2022-08-04
Polveriera sinistra. Ultimatum a Letta di Bonelli e Fratoianni (che guardano Conte)
Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni (Ansa)
I leader di Verdi e Sinistra italiana hanno fatto saltare l’incontro previsto con i dem. E l’accordo Pd-Azione li spinge verso il M5s.Il day after del patto siglato martedì tra Pd, Azione e +Europa è iniziato ieri con la corsa mediatica a giustificarsi. Alle sette e venti Carlo Calenda era già su Twitter: un certo Filippo gli ha scritto che non lo voterà più, e si becca il primo spiegone: «Lo capisco Filippo. La purezza piace. Ma senza questo accordo - fatto alle nostre condizioni - la destra avrebbe vinto a tavolino matematicamente. E tra scontentare i cantori della purezza e consegnare l’Italia senza partita alla Meloni, ho scelto la responsabilità. Ragionaci», gli risponde il leader di Azione e neoalleato del Pd. Seguono altri cinguettii e poi alle otto e dodici Calenda annuncia che «fino alle 9» risponderà alle domande sull’accordo elettorale quindi «avanti».Chissà se la linea diretta calendiana, che è stata poi replicata in serata su Facebook, basterà per arginare defezioni come quella già annunciata ieri di Giampiero Falasca, responsabile nazionale del diritto del lavoro in Azione che ha deciso di mollare Carlo «perché non condivido la scelta di allearsi con persone e partiti che hanno fatto del populismo la propria bandiera». Nel frattempo sul campo, largo, il patto col Pd lascia anche i salottini competenti riuniti in sedute di autocoscienza e riposizionamenti confusi di liberali improvvisamente attratti dal terzo polo renziano che però, assicura Calenda, «nascerà ugualmente il 26 settembre ma con questa legge elettorale sarebbe nato sulle macerie del paese» perché «post elezioni saremo un gruppo indipendente liberale e popolare con +Europa» e poi «le nostre battaglie su nucleare, giustizia, Ilva età rimarranno le stesse. Mica stiamo facendo un partito unico!». Quindi «vi dovremmo votare per poi rimettere in discussione tutto il giorno dopo le elezioni?» chiede a questo punto un altro ex elettore confuso.Ma al netto delle giustificazioni, degli scambi piccati sui social di Calenda con i rappresentanti di Italia Viva, della posta del cuore con gli elettori incazzati e della confusione liberale, il patto «ancorato all’agenda Draghi» ieri si è dovuto anche confrontare con la frenata dei cosiddetti cespugli che già davano l’orticaria (reciproca) al leader di Azione. Dopo averlo richiesto martedì e fissato per ieri pomeriggio, infatti, Angelo Bonelli di Europa Verde e Nicola Fratoianni di Sinistra Italiana hanno rinviato l’incontro con il segretario del Pd, Enrico Letta. «Registriamo comunemente un profondo disagio nel Paese e in particolare nel complesso dell’elettorato di centrosinistra che ha a cuore la difesa della democrazia, la giustizia climatica e sociale. Essendo cambiate le condizioni su cui abbiamo lavorato in questi giorni, sono in corso riflessioni e valutazioni che necessitano di un tempo ulteriore», si legge in una nota. Il piano sembra quello di alzare la posta con Letta minacciando un salto della quaglia, anzi del cespuglio. Perché l’alternativa per Bonelli e Fratoianni (che martedì ha votato contro l’adesione alla Nato di Svezia e Finlandia) è quella di citofonare ai Cinque stelle e a Giuseppe Conte. Secondo le stime di Youtrend, se Sinistra e Verdi uscissero dalla coalizione, il centrosinistra potrebbe perdere più o meno gli stessi collegi che avrebbe perso senza accordo con Calenda: 14 collegi uninominali (9 alla Camera e 5 al Senato). Di questi, 11 (in Liguria, Toscana, Romagna, Trentino e Lazio) finirebbero al centrodestra e gli altri 3 (tutti in Campania) all’alleanza tra M5s e Sinistra/Verdi. Pochi giorni fa, la stessa Youtrend aveva stimato che, senza alleanza con Azione/+Europa, il centrosinistra avrebbe perso un numero molto simile di collegi uninominali, ovvero 16. Fratoianni, in un’intervista a La Stampa, ha detto che «il dialogo con i Cinque stelle va riaperto». E ieri sera Bonelli ha rincarato la dose: «L’accordo con Calenda non parla più al popolo di centrosinistra», ha detto il co-portavoce di Europa Verde, in diretta a Metropolis, podcast di Repubblica. «Né io né Fratoianni andiamo col Pd, noi abbiamo la nostra lista» e «per come è stata impostata ieri l’intesa Letta-Calenda potrebbe consentire un’intesa anche con M5s, un’intesa tecnica», ha poi aggiunto.Se non ci sarà una «rinegoziazione dei punti» invocata ieri dai rossoverdi anche nell’eventualità di una trattativa sulle candidature e sul cosiddetto «diritto di tribuna», questi potrebbero insomma ascoltare le sirene di Conte («Con le persone serie che vogliono condividere un’agenda sociale ed ecologica con noi c’è sempre la possibilità di dialogare», ha detto proprio ieri).Per qualcuno che minaccia di cambiare campo, c’è già chi è pronto a entrare nella «Große Koalition Calettiana» del centrosinistra. Susanna Camusso, ex segretario generale della Cgil, potrebbe esserci un collegio considerato «quasi sicuro dai vertici dem a Milano o a Bologna o in Puglia» si legge sul sito di Affari Italiani. Pare manchi solo l’ok finale della diretta interessata, che potrebbe arrivare nei prossimi giorni. Per la serenità dei veri liberali.
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
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Il Comune di Merano rappresentato dal sindaco Katharina Zeller ha reso omaggio ai particolari meriti letterari e culturali della poetessa, saggista e traduttrice Mary de Rachewiltz, conferendole la cittadinanza onoraria di Merano. La cerimonia si e' svolta al Pavillon des Fleurs alla presenza della centenaria, figlia di Ezra Pound.