2023-08-11
Gli ultrà dei diktat a colpi di dpcm adesso criticano le «leggi speciali»
«La Stampa» contro Carlo Nordio per l’uso dei decreti (dai rave ai migranti), una minaccia a «diritti e separazione dei poteri». Eppure, obblighi e lockdown furono lodati, come gli strali di Sergio Mattarella contro l’inchiesta sul Covid.Incautamente, mercoledì il ministro della Giustizia ha concesso un’intervista a Francesco Grignetti della Stampa. Ieri, come premio, è arrivata una badilata sotto forma di editoriale in prima pagina per la firma di Donatella Stasio. Sintesi a uso e consumo del lettore: Carlo Nordio predica bene e razzola malissimo. Da studioso diceva e dice di essere liberale, ma all’atto pratico tradisce un approccio «panpenalista» che trascura gli aurei precetti dei maestri del diritto che pure ha avuto la fortuna di incontrare. Fuor di metafora: il titolare di via Arenula secondo il quotidiano tenta maldestramente di rassicurare sul suo pedigree cultural-giuridico, però sta in una squadra di governo per cui «tutto è diventato un’emergenza e viene affrontato con insofferenza ai controlli, ai diritti e alle garanzie nonché alla separazione dei poteri, oltre che con un approccio securitario». Infatti «con decreto abbiamo visto nascere nuovi reati, alcuni persino universali, e inasprire le pene di molti altri: è accaduto con i rave party, l’omicidio nautico, il traffico di migranti, le violenze al personale scolastico, e ora con l’incendio doloso e colposo».Ora, il tema della proliferazione dei decreti e la conseguente compressione dell’attività parlamentare non nasce certo ieri: è una faccenda seria che probabilmente il taglio delle poltrone a Camera e Senato non ha fatto che aggravare. È sempre buona cosa che la libera informazione tuteli la sovranità popolare ricordando che l’Aula ne è l’irrinunciabile perimetro di esercizio. Durante la lettura del pensoso articolo della Stampa, però, si è come colti da una inquietudine: di certo, la giornalista e il quotidiano saranno stati altrettanto occhiuti in qualunque decretazione d’urgenza o di uso dell’«emergenza», ad esempio - così, per dire - a proposito di quel breve e innocuo periodo di gestione della pandemia in cui si è «concesso» alla gente di uscire di casa con un dpcm, o si è tolto lo stipendio a chi non si sottoponeva alla vaccinazione. Una breve ricerca d’archivio permetterebbe di scoprire che oibò, mica tanto.Non solo il giornale sabaudo si spellava le mani per il green pass «patente per la libertà», rispetto a cui comunque la «salute è prioritaria» (così Massimo Giannini); non solo attaccava la «velenosa demagogia negazionista» (toh, il negazionismo si portava già nel luglio 2021) e descriveva come pericoli «anarcoidi» le piazze in dissenso contro le iniezioni obbligatorie. Era dalle colonne della stessa testata che il poco emergenziale e molto liberale Walter Ricciardi invocava l’allargamento del green pass «anche alle scuole per tutte le età»: un’idea evidentemente consapevole del «bilanciamento dei diritti» costituzionalmente garantiti e della «leale collaborazione» tra giudici e legislatore invocata dalla Stasio. La quale - peraltro - all’antevigilia della sentenza della Corte costituzionale sull’obbligo vaccinale ai medici scrisse un pezzo che anticipava il semaforo verde delle toghe supreme, in cui tra l’altro spiegava che le parole di Giorgia Meloni, da poco insediatasi a Palazzo Chigi, «rimandano alla narrazione ingannevole già cavalcata dalla destra nelle trascorse stagioni, nel solco di quel fenomeno mondiale che investe nuove e vecchie democrazie e che gli inglesi chiamano constitutional retrogression o democratic degradation. Una narrazione che talvolta sfocia in violenza, come sa la senatrice a vita Liliana Segre, sotto scorta per le minacce dei No vax, anche per le sue critiche al decreto Meloni di reintegro dei medici non vaccinati».Uno dice: beh, sicuramente il predicozzo sulla «insofferenza alla separazione dei poteri» apparso ieri sarà stato coerentemente applicato anche quando Sergio Mattarella è parso stigmatizzare l’attività di inchiesta del Parlamento proprio sulla gestione della pandemia. No, anche qui applausi e lodi: perché «il tentativo di riscrivere la lotta al Covid stride con le regole del gioco, con l’intero sistema dei pesi e dei contrappesi» (così il 28 luglio scorso).Non mancherà chi vorrà maliziosamente cogliere un nesso tra la precedente occupazione della Stasio, già responsabile della comunicazione della Corte costituzionale, e il fatto che non sia volata una mosca quando la sua ex datrice di lavoro in senso lato, Marta Cartabia, dai banchi del governo ha varato l’obbligo di vaccino per i medici. Sarebbero polemiche sterili. Entrare nel merito dialettico è perfettamente inutile: se si può scrivere sulla rivista di Magistratura democratica Questione giustizia (agosto 2018) che a Riace «si respira la cittadinanza costituzionale» grazie a Mimmo Lucano e pazienza per la condannuccia in primo grado, è abbastanza ovvio che poi vale tutto. Sarebbero dunque polemiche sterili, perché si farebbe prima a dire che «costituzionale», «liberale» eccetera sono parole che ormai non c’entrano né con la Carta né con la filosofia né col merito di nulla: sono sinonimi al posto di «quello che decido io».
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