2023-08-29
L’ultimo insulto: «Vannacci è un putiniano»
Fabrizio Cicchitto (Imagoeconomica)
Dopo aver trattato il militare da omofobo e razzista, ora la sinistra si affida all’ex berlusconiano Fabrizio Cicchitto che, su «Repubblica», allude a legami con Mosca. Un’accusa, dopo l’invasione dell’Ucraina, ormai diventata l’arma suprema per squalificare l’avversario.L’ultimo insulto è «putiniano». Non paghi di averlo descritto come omofobo e razzista (quando nel suo libro non c’è nulla di omofobo e razzista, parola di Lucetta Scaraffia), ora il generale Roberto Vannacci è stato arruolato a forza nelle truppe dello zar russo. Intervistando Fabrizio Cicchitto, il quale essendo stato berlusconiano per anni è stato bandito dalle sue pagine, Repubblica lancia la tesi che dietro l’autore del Mondo al contrario ci sia la mano dei servizi segreti russi, i quali avrebbero gonfiato il caso per spaccare la maggioranza di centrodestra unita nel sostenere l’Ucraina. A dire il vero, il caso è stato gonfiato dalla stessa Repubblica, che non più tardi di una decina di giorni fa lanciò l’allarme dopo aver scoperto che il libro era in testa alle classifiche dei saggi più venduti online. «L’obiettivo è piazzare elementi contrari all’ortodossia atlantica al prossimo europarlamento. Del resto, le cose scritte dal generale sulla Russia sono abbastanza nette», ha spiegato l’ex presidente della Commissione esteri della Camera. Già socialista e forzista, Cicchitto si dichiara tra i pochi berlusconiani contrari a intessere relazioni con Mosca e per questo denuncia il pericolo di pericolose infiltrazioni di ambienti vicini al Cremlino. «Non credo si possa derubricare il tutto a un generale scombinato. Questa persona faceva delle operazioni speciali, non è uno sprovveduto. Per questo dico che ci vedo una mano, un disegno». A confermare la tesi, secondo l’ex parlamentare, sarebbe poi lo spostamento di Vannacci alla guida dell’Istituto geografico militare dopo la sua esperienza all’ambasciata russa. «Con quel curriculum così di livello lo si voleva mandare in esilio, non ci si fidava di lui e lì non poteva fare danni». Insomma, dopo avergli dato dell’omofobo e del razzista, oltre che averlo liquidato come pazzo esaltato, ora si accusa il generale di aver venduto l’anima a Putin. Anzi, di essere una sua quinta colonna. Vannacci, dopo una carriera ai massimi livelli in missioni operative, come riconosce lo stesso Cicchitto, non è finito in castigo, a dirigere un ufficio periferico dove ci si occupa di cartografia, perché ha denunciato il silenzio dei suoi superiori sui rischi delle munizioni all’uranio impoverito, come dicono in molti (tra cui l’ex ministro della Difesa Elisabetta Trenta). No, la faccenda delle nostre truppe mandate al macello, senza protezioni adeguate e dunque condannate, non c’entra nulla secondo il quotidiano di casa Agnelli con la rimozione del generale. L’ufficiale era nel mirino perché, quando ha svolto il servizio di addetto militare presso l’ambasciata di Mosca nel febbraio del 2021, non ha dichiarato guerra a Putin, ma anzi aveva posizioni favorevoli nei confronti del presidente russo. Insomma, senza che nessuno abbia mai contestato il servizio prestato in missioni estere, a Vannacci viene cucito un vestito su misura, accusandolo di filo putinismo, che dopo l’invasione dell’Ucraina è peggio che essere definito un no vax. Non si discutono le sue idee, né si contestano le tesi sostenute nel suo libro: si passa direttamente a demolirne la credibilità. E così, dopo le farneticazioni, gli si imputa il tradimento a favore di una potenza straniera.È tutto? No, perché su un altro fronte, quello del Corriere della Sera, si scopre che il generale non è un accademico della Crusca, perché il suo libro contiene «errori di ortografia, fonti non citate, refusi e riferimenti non contestualizzati». Un linguista (il professor Massimo Arcangeli) infatti si è preso la briga di fare le pulci al Mondo al contrario ed è giunto alla conclusione che a essere all’incontrario è soprattutto l’italiano. Secondo il docente, siamo di fronte a «“un’accozzaglia di luoghi comuni malamente assemblati, con l’aggravante di interi passi prelevati più o meno alla lettera da svariate fonti». Il professor Arcangeli, che lo scorso anno si candidò con il partito di Luigi De Magistris, è un eccellente linguista e capisco la sua reazione di fronte ad alcune frasi del libro. Io stesso, una decina di giorni fa, quando il caso finì sulle prime pagine dei giornali, scrissi un articolo in cui spiegavo che essere un bravo generale (com’era considerato l’ex capo della Folgore prima dello scandalo) non equivale a essere un bravo scrittore. E aggiungevo che l’opera prima dell’ex comandante non sarebbe di certo entrata a far parte dei testi fondamentali della letteratura italiana. Vannacci non è Manzoni, ma neppure Montanelli. È semplicemente un ufficiale che ha messo nero su bianco le sue opinioni, senza avere la pretesa di aver fatto un capolavoro. Ciò che colpisce però è che «un’accozzaglia di luoghi comuni malamente assemblati», come la definisce Arcangeli, sia riuscita a imporsi come un’assoluta novità del pensiero politico italiano. Vannacci non ha scritto niente di nuovo e niente che già non si sapesse. Semplicemente, ha scritto cose di buon senso e questo ha avuto l’effetto di un sasso nello stagno. Il sasso non è bello, né elegante: è solo un sasso. Che però fa schizzare l’acqua nello stagno. E fa impazzire chi vorrebbe lasciare tutto così com’è.
