contattato tramite un mediatore culturale della comunità eritrea. Ciò dimostra che tanti «migranti fantasma» non spariscono, semplicemente si spostano di nascosto, aiutati dai contatti sul nostro territorio. L'obiettivo dei fuggitivi - dichiarato - è quello di passare il confine. Il simpatico Isaiaas intervistato da Repubblica, per dire, vuole andare in Francia. Nel frattempo, protetto dalla comunità eritrea, ha pure il tempo di polemizzare con il nostro Paese. «Abbiamo capito che l'Italia non ci vuole», dichiara. «A Catania ci siamo spaventati quando dalla nave abbiamo visto tutta quella gente che protestava e gli scontri con la polizia. [...] Ci siamo spaventati, eravamo sicuri che dopo qualche giorno ci avrebbero portati via dall'Italia e mandati via. [...] In Italia oggi non ci sentiamo più al sicuro». Capito? La colpa è nostra, perché li abbiamo spaventati. In realtà, il caro Isaiaas aveva in mente da subito di raggiungere la Francia via Ventimiglia. Lo fanno in tantissimi, specie gli eritrei. Lo ha spiegato bene Filippo Miraglia, vicepresidente dell'Arci. «I dati del Viminale dicono che dal 2012 al 2017 gli eritrei sbarcati nel nostro Paese sono stati 113.000, ma quelli che hanno chiesto protezione in Italia nello stesso periodo sono meno di 16.000, ossia il 14% circa». Lo confermano anche da Medici senza frontiere: «I transitanti si dirigono verso le località di frontiera: Ventimiglia, Como, Bardonecchia». A Ventimiglia possono contare sul supporto di associazioni come la Ong Oxfam, i cui responsabili, lo scorso giugno, dichiaravano: «Insieme a Diaconia Valdese e Asgi attraverso l'unità mobile del progetto Open Europe, da settembre del 2017 abbiamo soccorso circa 750 migranti, arrivati a Ventimiglia, di cui il 20% di minori stranieri non accompagnati». Già, le associazioni non fanno mistero di aiutare chi è entrato qui illegalmente. «Sì: donne, uomini, bambini e minori non accompagnati migranti della nave Diciotti sono passati in questi giorni dal campo informale di Baobab experience», hanno scritto orgogliosi su Facebook gli attivisti romani. «Non abbiamo niente da nascondere e, come ci ricorda la Caritas, non stiamo parlando né di fuggitivi né di ricercati». In realtà, la storia non è proprio così semplice. È vero che i centri di accoglienza non sono carceri. Ma la stessa Commissione Ue, tramite il portavoce Tove Ernst, ha specificato giovedì che «la detenzione può essere usata per l'identificazione dei migranti e per evitare fughe». Non solo. Gli stranieri della Diciotti - come tutti i «transitanti» - sono irregolari. Sono stati identificati nell'hotspot di Catania, ma non hanno presentato richiesta di asilo. Se qualcuno di loro riuscirà a passare il confine con la Francia - ovviamente avvalendosi di passeur - se identificato sarà rimandato qui, in virtù del trattato di Dublino. Certo, gli eritrei sono tra gli stranieri a cui di solito viene riconosciuta la protezione internazionale. Ma, come ricordava l'esperta Anna Bono, la Convenzione di Ginevra prevede due condizioni per la concessione dell'asilo: «La prima è che si arrivi direttamente da un Paese in cui vita e libertà erano in pericolo»; «la seconda è che la richiesta venga presentata senza indugio alle autorità». È evidente che, nel caso dei fuggiaschi della Diciotti, nessuna delle due condizioni sussiste. Di fatto, dunque, stiamo parlando di persone che non potrebbero muoversi liberamente. Vengono aiutate da una rete di attivisti, Ong e associazioni che forniscono cibo, riparo e assistenza medica. Ma, se venissero fermate dalle autorità francesi o tedesche, verrebbero rimandate qui, e resterebbero a carico di quell'Italia che - come dice il fuggiasco Isaiaas - li ha tanto «spaventati».