2022-09-10
L’Ue divisa sul tetto al prezzo del gas si accorda su altre dosi di austerity
Il ministro tedesco Robert Habeck (a sinistra) e quello ceco Jozef Sikela (Ansa)
I ministri dell’Energia bocciano la proposta von der Leyen, che avrebbe avuto effetti potenzialmente distruttivi. Se ne riparlerà a ottobre. Sì a tassa sulle rinnovabili, prestiti alle aziende energetiche e riduzione dei consumi.La presidente della Commissione contestata per le forti pressioni affinché venga approvato un provvedimento che metterebbe in difficoltà la Germania stessa.Lo speciale contiene due articoli.Niente tetto al prezzo del gas, niente nuove tasse sugli extraprofitti, ma in compenso un’altra robusta dose di austerità, questa volta sui consumi elettrici. Presente il Commissario europeo per l’energia, Kadri Simson, il Consiglio europeo dei ministri dell’energia, riunitosi ieri a Bruxelles, non ha dato il suo sostegno alla proposta della Commissione europea di mettere un tetto al prezzo che l'Europa paga per il gas russo. Una sonora bocciatura per la presidente Ursula von der Leyen, che mercoledì scorso aveva svelato la sua proposta, tutta mirata alla limitazione degli introiti russi per la vendita di gas, più che alla riduzione dei prezzi. «C’è stato un grande dibattito sul tetto del prezzo del gas e la Commissione dovrebbe presentare una proposta che aiuterà a ridurre i prezzi di tutto il gas, ma allo stesso tempo non metta a repentaglio l’approvvigionamento di gas in Europa», riportava ieri Reuters citando un anonimo diplomatico presente alla riunione. La proposta non è piaciuta a molti Stati membri, Germania in primis, seguita da Austria, Belgio e Olanda, preoccupati dal fatto che la proposta von der Leyen possa portare a un immediato e definitivo azzeramento degli ultimi quantitativi di gas russo, che sono invece ancora vitali.La stessa presidente, mercoledì, aveva rivendicato con orgoglio il lavoro svolto dagli Stati membri per ridurre la propria dipendenza dal gas russo, essendo questi passati da una quota del 40% a una del 9%. Ma se è così, anche immaginando che Gazprom accetti l’imposizione, non si capisce quale impatto reale sui prezzi possa avere un tetto imposto al solo gas russo, che ormai, a detta della stessa Commissione, pesa per un quantitativo trascurabile. Mentre, al contrario, i quantitativi russi sono ancora indispensabili per l’approvvigionamento fisico e il riempimento degli stoccaggi. Proprio il fatto che i volumi di gas dalla Russia siano diventati quelli marginali fa sì che la loro improvvisa assenza possa spingere di nuovo i prezzi verso l’alto. In breve, se il tetto proposto dalla Commissione funzionasse avrebbe un impatto limitatissimo. Se non funzionasse, avrebbe un impatto distruttivo. Sul tema del price cap, il comunicato finale del Consiglio di ieri sfuma di molto il concetto, chiedendo alla Commissione di presentare, più genericamente, un intervento di emergenza che possa alleviare il peso dei costi energetici per i consumatori. Del resto, era sin troppo evidente l’ansia di Bruxelles di sanzionare la Russia più che di abbassare i prezzi. Cosa che a molti governi, responsabili politicamente nei confronti degli elettori, non poteva piacere.Anche sul tema della nuova tassa europea sugli extraprofitti si è registrato un nulla di fatto. Su questo, peraltro, molti stati si sono già mossi autonomamente, come Italia e Spagna, sia pure in modo non molto efficace.Via libera dal Consiglio, invece, alle altre tre misure oggetto di discussione. In particolare, il Consiglio ha chiesto alla Commissione di predisporre un sistema di linee di credito straordinarie per gli operatori del settore energetico, che stanno diventando sempre più urgenti. Ieri, in Germania, un’altra grande compagnia del gas ha chiesto l’intervento del governo per un salvataggio del valore di oltre 1,2miliardi di euro. L’altra misura approvata è quella relativa alla separazione del prezzo dell’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili rispetto a quella prodotta con il gas. Il provvedimento non incide sulla formazione del prezzo marginale perché viene calcolata una differenza ex post tra il tetto al prezzo fissato dai governi (che dovrebbe essere di 200 €/MWh) e il valore reale del prezzo spot. In questo modo i governi contano di recuperare risorse da destinare all’abbassamento della bolletta dei clienti finali. Infine, via libera anche all’abbassamento obbligatorio dei consumi di energia elettrica nelle ore di picco, oltre a quelli del gas che gli Stati hanno già predisposto. Un’altra sfumatura di austerità, insomma, dopo i «risparmi» di gas già chiesti a livello nazionale. In questo caso si tratta di qualcosa di più articolato e tecnicamente di non facile applicazione. Ora la