2021-05-26
L'Ue ci dona una bella estate di sbarchi
Secondo il grande dizionario della lingua italiana Hoepli, la solidarietà è il sostantivo con cui si sottintende un rapporto di fratellanza, che unisce fra loro i membri di una collettività e si manifesta con atti di reciproco aiuto e assistenza materiale e morale. Si capisce che la solidarietà è qualche cosa di volontario, che nasce dalla condivisione dei medesimi principi e da interessi comuni. Tuttavia, da ieri abbiamo appreso che esiste anche una solidarietà obbligatoria, ossia una fratellanza forzosa, che dovrebbe costringere le persone ad azioni solidali.Questo per lo meno è ciò che pensa Ylva Johansson, gentile signora svedese che dal dicembre del 2019 è la commissaria europea per gli Affari interni. La quale, interpellata ieri a proposito della questione dei migranti e della loro redistribuzione all'interno dell'Unione, ha spiegato per l'appunto che «serve una solidarietà obbligatoria» su cui, a suo dire, quasi tutti gli Stati membri sarebbero d'accordo. Bene. A dar retta alla rappresentante Ue, finalmente avremmo trovato la quadra, per dirla con Umberto Bossi, del problema. Peccato che, dopo aver annunciato con tono carico di entusiasmo la parolina magica che evoca una solidarietà che si può imporre, da politica di lungo corso (nel suo Paese è stata più volte ministro) ha poi aggiunto che si deve ancora stabilire «che cosa debba includere questa solidarietà obbligatoria». Tradotto dal linguaggio vellutato con cui a Bruxelles e dintorni foderano le decisioni, sono tutti d'accordo sul fatto che serva un «nuovo patto per le migrazioni e l'asilo» e tutti assentono quando si parla della necessità di un'intesa comune sulla questione, ma poi sono tutti in disaccordo se si tratta di prendere una decisione. In pratica, dietro le belle parole non c'è nulla.Del resto, quanto a dichiarazioni di principio, l'Europa non è seconda a nessuno. È almeno da un decennio che in materia di immigrazione la Ue annuncia posizioni in linea con i principi dell'accoglienza e della tutela dei diritti umani. Ma poi, alla prova dei fatti, i comportamenti dei singoli Stati vanno esattamente nella direzione opposta. Tutti uniti a parole per aprire le porte ai profughi, ma al momento giusto ognuno fa per sé. I francesi, appena beccano un migrante che cerca di varcare i loro confini, lo rispediscono subito in Italia e i tedeschi, che da sempre hanno il braccino corto perché ritengono di essere loro a mantenere l'Europa, organizzano voli charter per rispedire da noi tutti i clandestini che rintracciano in casa loro. Insomma, la solidarietà, volontaria o obbligatoria, non va oltre le parole. E infatti, fino a ieri i vari accordi sottoscritti si sono rivelati carta straccia. A trovare una soluzione ci provò Matteo Renzi quand'era a Palazzo Chigi, e alla fine di una serie di contatti diplomatici, si presentò trionfante davanti alle telecamere per spiegare che l'Europa ci avrebbe dato una mano. Come sia finita è noto, tanto è vero che alla fine il Bullo fu costretto a dire: «Facciamo da soli». La pantomima si è ripetuta col governo giallorosso, cioè appena messo all'angolo Matteo Salvini. Giuseppe Conte si pavoneggiò con l'accordo di Malta, comunicando agli italiani che un gruppo di Paesi, tra i quali Francia, Germania, Portogallo e la stessa Malta, si sarebbero spartiti con noi i migranti. Risultato, gli sbarcati, invece di essere smistati sono rimasti tutti a carico nostro, come prima e più di prima.Così, eccoci arrivati a ieri, con il numero degli arrivi in aumento e la probabilità che in estate vada anche peggio. Che si fa, si devono essersi chiesti al ministero dell'Interno. «Torniamo all'accordo di Malta», è stata la risposta. Dunque, eccoci qua, a ridiscutere di piani comuni per l'intera Europa e di quella che la commissaria Johansson ha chiamato solidarietà obbligatoria, un ossimoro tipo generosità imposta o beneficenza tassativa. La verità è che non c'è alcuna soluzione, ma solo una montagna di chiacchiere che serve a mascherare il fatto che sui migranti non c'è alcun accordo. Infatti, con il sano realismo che lo contraddistingue, Mario Draghi, dopo aver incontrato Emmanuel Macron, ha rilasciato alcune dichiarazioni che non mi pare lascino spazio a dubbi. La prima è che serve una Ue incisiva in Africa, frase senza dubbio diplomatica per dire che siamo alle buone intenzioni. All'osso, si può tradurre con un «aiutiamoli a casa loro», più o meno ciò che sostiene ogni persona di buon senso. Più significative ancora sono le parole che sono seguite: «Fino al prossimo consiglio Ue continueremo ad affrontare da soli questo problema. Poi sta al Consiglio europeo trovare una soluzione efficace e solidale». In pratica: ci siamo visti, abbiamo parlato, ma non abbiamo concluso niente. Tutto è rinviato alla prossima riunione, con all'ordine del giorno la solidarietà obbligatoria. Un po' come quando, ai tempi di Aldo Moro, si parlava di convergenze parallele. E il conte Mascetti parlava della supercazzola con scappellamento a destra.
L'ex procuratore di Pavia Mario Venditti (Ansa)
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