
Trasformare la Festa della Repubblica in parata dell'inclusione è un sacrilegio hippie. Elisabetta Trenta, se vuole difenderci, se ne vada.Peace&Love, caro ministro Elisabetta Trenta. Mi scusi se oso disturbarla. Non vorrei interrompere uno dei suoi famosi balletti né distrarla mentre rivede TuttoWoodstock minuto per minuto. Non vorrei rubarle minuti preziosi mentre si sta dedicando con la consueta solerzia alla Parata delle Giovani Marmotte, né vorrei importunarla mentre passa in rassegna la Brigata Boy Scout. Ma qualcuno deve pur dirglielo prima o poi. Per cui spenga il disco di Bob Marley e si faccia coraggio. Ci sono amare verità che un ministro della Difesa deve sapere. È pronta? Ecco, allora glielo diciamo: le Forze armate sono armate. Si tenga forte, ma è proprio così: i militari hanno i fucili, le pistole, persino i carri armati. Pensi un po' che cosa pazzesca. E se noi siamo vivi, oggi, se questo Paese ancora esiste, è soltanto perché tanti ragazzi con la divisa hanno imbracciato quelle armi, rischiando la vita e spesso perdendola. Per difenderci. Per permetterci di essere liberi. Anche per permetterle di diventare ministro della Difesa e di andare in aula a fare «peace&love». Che ne dice: se ne saranno pentiti, vedendola? Io credo di sì. Mi perdoni, ma penso che pure sull'altare della Patria si siano sentiti piccoli scricchiolii: era il Milite Ignoto che si stava ribaltando nella tomba. La tendenza a trasformare l'esercito nella Confraternita dei Buoni Samaritani non è certo cominciata oggi. Ma lei, bisogna ammetterlo, ha dato un contributo fondamentale, un impulso decisivo. A cominciare, ovviamente, da questa idea geniale di trasformare la parata del 2 giugno nella parata dell'inclusione. Inclusione? Ma de che? Ha fatto sapere che bisogna «combattere contro le emarginazioni sociali» e soprattutto bisogna dare «un segno di attenzione agli ultimi». Due frasi molte belle, anche da libro Cuore, se vogliamo. Ma che c'entra l'esercito con tutto ciò? Che c'entrano le Forze armate (che sono per l'appunto armate, le piaccia o no)? I soldati vengono addestrati e sono pronti a combattere. Non a fare gli assistenti sociali. Lo so, caro ministro, che oggi i militari vengono invocati ovunque ci sia un problema, anche per coprire le buche di Roma. Ma non bisogna esagerare. I soldati, per definizione, sono preparati per la guerra. Si capisce: la parola disturba le sue orecchiette sensibili e un po' hippies. Ma finché sta lì alla Difesa, si deve rassegnare: se parla di cannoni non deve pensare a Bob Marley ma all'obice. Se si parla di canne, le sembrerà un po' strano, ma dovrebbe concentrarsi su quelle dei fucili. Quelle in cui passano i proiettili. Che fanno la bua, se vengono sparati, ce ne rendiamo conto: non è bello, ma a volte è necessario. Perché le dissertazioni sull'inclusione sociale sono apprezzate sempre dappertutto, si capisce. Ma sul Carso 100 anni fa, per dire, o fra i nostri soldati in Afghanistan oggi, o sui campi di combattimento prossimi venturi, penso che sia apprezzato un po' di più un mitragliatore. Solo un po', neh. Ma un po' sì. E anche riguardo alla parata che si tiene domani, ecco, gliela devo dire tutta cara ministra balla balla ballerina: mi fa piacere che ci siano le crocerossine, i corpi volontari, i vigili del fuoco, le bande musicali, per carità. Se vuole faccia pure sfilare anche i boy scout e le cheerleaders dei Boston Celtics, non si preoccupi. Però, la supplico: siccome è ministro della Difesa, eviti di dare l'impressione di vergognarsi delle armi. E delle Forze armate. Non esiste un ministro della Difesa che si vergogna delle Forze armate. Anche perché se il nostro Paese fosse attaccato, non so lei, ma io vorrei essere difeso dai parà della Folgore più che dalle cheerleaders. Le crocerossine vanno benissimo se ci sono da curare dei feriti: ma io preferirei che prima qualcuno si battesse per evitarli i feriti. E quelle persone che si sono battute, che si battono e che si batteranno per difenderci meritano un po' più di attenzione e di rispetto. Soprattutto non meritano di essere confuse con Gino Strada. Succede troppo spesso. Succede quando il premier Giuseppe Conte dice che rinuncia facilmente a comprare cinque fucili per finanziare borse di studio. Succede quando lei si scatena nelle danze al pellegrinaggio di Lourdes, quando non contenta replica con la tarantella del Gargano, e quando, forse troppo distratta dai balletti, si dimentica di battersi per aumentare un po' le spese per la Difesa (troppo basse) e soprattutto per l'avvio di nuovi reclutamenti per evitare di mandare in prima linea soltanto Reparti Speciali Capelli Grigi. Succede quando apre istruttorie contro generali perbene, come Paolo Riccò, colpevoli soltanto di non sopportare gli insulti dell'Anpi alle Forze armate durante le celebrazioni per il 25 aprile. E succede quando trasforma la parata del 2 giugno nella parata dell'inclusione, come se le Forze armate fossero una divisione dell'Azione cattolica. Peace&Love, caro ministro Elisabetta Trenta. Ma io penso che i nostri soldati non meritino un ministro come lei. Io penso che quelle divise che sfileranno domani siano cariche di onore, memoria, medaglie, io penso che portino impresso dentro di loro il sacrificio di milioni di giovani vite e che raccontino una storia quotidiana di passione, dedizione, disciplina, onore. Una storia , che non può essere imbrattata dalla sua vena hippie o ballerina, non meritano di essere seppellite sotto la retorica pacifista e le parole del pacificamente corretto. Peace&Love, ministro Trenta, ma se ne vada al raduno dei debosciati, non a quello dei militari, che non fa per lei. Sventoli dove vuole la sua bandiera arcobaleno, noi ci teniamo il tricolore, che cosa ci vuol fare? Siamo dei maledetti tradizionalisti. E perciò restiamo convinti che lei abbia un solo modo, da ministro della Difesa, di difendere il suo Paese: smetta di difendere la sua poltrona.
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