
Se poteri forti e Procure spingeranno il governo verso provvedimenti «pesanti», come ipotizzato dalla «Verità», il risultato sarà un intero Paese messo in ginocchio. Maurizio Belpietro scrive (su La Verità del 21 maggio) che dopo le elezioni rischiamo una manovra finanziaria «pesante». Solo pensare a una nuova pesante manovra finanziaria o patrimoniale è da irresponsabili, minacciarla è da folli. Nuove manovre finanziarie pesanti e patrimoniali si possono prevedere esclusivamente per indebolire ancor più l'imprenditoria privata del nostro Paese, ma anche per penalizzare l'euro e l'Europa intera. Chi le sta progettando non vuole un euro forte e una Europa forte, questo è il sospetto. L'Italia ha due valori che sono valori per l'Europa intera se valorizzati: le nostre medie e medio piccole imprese e il risparmio delle famiglie, penalizzare questi due valori significa affossare il Paese e perciò penalizzare l'euro. Per valorizzare l'euro si devono invece valorizzare e preservare. Ciò può avvenire convogliando parte del risparmio nel rinforzamento patrimoniale delle imprese domestiche affinché restino efficienti in mano ai nostri imprenditori. L'imprenditore privato (italiano soprattutto) sa prendere rischi, sa operare sul lungo termine sacrificando risultati sul breve, sa creare ricchezza, crescita, occupazione produttiva e benessere diffuso. Risultato di questa sua «sapienza» sono gli utili veri reinvestiti, le tasse pagate, la diminuzione conseguente del debito pubblico, la creazione di ordine sociale (sostenendo servizi pubblici e welfare). Ma rappresenterebbe anche un valore per lo stesso sistema bancario che ne trarrebbe vantaggi rafforzandosi, con beneficio comune. Una nuova manovra finanziaria «pesante» nel contesto della crisi economica in atto, frenerebbe ancor più lo spirito imprenditoriale. Questo spirito è già confuso abbastanza da stimoli concorrenziali (di altri Paesi con vantaggi di costo) fin troppo penalizzanti, oppure con prospettive di investimenti tecnologici che necessitano però masse di capitali non sempre disponibili. Si rischia perciò di produrre una forma di pragmatismo imprenditoriale pericoloso che potrebbe portare gli imprenditori, sempre più scoraggiati, a cedere l'impresa, come infatti sta accadendo. Manovre finanziarie e patrimoniali sarebbero il tocco maramaldesco per loro. Ma la fine dell'imprenditore privato sarà anche la fine dell'ordine sociale, perché il privato potrebbe venir sostituito solo da grandi gruppi multinazionali o fondi di investimento anonimi, che saranno obbligati a rispettare solo le leggi del mercato e le ragioni dell'investitore, che normalmente non si sa chi è e dove sta. L'utopia economica del XXI secolo sarà proprio la fine dell'imprenditore privato, grazie alla quale l'impresa diverrà fine a non più mezzo. Non esistono surrogati all'imprenditore privato, né Stato, né fondi, né manager, senza il privato l'impresa che opera sul mercato globale prende autonomia morale, diventa pragmatica, non crea benessere integrale, non concorre a ripartire la ricchezza, non crea lavoro, benessere e ordine sociale. Al nostro Paese serve, oggi più che mai, sorreggere valorizzare l'imprenditoria privata, incentivandola, incoraggiandola e sostenendola patrimonialmente grazie anche al risparmio privato che non va mortificato con tasse patrimoniali sterili e incoraggianti nuova spesa pubblica, ma indirizzato a creare maggior ricchezza nelle imprese italiane. Inutile ripetere per l'ennesima volta che questa è l'unica via per ridurre il debito pubblico e rafforzare l'euro, che forse non sta molto bene, ma ciò grazie a medici incompetenti che sanno praticare solo «salassi».
Francesco Saverio Garofani (Imagoeconomica)
Altro che «attacco ridicolo», come aveva scritto il Quirinale. Garofani ammette di aver pronunciato in un luogo pubblico il discorso anti premier. E ora prova a farlo passare come «chiacchiere tra amici».
Sceglie il Corriere della Sera per confermare tutto quanto scritto dalla Verità: Francesco Saverio Garofani, ex parlamentare Pd, consigliere del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, finito nella bufera per alcune considerazioni politiche smaccatamente di parte, tutte in chiave anti Meloni, pronunciate in un ristorante e riportate dalla Verità, non smentisce neanche una virgola di quanto da noi pubblicato.
Intervista con Barbara Agosti, chef di Eggs, la regina delle uova che prepara in ogni modo con immensa creatività
Francesco Saverio Garofani (Imagoeconomica)
Il Quirinale aveva definito «ridicola» la rivelazione sul piano anti-Meloni del dirigente. Peccato che egli stesso abbia confessato che era vera, sminuendo: «Solo chiacchiere tra amici...». Lui è libero di tifare chi vuole: non a fianco del presidente della Repubblica.
Qualche scafato cronista, indispettito per aver preso quello che in gergo giornalistico chiamiamo «buco», ieri ha provato a metterci una pezza e a screditare lo scoop della Verità sul consigliere chiacchierone e maneggione di Sergio Mattarella. Purtroppo per lui, dietro le nostre rivelazioni non c’è nessun anonimo: se abbiamo rivelato che Francesco Saverio Garofani vagheggiava un «provvidenziale scossone» per far cadere Giorgia Meloni, e la costituzione di una grande lista civica che la possa battere alle prossime elezioni, è perché delle sue parole abbiamo certezza.
Annalisa Cuzzocrea (Ansa)
Sulle prime pagine di ieri teneva banco la tesi della bufala. Smentita dall’interessato. E c’è chi, come il «Giornale», si vanta di aver avuto l’informazione e averla cestinata.
Il premio Furbitzer per il giornalista più sagace del Paese va senza dubbio a Massimiliano Scafi del Giornale. Da vecchio cronista qual è, infatti, lui ci ha tenuto subito a far sapere che quella «storia», cioè la notizia delle esternazioni del consigliere del Quirinale Francesco Saverio Garofani, lui ce l’aveva. Eccome. Gli era arrivata in redazione il giorno prima, nientemeno, e con un testo firmato Mario Rossi, nota formula usata dai più sagaci 007 del mondo quando vogliono nascondersi. C’era tutto. Proprio tutto.