Giorgia Meloni (Ansa)
Alla vigilia del Consiglio europeo di Bruxelles, Giorgia Meloni ha riferito alle Camere tracciando le priorità del governo italiano su difesa, Medio Oriente, clima ed economia. Un intervento che ha confermato la linea di continuità dell’esecutivo e la volontà di mantenere un ruolo attivo nei principali dossier internazionali.
Sull’Ucraina, la presidente del Consiglio ha ribadito che «la nostra posizione non cambia e non può cambiare davanti alle vittime civili e ai bombardamenti russi». L’Italia, ha spiegato, «rimane determinata nel sostenere il popolo ucraino nell’unico intento di arrivare alla pace», ma «non prevede l’invio di soldati nel territorio ucraino». Un chiarimento che giunge a pochi giorni dal vertice dei «volenterosi», mentre Meloni accusa Mosca di «porre condizioni impossibili per una seria iniziativa di pace».
Ampio spazio è stato dedicato alla crisi in Medio Oriente. La premier ha definito «un successo» il piano in venti punti promosso dal presidente americano Donald Trump, ringraziando Egitto, Qatar e Turchia per l’impegno diplomatico. «La violazione del cessate il fuoco da parte di Hamas dimostra chi sia il vero nemico dei palestinesi, ma non condividiamo la rappresaglia israeliana», ha affermato. L’Italia, ha proseguito, «è pronta a partecipare a una eventuale forza internazionale di stabilizzazione e a sostenere l’Autorità nazionale palestinese nell’addestramento delle forze di polizia». Quanto al riconoscimento dello Stato di Palestina, Meloni ha chiarito che «Hamas deve accettare di non avere alcun ruolo nella governance transitoria e deve essere disarmato. Il governo è pronto ad agire di conseguenza quando queste condizioni si saranno materializzate». In quest’ottica, ha aggiunto, sarà «opportuno un passaggio parlamentare» per definire i dettagli del contributo italiano alla pace.
Sul piano economico e della difesa, la premier ha ribadito la richiesta di «rendere permanente la flessibilità del Patto di stabilità e crescita» per gli investimenti militari, sottolineando che «il rafforzamento della difesa europea richiede soluzioni finanziarie più ambiziose». Ha poi rivendicato i recenti riconoscimenti del Fondo monetario internazionale e delle agenzie di rating, affermando che «l’Italia torna in Serie A» e «si presenta in Europa forte di una stabilità politica rara nella storia repubblicana».
Nel passaggio ambientale, Meloni ha annunciato che l’Italia «non potrà sostenere la proposta di revisione della legge sul clima europeo» se non accompagnata da «un vero cambio di approccio». Ha definito «ideologico e irragionevole» un metodo che «pone obiettivi insostenibili e rischia di compromettere la credibilità dell’Unione».
Fra i temi che l’Italia porterà in Consiglio, la premier ha citato anche la semplificazione normativa - al centro di una lettera firmata con altri 15 leader europei e indirizzata a Ursula von der Leyen - e le politiche abitative, «a fronte del problema crescente dei costi immobiliari, soprattutto per i giovani». In questo ambito, ha ricordato, «il governo sta lavorando con il vicepresidente Salvini a un piano casa a prezzi calmierati per le giovani coppie».
Nel giorno del terzo anniversario del suo insediamento, Meloni ha infine rivendicato sui social i risultati del governo e ha concluso in Aula con un messaggio politico: «Finché la maggioranza degli italiani sarà dalla nostra parte, andremo avanti con la testa alta e lo sguardo fiero».
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