2020-01-02
Francesco schiaffeggia sulla mano una donna che l'aveva strattonato per salutarlo: il filmato dilaga, lui si scusa durante l'Angelus. E Antonio Spadaro ci cuce sopra una predica.Due mazzate alla Rocky Balboa e il problema è risolto. Il primo video del decennio è già in fuga per contatti e difficilmente eguagliabile per originalità: papa Francesco che passa alle vie di fatto. Dopo il solenne Te Deum e prima della visita al presepe plastic free (of course, i monsignori sono pregati di dotarsi di borraccia d'alluminio) il Pontefice si divincola da una pellegrina asiatica così devota da risultare molesta. E con un paio di sberloni sulle braccia ristabilisce le distanze, poi se ne va furioso da piazza San Pietro. Una scena inimmaginabile, d'impatto planetario, sulla quale si è subito scatenata la canea social, pure giustamente perché neanche Paolo Sorrentino nel suo materiale, muscolare Young Pope aveva ipotizzato gli schiaffi per rieducare i fedeli esuberanti.È un Papa molto umano, terreno e ferrigno, quello che a 83 anni si affaccia al 2020. È un figlio di Dio che perde la pazienza e che il giorno dopo chiede scusa. Trascorsa la notte a contare le condivisioni ai quattro angoli del globo (4 milioni di visualizzazioni su Catholic Sat solo nelle prime 18 ore), la possente macchina mediatica del Vaticano gli ha infatti consigliato un gesto da mercoledì delle Ceneri in anticipo. E lui all'Angelus ha detto: «La pazienza dell'amore, l'amore ci fa pazienti. Tante volte perdiamo la pazienza. Anche io e chiedo scusa per il cattivo esempio di ieri». Un gesto che ristabilisce l'equilibrio della vicenda e che conferma quanto, per lo stesso Pontefice, l'episodio sia stato eccezionalmente sgradevole, destabilizzante.Su Twitter si è scatenato l'inferno. «Da Urbi et Orbi a botte da orbi il passo è breve», «Buon proposito per il 2020, allontanare le persone tossiche come solo il Papa sa fare», «Mai visto un Papa azzuffarsi con i fedeli». Goliardia pura alla quale ha immediatamente risposto il campo degli alabardieri bergogliani con la tesi che la donna era un'assatanata, che bene ha fatto Francesco a saccagnarla e che «un po' di rispetto per l'alta autorità, analfabeti sovranisti». Il punto più alto di surrealismo da commento lo raggiunge un twittarolo che sottolinea come «anche Gesù usò la frusta», dimenticandosi di aggiungere che lo fece contro i mercanti del tempio e non contro una pecorella in appassionato deliquio. Si esibisce su Famiglia Cristiana anche Antonio Spadaro, che con respiro scolastico spiega al Papa il comportamento del Papa arrivando a concludere che il gesto «rivela l'umanità di una persona che si espone e reagisce come chiunque di noi avrebbe fatto». Per il gesuita direttore di Civiltà Cattolica tolleranza e resilienza diventano improvvisamente parole obsolete. Ben diversa fu la reazione di Joseph Ratzinger nel Natale 2009, quando fu fatto cadere da una pazza italosvizzera all'inizio della messa in San Pietro. Benedetto XVI si rialzò, non sclerò, anzi celebrò la solenne funzione. Come si dice, diversamente umano? Del video di lunedì sera, prontamente «citato» da Matteo Salvini che finge di schiaffeggiare ma poi accarezza la fidanzata (con didascalia su Twitter: «Strattonato da fan agitata»), rimangono nella mente sei frame. Il primo è il passeggio solenne del rappresentante di Dio in Terra. Il secondo è lo strattone energico ma spontaneo d'una persona che mai avrebbe immaginato di trovarsi così vicina a quella veste bianca. Il terzo è l'atteggiamento notarile, inerte, colpevole delle guardie del corpo istruite dal Papa medesimo di non interferire. Il quarto è quello dei fendenti alla ispettore Clouseau del Santo Padre per liberarsi dalla presa, una reazione inattesa che conferma l'impulsività di un uomo non privo di sbalzi d'umore repentini. Il quinto è il suo sguardo torvo e forse sofferente per via di una sciatalgia che non lo abbandona, che gli fa muovere i passi a fatica e che dev'essere stata alla base del dolore e della reazione inviperita. E il sesto è la transenna che incombe, enfatizza le differenze e - volente o nolente il padrone di casa - rimane una metafora eterna: è umano credere di poter scegliere se e quando farsi toccare oppure no dall'altro. Si chiama libero arbitrio.«Se uno mi offende la madre gli tiro un pugno». Tutti stupefatti, ma che fosse diverso dal papa Giovanni della «carezza ai vostri bambini», papa Francesco ci aveva avvertiti nel 2015, giorni della strage islamista di Charlie Hebdo a Parigi. Allora spiegò, per nulla coccolato dai progressisti di complemento, che «non si può provocare, insultare, ridicolizzare la fede degli altri». E ancora lui, durante il viaggio in Messico, apostrofò nella calca un pellegrino che per poco non lo faceva cadere sulla carrozzina di un disabile: «Non essere egoista». I precedenti di Bergoglio non sono sporadici, al contrario di ciò che trasmette a parole, a lui piace poco essere toccato. È memorabile il video in cui toglie la mano all'ultimo momento dalle labbra dei fedeli in fila per baciargli l'anello. Scena che spiegò così: «Alla fine la mia mano è tutta bagnata di saliva, è per motivi igienici e per rispetto delle persone che preferisco evitare queste manifestazioni».Alla fine il Papa ha chiesto scusa. Sapeva di doverlo fare, il gesto gli fa onore anche se lo ha concretizzato dopo un'omelia - la prima dell'anno - tutta incentrata sulla sacralità della donna e sulla sua centralità nel mondo di oggi. Quella donna, dice il Papa «continuamente offesa, picchiata, violentata, indotta a prostituirsi e a sopprimere la vita che porta in grembo». E poi, con netta presa di posizione: «Ogni violenza inferta alla donna è una profanazione di Dio, nato da donna. Dal corpo di una donna è arrivata la salvezza per l'umanità. Da come trattiamo il corpo della donna comprendiamo il nostro livello di umanità». Chiediamo umilmente perdono per l'accostamento, ma la destinataria dei due affettuosi colpi di karate era una donna.