commissione avrà pochi giorni per presentare un dettaglio delle misure entro metà settembre, da sottoporre poi a validazione degli Stati membri.Nel comunicato finale non mancano i richiami alla decarbonizzazione e alla riduzione delle emissioni, che ormai sono un puro pro forma, e a una prossima riforma del funzionamento dei mercati elettrici, supportata da uno studio di impatto «al più presto possibile». È tutto.In sintesi, le soluzioni individuate sono una tassa sulle rinnovabili, prestiti alle aziende del settore e austerità nei consumi, cioè un generale impoverimento. Un pacchetto tipicamente all’europea, un paternalistico insieme di dirigismo e insensatezza, che arriva dopo aver condotto un intero continente a un disastro senza precedenti. I dettagli dei provvedimenti arriveranno nel giro di una settimana, ma oggi è parso chiaro che nell’ingranaggio tra Consiglio e Commissione qualcosa non stia funzionando.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/ue-divisa-tetto-prezzo-gas-2658173809.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="i-tedeschi-per-chi-lavora-ursula" data-post-id="2658173809" data-published-at="1662779983" data-use-pagination="False"> I tedeschi: «Per chi lavora Ursula?» Il mancato accordo registrato ieri nel Consiglio dei ministri dell’energia dell’Unione europea sul tetto al prezzo del gas rappresenta una sonora sconfitta per la presidente della commissione Ursula von der Leyen. La sua proposta di tetto al prezzo del gas russo non ha raccolto il favore dei Paesi rappresentati nel consiglio, in particolare di Germania, Belgio, Olanda e Austria. Solo tre sarebbero i Paesi che sostengono questa proposta, mentre quindici sarebbero quelli che vorrebbero un tetto generalizzato a tutto il gas che circola in Europa. La Germania avrebbe chiesto invece di avere prima uno studio di impatto. Da alcune reazioni filtrate informalmente al termine della riunione traspare una certa irritazione per l’eccessivo carico politico posto dalla Commissione ulla misura del price cap. La proposta di mettere un tetto al prezzo del solo gas proveniente dalla Russia si allontanava dal fine dichiarato, cioè l’abbassamento dei prezzi del gas. Come ha detto il ministro ungherese per l’energia, la proposta di von der Leyen si presentava come una sanzione nascosta alla Russia. Mercoledì scorso, la presidente della Commissione aveva presentato i cinque punti su cui oggi si è discusso. Parlando del tetto al prezzo del gas, ha fatto riferimento esplicito a un provvedimento mirato al gas russo. Vale la pena riportare l’intero passaggio: «Puntiamo ad abbassare i costi del gas. Pertanto, proporremo un limite di prezzo per il gas russo. Naturalmente, l’obiettivo qui è molto chiaro. Sappiamo tutti che le nostre sanzioni stanno incidendo profondamente sull’economia russa, con un pesante impatto negativo. Ma Putin sta parzialmente tamponando attraverso i ricavi dei combustibili fossili. Quindi qui, l’obiettivo è: dobbiamo tagliare le entrate della Russia, che Putin usa per finanziare la sua atroce guerra in Ucraina. […] all’inizio della guerra, se si guarda al gas importato, il 40% di esso era gas russo, da molto tempo. Oggi siamo scesi solo al 9%». Per quanto abbiamo già detto sugli effetti di una simile proposta, il non sequitur tra la prima frase e il resto del discorso è evidente. La questione non è tecnica, bensì politica, perché la proposta di tipo sanzionatorio della commissione si scontra con l’interesse dei singoli Stati a non vedersi chiudere dall’oggi al domani il gas proveniente dalla Russia. La frattura è notevole, non solo tra gli Stati membri ma soprattutto tra gli Stati e la Commissione. In Germania, non manca chi comincia a farsi delle domande relativamente al mandato di Ursula von der Leyen. Da tempo c’è chi accusa la presidente di una eccessiva inclinazione verso i desideri di Washington, dove sarebbe molto popolare, e di un certo disinteresse alla salvaguardia degli interessi della stessa Europa (cioè della Germania). In questo difficile frangente la guida di von der Leyen appare a dir poco ondivaga. Critiche non troppo velate arrivano anche da parte della stampa tedesca, per uno stile giudicato autoritario ma allo stesso tempo un po’ troppo permeabile a suggestioni esterne. E che rischia di acuire l’emergenza nel Vecchio Continente. Aspetto, questo sottolineato anche dal presidente turco Recep Tayyip Erdogan, secondo il quale «per l’Europa l’inverno non passerà in modo così semplice, sarà molto problematico, molto pesante in termini di costi economici». Lui ha affermato di avere già discusso dei prezzi del gas con il capo di Stato russo Vladimir Putin. E se il leader del Cremlino sarà d’accordo, il costo dell’energia per la Turchia sarà più vantaggioso.
