2023-04-27
L’Ue pretende almeno 7 miliardi di tagli. Il Pnrr nel calderone
Il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti (Imagoeconomica)
Pronto il nuovo Patto di stabilità: non saranno escluse nemmeno le spese per la Difesa. L’austerità legherà le mani al governo.Dopo tante parole e un lungo tira e molla, la Commissione Ue è passata ai fatti. Ha steso la nuova versione del Patto di stabilità e l’ha racchiusa in un unico testo che sarà discusso dal Consiglio e poi dall’Europarlamento. Da oggi l’Europa introduce il nuovo concetto di spesa pubblica netta, cioè la capacità degli investimenti di incidere direttamente sulla crescita del Pil. Da qui deriverà un percorso di nuova austerity che alla fine della giostra dovrà riportare i Paesi a raggiungere i due parametri storici del Patto di stabilità. Il 3% di deficit e il rapporto tra debito e Pil del 60%. Ogni Paese avrà un percorso su misura che potrà durare quattro o sette anni. Ma al termine dello stesso non saranno concesse deroghe. Chi non rispetterà i valori incapperà persino in multe finanziarie da pagare ogni trimestre. È evidente che la vera partita tecnica, ma anche politica, sul percorso di aggiustamento combinato in modo da favorire gli investimenti si giocherà proprio su questo. Ed esclusivamente su tali trattative. Come ha ricordato ieri il ministro Giancarlo Giorgetti, contrariamente a quanto l’Italia aveva chiesto le spese per gli investimenti del Pnrr non sono state escluse dal Patto. Nemmeno la richiesta avanzata dal titolare della Difesa Guido Crosetto ha trovato sponda in Francia e Germania. Quindi nemmeno le spese militari per portare gli investimenti in Difesa vicini al 2% del Pil (obiettivo minimo Nato) saranno sfilate dal calderone unico. Salvo che nel percorso di rientro del debito singole voci e singoli progetti vengano valorizzati in quanto «debito buono» sul lungo termine. Lo sforzo di bilancio nell’orizzonte scelto dovrà essere proporzionale allo sforzo totale: cioè nei primi quattro anni dovrebbe essere maggiore. Bruxelles, dal canto suo, assicura che il ricorso all’analisi della sostenibilità del debito «non complicherà il quadro di sorveglianza» e «consente una valutazione approfondita dei rischi per le traiettorie del debito in caso di mancata ulteriore azione». E precisa che «un approccio più semplicistico, basato ad esempio solo sul livello del debito, trascurerebbe l’importanza della sua traiettoria e delle determinanti fondamentali dei rischi per la sostenibilità stessa del debito». Posto che il fatto stesso di mettere le mani avanti pone una serie di dubbi. Nella realtà lo schema di rientro sembra invece essere una nuova forma di vincolo esterno che per giunta va a sommarsi all’enorme vincolo interno che va sotto il nome di Pnrr. Nella pratica, già a partire dal prossimo anno lo schema avrà effetti concreti. La proiezione è stata elaborata dai tecnici della Commissione incrociando i target di rientro previsti dalla nuova proposta Ue con i numeri dell’economia italiana. L’aggiustamento minimo annuale dal deficit eccessivo, nel nuovo possibile Patto (che la stessa Commissione vuole approvare entro fine dicembre), è dello 0,5% del Pil. Considerati, inoltre, i termini dello scostamento del bilancio italiano rispetto ai tetti europei di debito e deficit (rispettivamente 60% e 3% in rapporto al Pil), lo sforzo di aggiustamento per l’Italia in una traiettoria di quattro anni dovrebbe essere pari allo 0,85% del Pil all’anno. Circa 14 miliardi di euro. Se invece l’Italia potesse usufruire di un’estensione del periodo di aggiustamento fino a sette anni, riferisce ancora il documento, la correzione annua scenderebbe allo 0,45% del Pil. Poco meno di 8 miliardi di euro. I nuovi governi potranno chiedere di rivedere i piani esistenti prima della loro scadenza, soprattutto se hanno priorità politiche diverse per le riforme, gli investimenti o la composizione del bilancio. Tuttavia, il nuovo percorso di aggiustamento di bilancio «non dovrebbe comportare uno sforzo di aggiustamento inferiore o posticipato». In altre parole, anche dopo nuove elezioni al massimo si potrà cambiare il contenuto dell’austerity ma non la traiettoria. Così nel frattempo si prevedono più esami approfonditi nelle situazioni di rischio più evidente e ci sarà più «dialogo rafforzato Bruxelles-capitali per portare a un impegno più solido da parte degli Stati a includere le riforme e gli investimenti per prevenire o correggere gli squilibri nel loro piano strutturale di bilancio a medio termine». Infine, la procedura per squilibri eccessivi sarà aperta in due casi: mancata attuazione degli impegni per affrontarli compresi quelli del piano strutturale di bilancio a medio termine nazionale; nuovi e importanti squilibri eccessivi che richiedano un aggiustamento della politica di bilancio. Per quanto riguarda le sanzioni nel quadro della procedura per disavanzi eccessivi, vengono diminuite di intensità con la promessa che saranno effettivamente messe a terra. Si passa da un ammontare pari allo 0,2% del Pil a un ammontare iniziale di 0,05% per un periodo di sei mesi pagabili ogni sei mesi. Il vicepresidente Valdis Dombrovskis, per rassicurare i tedeschi pronti a ulteriore austerity, ha detto che ci sono diverse salvaguardie per vincolare gli Stati al rispetto del piano concordato. Per esempio, non varare le riforme e non realizzare gli investimenti che giustificano un periodo di aggiustamento di sette anni e non di quattro anni può portare a un accorciamento dello stesso periodo. A questo punto cosa potrà andare storto? Senza il sostegno della Bce e con un’inflazione di lungo termine, come si potranno mettere a terra investimenti che non siano nel Pnrr? Uno schema sovietico deciso prima della pandemia e della guerra.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)