Ansa
È la logica conseguenza del wokismo: i giudizi non si basano più su parametri oggettivi.
Se è vero che «i fascisti» sono tutti quelli che la sinistra definisce tali indipendentemente dalla loro adesione o meno agli ideali del fascismo, allora anche «i ricchi» sono tutti coloro che la sinistra indica come tali, in maniera puramente circostanziale e situazionista, in base all’opportunità politica del momento.
La surreale discussione sui «ricchi» privilegiati dalla Legge di bilancio, che altri non sarebbero se non quelli che guadagnano 2.500 euro al mese, non si limita a mostrarsi come una delle tante battaglie propagandistiche che la politica deve fare per segnalare la sua esistenza in vita ma è indice di una forma mentis estremamente interessante. Perché se è vero che definire «il fascista» in base al giudizio soggettivo che l’osservatore dà ai comportamenti dell’osservato - per arrivare ad associare un comportamento, una tendenza e financo un’espressione del volto a qualcosa di «fascista» - stabilire la categoria di «ricco» indipendentemente dal denaro che quella persona possiede significa, ancora una volta, rifiutare il principio di oggettività del dato del reale con tutto ciò che tale scelta implica.
Maurizio Landini e Elly Schlein (Ansa)
Bombardieri, come la Cisl, dice che non incrocerà le braccia e isola ancor più la Cgil Che ieri non ha firmato un rinnovo di contratto nella Pa: ennesimo dispetto al governo.
L’esecutivo nazionale della Uil, al termine di un vertice convocato ieri, ha approvato all’unanimità la convocazione di una manifestazione nazionale a Roma per sabato 29 novembre. Obiettivo? ottenere modifiche alla manovra economica varata dal governo. Insomma, sì a una manifestazione, no a uno sciopero. Questo significa anche che la Uil non aderirà allo sciopero generale del 12 dicembre convocato dalla Cgil, confermando l’allontanamento tra le due realtà sindacali.
Nelle stesse ore il segretario della Cgil Maurizio Landini si incontrava al Nazareno con Elly Schlein e altri dirigenti del Pd, che in questi giorni stanno incontrando le le parti sociali. Ma che l’azione di Landini sia ispirata politicamente lo dimostra la scelta di convocare uno sciopero in un giorno diverso da quello convocato dall’Usb. Questi ultimi, infatti, che negli ultimi mesi hanno dimostrato di riuscire a portare nelle piazze numeri importanti di manifestanti, ha scelto il 27 e il 28 novembre per l’agitazione indetta non solo da Usb, ma anche Cobas e altre sigle e riguarderà il personale di sanità, scuola, servizi e pubblica amministrazione, ma a rischio ci sono anche i treni e il trasporto aereo.
(Ansa)
Si è svolta a Roma la quarta Giornata del Veterano, durante la quale la sottosegretaria alla Difesa Isabella Rauti ha ricordato il ruolo dei militari che hanno riportato traumi nel servizio: «La Difesa non lascia indietro nessuno», ha commentato a margine dell’evento.
Il generale Florigio Lista, direttore dell’Istituto di Scienze Biomediche della Difesa, ha spiegato: «Abbiamo fondato un laboratorio di analisi del movimento e stiamo formando dei chirurghi militari che possano riportare in Italia innovazioni chirurgiche come l’osteointegrazione e la Targeted Muscle Reinnervation».
Il rettore della Scuola Superiore Sant’Anna, Nicola Vitiello, ha evidenziato l’obiettivo dell’iniziativa: «Dare ai veterani gli strumenti per un reinserimento completo all’interno della società e del mondo del lavoro».
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Giorgia Meloni (Ansa)
A beneficiarne è stato soprattutto chi guadagna fino a 15.000 euro (-7%) e fino a 35.000 euro (-4%). Corsa agli emendamenti alla manovra. Leo: «Dall’aumento dell’Irap potremmo escludere automotive e logistica».
Ormai è diventato un mantra, una litania che la sinistra, con il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, che fa da apripista, ripete da giorni. È una legge di bilancio che diminuisce le tasse ai «ricchi», che dimentica le classi meno abbienti, una manovra squilibrata a vantaggio di pochi. La risposta del ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, è che è stata effettuata invece un’operazione di riequilibrio a vantaggio del ceto medio, che nelle precedenti leggi di bilancio era stato sacrificato per concentrare risorse sulle famiglie in maggiore difficoltà. C’è quindi un filo conduttore che segna gli anni del governo Meloni, ovvero la riduzione complessiva del carico fiscale, come annunciato nel programma elettorale, che si realizza per tappe dovendo sempre rispondere ai vincoli di bilancio e agli obiettivi di rientro del deficit concordati con la Ue. Obiettivi che dovrebbero essere raggiunti con il calo del deficit sotto il 3% del Pil, in anticipo sulla tabella di marcia.







