2024-11-15
Ugo Mulas in mostra a Palazzo Reale
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Ugo Mulas, Verifica 13. Autoritratto con Nini. A Melina e Valentina, 1972; Fotografie Ugo Mulas© Eredi Ugo Mulas. Tutti i diritti riservati. Courtesy Archivio Ugo Mulas, Milano – Galleria Lia Rumma, Milano/Napoli
Dai ritratti alla moda, dalle periferie cittadine al bar Jamaica, con una grande retrospettiva di oltre 250 immagini, di cui molte inedite, Milano rende omaggio al grande fotografo Ugo Mulas (1928-1973), l’artista che forse più di ogni altro ha saputo cogliere lo spirito di una città in continua evoluzione. Eugenio Montale con un upupa; Fausto Melotti e i Sette Savi; Oriana Fallaci nel suo studio. E poi Roy Lichtenstein, Andy Warhol, Piero Manzoni. Ma anche moda, pubblicità, scorci di Milano e il leggendario Bar Jamaica, nel cuore di Brera, ritrovo di artisti e intellettuali. Ritratti e frammenti di vita: è questo che racconta «Ugo Mulas.L’operazione fotografica» la straordinaria mostra allestita a Palazzo Reale (sino al 2 febbraio 2025) e interamente dedicata all’ universo estetico e concettuale di questo grande fotografo, artista dalla vita breve ma senza ombra di dubbio tra le figure più importanti e significative della fotografia internazionale del secondo dopoguerra.Nativo di Pozzolengo (Bs), classe 1928, studi classici e una laurea volontariamente mai presa in giurisprudenza (« non mi laureai perchè temevo che mi sarei lasciato condizionare per sempre ... ho preferito rischiare di fallire, di diventare uno spostato, uno senza mestiere» ), Mulas si avvicina alla fotografia da utodidatta: il primo reportage ufficiale lo realizza nel 1954 alla Biennale di Venezia (« La mia attività ufficiale di fotografo è cominciata con la Biennale di Venezia del 1954; allora non avevo nessuna pratica, e nessun'arte» ) e da qui in poi è un crescendo di successi. Grazie agli scatti realizzati al bar Jamaica fra il1953 e il 1954, comincia a collaborare stabilmente con varie riviste, apre a Milano un suo studio fotografico (curerà sempre personalmente la stampa delle proprie fotografie) e si avvicina al mondo dell'industria, della pubblicità, della moda e del teatro. Affascinato dalla pop art, nel 1964 parte per gli Stati Uniti (dove ritornò a più riprese nel 1965 e nel 1967) per realizzare un reportage sulla scena artistica newyorkese di quegli anni e, tornato definitivamente in Italia, continua le sue « sperimentazioni fotografiche» : tra il 1968 e il 1972 (un anno prima della sua prematura scomparsa) lavora alle Verifiche, approfondita indagine critica sulla materia fotografica e i suoi codici tecnici, linguistici ed etici. Ed è proprio da qui, dalle 14 opere che costituiscone le Verifiche, che parte la grande retrospettiva di Palazzo Reale dedicata a Ugo Mulas, un artista che, come ha dichiarato Denis Curti (insieme a Alberto Salvadori curatore della mostra) « ... non può essere ricondotto a un unico genere: non è un documentarista e neppure un ritrattista. La sua è una fotografia critica, che studia e cerca di spiegare – come un buon critico fa – a chi osserva ciò che sta vedendo. Per questo motivo la sua ricerca non è categorizzabile e la sua figura di fotografo non circoscrivibile in un ruolo preciso. Ugo Mulas uè n fotografo totale». La mostraUn percorso espositivo suddiviso in 14 tematiche, ricchissimo e articolato, che attraverso 300 immagini (di cui molte inedite), preziosi scatti vintage, documenti, libri e filmati conduce il visitatore nell’ «Universo Mulas » , con la tangibile consapevolezza che la sua fotografia non è mera documentazione, ma testimonianza e interpretazione critica della realtà. La prima sezione, come ho già anticipato, si intitola Verifiche; l’ultima, la Vitalità del negativo. Tra l’alfa e l’omega, l’inizio e la fine del percorso, Luoghi, Ritratti, Milano, Teatro, Moda, Nudo e Gioielli,New York e la Pop Art, Interno-Esterno, Melotti, Calder, Fontana, Duchamp.Ogni soggetto ritratto, a iniziare da Fausto Melotti (di cui Mulas amava molto le opere dell’ultimo periodo, realizzate con rame, reticelle metalliche, tubicini in acciaio, ottone e argento ) per arrivare allo scultore statunitense Alexander Calder (con cui ebbe un lungo sodalizio artistico e affettivo), aveva con lui un rapporto speciale; ogni luogo immortalato dal suo occhio esperto e critico, emanava un fascino quasi palpabile. Come le straordinarie serie di immagini dedicate a Milano (in mostra nell’omonima sezione), racconto del capoluogo meneghino dai primi anni ’50 agli avvenimenti di fine anni ‘60, cruciali per la storia politica e sociale italiana (i funerali delle vittime di Piazza Fontana e le proteste del ‘68 alla Triennale, per esempio). E dei suoi scatti degli esordi, quelli della « bohème meneghina» e della gente comune, Mulas diceva: « Quelle vecchie fotografie di gusto neorealista mi sono care, sono i primi tentativi di stabilire un contatto fotografico con una realtà. Avevo voglia di mettere a fuoco un messaggio di cui mi sentivo portatore, e al tempo stesso volevo individuare il filo portante più diretto che collega la gente, gli episodi, i fatti, i luoghi. In realtà cercavo quello che solo ora mi pare di aver trovato: un discorso preciso nei fini, sicuro nei mezzi, di cui l’antico proprio la foto del dormitorio pubblico*».* Ugo Mulas, La fotografia, 1973Arturo Carlo Quintavalle, Conversazioni con Ugo Mulas, Istituto di Storia dell'Arte dell'Universitˆ di Parma, Parma 1973.