2020-11-24
Un oppio del popolo usato per blandirci durante la prigionia
Roberto Speranza (Getty images)
Politici ed esperti agitano la carota di un rimedio che ancora non esiste, distraendoci dalle chiusure e dal caos sui ristori.Il vaccino è l'oppio dei popoli. È diventato - come scriveva Marx - «la base universale di consolazione e giustificazione», la «felicità illusoria» che nasconde l'infelicità reale. Giù la pistola: non siamo No vax né intendiamo mettere in dubbio l'efficacia di questo o quel prodotto farmaceutico, perché non ne abbiamo gli strumenti. Ci permettiamo soltanto di analizzare l'attuale uso politico del vaccino, che per ora è soltanto un rimedio in potenza, visto che ancora non è pronto e - nelle sue numerose varianti - non è neppure in commercio. A spanne, secondo una valutazione nemmeno troppo pessimistica, il vaccino sarà disponibile per tutti gli italiani fra circa un anno, cioè nel secondo semestre del 2021. Però da alcuni giorni non si parla d'altro. Già si dibatte sull'opportunità di renderlo o meno obbligatorio, si immaginano stravaganti patentini, si sono già formate le immancabili fazioni: chi non si fida e rifiuta la somministrazione a priori; chi al contrario è già pronto a inocularsene dosi da cavallo. Seguono polemiche, bisticci e altre fumisterie. Osservando il teatrino vaccinale, dobbiamo dedurne con un certo sconforto che i mesi passati non ci hanno trasmesso alcun insegnamento. Le litigate televisive fra virologi, le interviste a ripetizione per dire una cosa e il suo contrario e le incaute sparate dei politici sulla pandemia sono servite soltanto a instillare confusione, disorientamento e paura nella popolazione. Sono in parecchi a concordare su questo punto. Eppure, riguardo al vaccino sta andando in scena il medesimo copione: ancora prima che sia disponibile, la tensione è già alle stelle, i vari esponenti della maggioranza sono già discordi su come gestirlo e gli italiani ripiombano con tutte le scarpe nel caos più nero. E, purtroppo, questa è la parte meno grave della faccenda. La sensazione - forte - è che abbia ragione il professor Andrea Crisanti quando scrive sul Corriere della Sera: «Senza strumenti per controllare l'epidemia a meno di affidarsi a severe misure restrittive e senza una linea di difesa contro una seconda e possibile terza ondata, le opzioni a disposizione sono drammaticamente ridotte. A questo punto tutte le speranze sono riposte nel vaccino come la pioggia per un popolo assetato nel deserto». Eccoli, i fumi dell'oppio. La discussione sulla panacea ha una duplice funzione. Da una parte, è una straordinaria arma di distrazione. Ci si scorna sul numero delle dosi da distribuire e sulle persone a cui distribuirle in totale assenza di dati concreti, mentre i problemi dei cittadini sono pressanti e immediati. Urge fare chiarezza sui benedetti ristori, sulla riapertura delle scuole, sull'organizzazione delle riaperture in vista del Natale, e invece i consulenti del governo come Walter Ricciardi, altri illustri esperti e le forze di governo si mettono a disquisire del Santo Graal marca Pfizer da cui - forse - potremo abbeverarci fra 12 mesi. È grottesco: c'è ancora chi non riesce a fare il vaccino per l'influenza e i gestori della crisi stanno a inseguire i titoli sul rimedio anti Covid. È qui che avanza il secondo, e più atroce, sospetto. E cioè che il vaccino sia diventato strumento di ricatto. È l'orizzonte ultraterreno che viene tratteggiato per rendere più sopportabile la pena terrena. È la ricompensa celeste per chi «si comporta bene». Ma se il vaccino arriverà, non sarà certo per grazia del governo Conte. E di sicuro non ci verrà elargito sulla base del merito o dopo la conta dei nostri peccati. Quando verrà il momento, sarà responsabilità dei politici e dei vertici della sanità gestire la distribuzione in modo decente. Dunque riflettano, preparino piani, si confrontino, e quando avranno le idee chiare le condividano con l'opposizione e con la popolazione perché siano discusse. Però adesso, subito, bisogna occuparsi della grigia quotidianità, non dell'Eden dei virologi. Non si può pretendere che gli italiani stiano buoni e silenti in attesa della salvezza futura. È come se ci stessero dicendo: non lagnatevi se vi chiudiamo in casa, se vi derubiamo delle festività, se vi impediamo di sedervi al tavolino di un bar. Attendete tranquilli e zitti, domani verrete ripagati. Di nuovo con Marx, notiamo che quella in cui viviamo è una «condizione che richiede illusioni». L'oppio del vaccino serve a sedare, a stordire, a impedire la «critica alla valle di lacrime» in cui l'esecutivo ci ha abbandonato. È la carota con cui si vuol attirare il somaro nel recinto per poi chiuderlo a doppia mandata. Gli italiani, però, non sono somari. Su chi li governa, invece, qualche dubbio sorge.
Papa Leone XIV (Ansa)
«Ciò richiede impegno nel promuovere scelte a vari livelli in favore della famiglia, sostenendone gli sforzi, promuovendone i valori, tutelandone i bisogni e i diritti», ha detto Papa Leone nel suo discorso al Quirinale davanti al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. «Padre, madre, figlio, figlia, nonno, nonna sono, nella tradizione italiana, parole che esprimono e suscitano sentimenti di amore, rispetto e dedizione, a volte eroica, al bene della comunità domestica e dunque a quello di tutta la società. In particolare, vorrei sottolineare l'importanza di garantire a tutte le famiglie - è l'appello del Papa - il sostegno indispensabile di un lavoro dignitoso, in condizioni eque e con attenzione alle esigenze legate alla maternità e alla paternità».
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