2022-02-26
L’ultima chance dell’Occidente: il Papa mediatore. «Fermate le bombe»
Francesco ha incontrato a sorpresa l’ambasciatore russo. Possibile filo diretto con Vladimir Putin. Incognita chiese ortodosse.L’asso nella manica ha la veste bianca. Il Papa è considerato una formidabile risorsa dall’Occidente per far ragionare Vladimir Putin e indurlo a fermare i carri armati. Francesco lo sa e ieri ha compiuto la prima mossa: si è recato a sorpresa in via Conciliazione numero 10, davanti a San Pietro, dove ha sede l’ambasciata russa presso la Santa Sede; ha bussato alla porta del suo amico Aleksander Avdeev e ha chiesto «la fine dei bombardamenti». Un gesto sostanziale, per nulla simbolico. Un incontro di mezz’ora allestito senza protocolli, dopo aver annullato tutti gli impegni di giornata (tranne quello con il nuovo ambasciatore greco).Per ora il pontefice ha un ruolo di mediatore ufficioso, sottotraccia, anche perché non c’è consenso da ambo le parti. Siamo agli albori di un intervento formale, ma già ieri all’ambasciatore russo Francesco ha ribadito di essere «molto preoccupato per ciò che sta avvenendo in Ucraina» e - facendo seguito a una posizione anticipata dal segretario di Stato, Pietro Parolin -, ha chiesto «che si risparmi il mondo dalla follia e dagli orrori della guerra». In serata, ha telefonato all’arcivescovo di Kiev, Shevchuk, e gli ha detto: «Farò tutto quello che posso», mostrando sentita vicinanza. Durante il colloquio romano, l’ambasciatore Avdeev ha recepito parole e tono, conosce benissimo Bergoglio perché si sta adoperando per agevolare un viaggio a Mosca (in questa fase del tutto improbabile) e un secondo incontro con il Patriarca della chiesa ortodossa, Kirill, dopo il primo storico abbraccio a Cuba nel 2016, un evento atteso da mille anni.La priorità del Papa è assoluta, per portarla avanti con decisione ha rinunciato a recarsi a Firenze domani per chiudere l’incontro fra sindaci e vescovi del Mediterraneo organizzato dalla Cei. Ufficialmente il cambio di programma è dovuto (parole della sala stampa vaticana) «a un’acuta gonalgia che necessita di riposo alle gambe», ma trapela la ferma volontà di concentrarsi sulla tragedia nella zona più calda d’Europa. Alla decisione ha contribuito anche il forte malumore di sacerdoti e pacifisti per la presenza di Marco Minniti, ex ministro e presidente della fondazione di Leonardo, azienda italiana numero uno nella produzione di armi.Il ruolo del Papa può essere decisivo. Pur essendo tutt’altro che un convinto atlantista come lo fu Karol Wojtyla (decisivo nel chiudere la Guerra fredda con l’abbattimento del muro di Berlino), Francesco non ha mai abdicato alla causa della pace, spendendosi sempre in prima persona. In questo contesto non sfugge un particolare: mentre l’Occidente sta trattando (doverosamente) Putin come un sanguinario paria planetario, dal Vaticano non sono mai arrivate frasi di condanna assoluta alla persona. Come se la gradazione diplomatica delle dichiarazioni dovesse lasciare sempre spazio alla trattativa. Ecco perché oggi la mediazione del pontefice potrebbe essere decisiva ed aiutare Mario Draghi e l’Italia ad avere un ruolo da protagonista. Nessuno in Europa ha in casa un asset così prestigioso, in grado di evocare la parola pace senza correre il rischio di pensare ai gasdotti o di essere semplicemente pusillanime. La partita con Putin è decisiva e il Papa non teme di giocarla. Nel 2013, da poco insediatosi sul soglio di Pietro, inviò proprio al dittatore russo una lettera fondamentale per fermare la guerra in Siria. Fu il suo primo atto diplomatico internazionale ed ebbe successo. Negli ultimi sei anni papa Francesco ha incontrato tre volte Putin, l’ultima nel 2019 in un’udienza privata in Vaticano durata 55 minuti, al termine della quale il cardinale Parolin disse: «Il presidente della Russia si considera uomo religioso, e penso quindi che egli riconosca nel Papa l’incarnazione di valori che ritiene importanti nella sua vita». La Santa Sede ha sempre tenuto d’occhio da vicino il leader russo, ritenuto un interlocutore da gestire con grande prudenza. E non ha mai riconosciuto l’annessione della Crimea. Paradossalmente, in questa fase, gli ostacoli maggiori nel ruolo di mediazione potrebbero arrivare dalle due chiese ortodosse (quella ucraina e quella di Mosca, più la chiesa ortodossa autocefala) che non sembrano dare spazio alle interferenze e non sono mai state così contrapposte. Soprattutto dopo il riconoscimento degli scismatici ucraini da parte del patriarca Bartolomeo di Costantinopoli. Le confessioni diverse all’interno della stessa fede religiosa hanno creato più di un problema all’auspicato secondo incontro di Francesco con Kirill. Infatti durante l’ultimo faccia a faccia con Putin, il Papa non ha sentito la frase che desiderava: l’invito ufficiale per la visita a Mosca. L’asso nella manica ha la veste bianca e anche all’ambasciatore russo ha ripetuto parole come «angoscia e preoccupazione», «grande dolore», invitando gli eserciti a non provocare «ancora più sofferenza alle popolazioni». Mercoledì, giorno delle Ceneri, sono confermati digiuno e preghiera per la pace. Secondo il Vaticano «c’è ancora tempo per la buona volontà, c’è ancora spazio per il negoziato, c’è ancora posto per l’esercizio della saggezza». Sempre che Putin sappia ritrovarne un brandello in fondo alle tasche del suo cappotto militare.