2025-10-14
L’Olanda espropria i chip alla Cina e strizza l’occhio alla Casa Bianca
L’Aja prende il controllo di Nexperia, denunciando rischi per la sicurezza europea. Una mossa cui guarda il nostro governo, che da tempo valuta le partecipazioni di Pechino in Pirelli, Cdp Reti e Ansaldo Energia.Circa 10 anni fa fece molto rumore il caso di Midea Group, il colosso cinese degli elettrodomestici che entrò a gamba tesa nel mercato del Vecchio continente lanciando un’Opa totalitaria su uno dei più importanti produttori di robot industriali al mondo, la tedesca Kuka. Dopo mille polemiche e discussioni infinite sulla necessità di difendere un asset strategico per il Paese, il ministero dell’Economia diede il via libera all’acquisizione, imponendo alcune garanzie: il mantenimento del quartier generale in loco, nessun delisting immediato e rassicurazioni sui posti di lavoro. C’è chi iniziò a storcere il naso parlando di eccesso di ingerenza dello Stato negli affari di un’azienda privata. Oggi quello di Berlino verrebbe considerato un intervento assai blando. Basti pensare a quanto sta succedendo nella vicina Olanda, dove con una sorta di esproprio forzato l’esecutivo ha preso il controllo del produttore di semiconduttori cinese Nexperia. Nexperia è un importantissimo fornitore di chip di potenza e segnale utilizzati in due settori chiave: l’automotive e l’elettronica di consumo. Nel 2017 è stata acquisita da un consorzio di investitori sostenuto dallo Stato cinese per 2,75 miliardi di dollari. Ora l’Olanda interviene con strumenti eccezionali perché ritiene ci siano rischi concreti per la sicurezza non solo nazionale ma di tutt’Europa. Secondo il ministero degli Affari economici persistono «gravi carenze di governance» nell’azienda e di conseguenza esiste «una minaccia seria alla continuità e alla salvaguardia sul suolo olandese ed europeo di conoscenze e capacità tecnologiche cruciali». In buona sostanza, le azioni di Nexperia sono state poste sotto custodia e l’esecutivo dell’Aja ha sospeso il direttore esecutivo del gruppo (Zhang Xuezheng), nominando un rappresentante indipendente che prenderà tutte le decisioni per il futuro dell’azienda. Un esproprio appunto. Non si ricordano casi simili in Europa e viene anche facile pensare che la recrudescenza dei rapporti tra Stati Uniti e Pechino abbia avuto un ruolo decisivo. Lo pensa Wingtech, l’azionista di maggioranza, che ha definito l’intervento olandese eccessivo ed è pronto ad appellarsi al governo cinese. Va evidenziato, infatti, che da tempo la società asiatica era stata inserita nella lista nera di Washington proprio perché accusata di aiutare Pechino ad acquisire tecnologie sensibili. Accuse che ricordano molto da vicino quelle mosse dallo stesso governo americano a Sinochem per il caso Pirelli. L’Italia ha applicato il golden power sui cinesi ma sembra che lato Usa l’intervento non sia considerato risolutivo. L’obiettivo è vedere Pechino completamente fuori dalla società che commercializza pneumatici intelligenti attraverso la tecnologia «Cyber Tyre» (raccoglie dati e può trasmetterli al veicolo), altrimenti nel mercato a stelle e strisce non si entra. Così come l’affaire Nexperia ricorda molto da vicino quello che sta succedendo in un’altra grande operazione che ha caratterizzato le cronache geopolitiche sul versante Pechino-Bruxelles: la vendita di Ceconomy, la holding tedesca che controlla le catene MediaWorld e Saturn, al colosso digitale cinese JD.com per 2,2 miliardi di euro. Lato tedesco nessuno ha avuto nulla da eccepire. Né il governo, né le varie authority che di solito scandagliano i dettagli dei contratti che chiudono deal di questa portata. Diversa la situazione in Italia. Dove pare che il governo stia ancora studiando la pratica. E che non sia ancora tramontata la possibilità di esercitare il golden power. Motivo? Da un lato la consapevolezza che con l’operazione Ceconomy Pechino avrebbe accesso a oltre 1.000 negozi in undici Paesi europei. E tra questi ci sono pure i circa 140 punti vendita che danno lavoro a 5.000 persone in Italia. E poi perché sembra che anche la questione Ceconomy-Pechino stia a cuore al governo americano. Del resto non è un mistero, ne dava notizia Bloomberg qualche settimana fa, che il governo Meloni stesse valutando piani per limitare le partecipazioni degli investitori cinesi in aziende chiave. Veniva citata ovviamente Pirelli, ma nel mirino c’era anche la partecipazione di State Grid Corporation of China in Cdp Reti (che ha per esempio una quota importante in Snam) e di Shanghai Electric in Ansaldo Energia. Da tempo sembra che la presenza cinese precluda ai gruppi italiani l’accesso al mercato Usa. E ora che i rapporti tra Pechino e Washington sono tornati «pesanti» la situazione non può che peggiorare.
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