2025-12-01
Caro Carofiglio, bella idea di libertà di stampa...
Gianrico Carofiglio (Ansa)
Caro Gianrico Carofiglio, caro scrittore, nonché ex magistrato, nonché ex senatore pd, nonché ospite fisso in tv, nonché premio Strega mancato, nonché Simenon alle cime di rapa, nonché cintura nera di karate e di antipatia, Bruce Lee in salsa chic, già bimbo «sfigato e bullizzato» e poi rissaiolo da strada oltre che da talk, le scrivo questa cartolina perché lei, oltre a tutte queste cose, è anche un esimio maestro della libertà di stampa.E l’altro giorno, durante Piazzapulita, ha impartito una delle sue imperdibili lectio magistralis. Si è detto certo, infatti, che Giorgia Meloni fosse a conoscenza in anticipo dello scoop della Verità sul consigliere del Quirinale e sull’ormai celebre «provvidenziale scossone». E ha aggiunto che, per questo, il premier doveva ordinarci di cambiare la prima pagina. La riflessione mi sembra talmente acuta che non riesco a definirla. Aspetti che chiamo Palazzo Chigi per farmi dettare l’aggettivo giusto.Per fortuna c’è lei, Carofiglio, a difendere la vera libertà di stampa, quella per cui il premier ordina cosa pubblicare e cosa no. Mica come quei giornalacci di destra che, pensi un po’, scrivono di testa loro, senza manco farsi vidimare le pagine dalla presidenza del Consiglio. Ma come si permettono? Come si permette Maurizio Belpietro di pubblicare una notizia senza prima consultarsi con l’Agenzia Stefani-Fazzolari? E come si permette Giorgia Meloni di lasciare che si stampino prime pagine senza il suo consenso? Ma non la conoscono la libertà di stampa modello Carofiglio? Credere, obbedire, titolare. E chi non s’adegua, un colpo di karate, sinceramente democratico, in mezzo agli occhi.Nato a Bari, 64 anni, amico di Michele Emiliano, come lui pm a Bari, poi senatore del Pd fra il 2008 e il 2013, quindi solo scrittore, autore di 19 romanzi, oltre a saggi, racconti e sceneggiature, lei ha raccontato di aver cominciato a menare gli altri a 16 anni quando fece nero un compagno di scuola. Poi si è ripetuto più volte in strada, stendendo i malcapitati con destri feroci, manco fosse Vittorio Feltri. Cintura nera, sesto dan. Si vanta: «Bisogna saper dare un pugno». In effetti lei è un maestro, anche se ora più che in strada preferisce picchiare (verbalmente) nei salotti tv. Chi la contraddice finisce male, com’è naturale che sia per un amante delle libertà come lei: qualche anno fa ha querelato un blogger che aveva osato criticare un suo libro («scritto con i piedi»). Agli avvocati che, in un dibattito a Torino, difendevano la separazione delle carriere, ha dato dei «maiali». Era una citazione di Shaw, certo. Ma anche il suo solito show. Figlio di scrittrice, fratello di scrittore, roso dall’invidia (lo ha confessato lei stesso) durante il Covid si è distinto come ultras dei lockdown, del green pass e dei vaccini: ha fatto cinque dosi, si è iniettato di tutto, proponendosi come volontario per qualsiasi sostanza, e ha insultato chi rifiutava il magico siero («parassiti»). Due i grandi crucci della vita: la bocciatura al Csm nel lontano 1998 e non aver mai vinto il premio Strega, che ritiene di meritare per definizione. In effetti: non si capisce perché sia sempre stato negato a uno bravo come lei. Non sarà che anche i vincitori dello Strega, come i titoli di giornale, li decide Giorgia Meloni?
Roberto Scarpinato, ex magistrato e senatore del M5s (Imagoeconomica). Nel riquadro Anna Gallucci, pubblico ministero e già presidente dell’Anm a Rimini
Tra realtà e ipotesi fantasiosa, l’impresa aerea tra le più folli degli ultimi 50 anni dimostrò una cosa: la difesa dell’Unione Sovietica non era così potente e organizzata come molti pensavano.
Il ministro della Giustizia Carlo Nordio (Imagoeconomica)