Sehrii Kuznietsov (Getty Images)
13 agosto 2025: un F-35 italiano (a sinistra) affianca un Su-27 russo nei cieli del Baltico (Aeronautica Militare)
La mattina del 13 agosto due cacciabombardieri F-35 «Lightning II» dell’Aeronautica Militare italiana erano decollati dalla base di Amari, in Estonia, per attività addestrativa. Durante il volo i piloti italiani hanno ricevuto l’ordine di «scramble» per intercettare velivoli non identificati nello spazio aereo internazionale sotto il controllo della Nato. Intervenuti immediatamente, i due aerei italiani hanno raggiunto i jet russi, due Sukhoi (un Su-27 ed un Su-24), per esercitare l’azione di deterrenza. Per la prima volta dal loro schieramento, le forze aeree italiane hanno risposto ad un allarme del centro di coordinamento Nato CAOC (Combined Air Operations Centre) di Uadem in Germania. Un mese più tardi il segretario della Nato Mark Rutte, anche in seguito all’azione di droni russi in territorio polacco del 10 settembre, ha annunciato l’avvio dell’operazione «Eastern Sentry» (Sentinella dell’Est) per la difesa dello spazio aereo di tutto il fianco orientale dei Paesi europei aderenti all’Alleanza Atlantica di cui l’Aeronautica Militare sarà probabilmente parte attiva.
L’Aeronautica Militare Italiana è da tempo impegnata all’interno della Baltic Air Policing a difesa dei cieli di Lettonia, Estonia e Lituania. La forza aerea italiana partecipa con personale e velivoli provenienti dal 32° Stormo di Amendolara e del 6° Stormo di Ghedi, operanti con F-35 e Eurofighter Typhoon, che verranno schierati dal prossimo mese di ottobre provenienti da altri reparti. Il contingente italiano (di Aeronautica ed Esercito) costituisce in ambito interforze la Task Air Force -32nd Wing e dal 1°agosto 2025 ha assunto il comando della Baltic Air Policing sostituendo l’aeronautica militare portoghese. Attualmente i velivoli italiani sono schierati presso la base aerea di Amari, situata a 37 km a sudovest della capitale Tallinn. L’aeroporto, realizzato nel 1945 al termine della seconda guerra mondiale, fu utilizzato dall’aviazione sovietica per tutti gli anni della Guerra fredda fino al 1996 in seguito all’indipendenza dell’Estonia. Dal 2004, con l’ingresso delle repubbliche baltiche nello spazio aereo occidentale, la base è passata sotto il controllo delle forze aeree dell’Alleanza Atlantica, che hanno provveduto con grandi investimenti alla modernizzazione di un aeroporto rimasto all’era sovietica. Dal 2014, anno dell’invasione russa della Crimea, i velivoli della Nato stazionano in modo continuativo nell’ambito delle operazioni di difesa dello spazio aereo delle repubbliche baltiche. Per quanto riguarda l’Italia, quella del 2025 è la terza missione in Estonia, dopo quelle del 2018 e 2021.
Oltre ai cacciabombardieri F-35 l’Aeronautica Militare ha schierato ad Amari anche un sistema antimissile Samp/T e i velivoli spia Gulfstream E-550 CAEW (come quello decollato da Amari nelle immediate circostanze dell’attacco dei droni in Polonia del 10 settembre) e Beechcraft Super King Air 350ER SPYD-R.
Il contingente italiano dell'Aeronautica Militare è attualmente comandato dal colonnello Gaetano Farina, in passato comandante delle Frecce Tricolori.
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