2022-02-16
La guerra degli Italiani in Ucraina
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Ucraina, estate 1941. Colonna autotrasportata italiana (Getty Images)
Nell'estate del 1941 il Corpo di Spedizione Italiano in Russia occupò parte dell'Ucraina, compresa la regione industrializzata del Donbass in un'avanzata rapida che inizialmente fece pensare alla vittoria, che meno di due anni dopo mutò nella tragica ritirata.L’Ucraina fu il primo teatro di guerra dei soldati italiani del Csir (Corpo di Spedizione Italiano in Russia) nell’estate del 1941 nell’ambito dell’operazione «Barbarossa», l’attacco tedesco all’Unione Sovietica. Il contingente italiano, costituito nel luglio di quell’anno, fu voluto da Mussolini per controbilanciare la situazione dopo le difficoltà nei Balcani e in Africa settentrionale nei confronti dell’alleato germanico. Nonostante la situazione precaria del Regio Esercito su tutti i fronti di guerra, la volontà del Duce fu fatta e con enormi sforzi logistici ed economici il Corpo di spedizione prese forma in configurazione di fanteria autotrasportabile, costituita dalle divisioni «Pasubio», «Torino», «Principe Amedeo di Aosta» e dalla LXIII Legione d’assalto CCNN (camicie nere) «Tagliamento», oltre ad un reparto di Artiglieria di Corpo d’Armata. Alla sua costituzione, il totale delle truppe di terra fu di 61mila uomini, ai quali si aggiungevano i reparti della Regia Aeronautica, il 22° Gruppo Caccia e il 61° Gruppo Ricognizione. Inizialmente il contingente avrebbe dovuto essere comandato dal generale Francesco Zingales, già comandante sul fronte greco-albanese ma durante il trasferimento fu colto da malattia e sostituito durante una sosta a Vienna. Fu sostituito dal generale Giovanni Messe, un militare di indubbio valore il quale si era reso conto sin da subito del pericolo che l’inadeguatezza degli equipaggiamenti italiani avrebbe potuto rappresentare nel clima proibitivo del fronte orientale, risultando così poco gradito a Mussolini. Proprio la conformazione del terreno nelle vaste aree pianeggianti dell’Ucraina fu uno dei maggiori ostacoli all’avanzamento degli uomini del Csir. Le lunghissime distanze venivano percorse in lunghe marce in quanto i mezzi a disposizione del Regio Esercito non erano sufficienti al trasporto simultaneo di oltre 60mila uomini in armi. Pur nella stagione più favorevole, la terra intervallata da basse colline in direzione del fiume Dnjestr era spesso battuta da piogge che rendevano il terreno un pantano dove uomini, mezzi e animali affondavano rallentando inevitabilmente il passo. La prima delle divisioni italiane ad essere impiegata fu la «Pasubio», che ebbe il battesimo del fuoco inquadrata con la XI divisione della Wehrmacht nella cosiddetta battaglia dei «due fiumi» (Dnjestr e Bug) tra il 7 e il 12 agosto 1941. L’esito della prima mossa in Ucraina da parte degli uomini del generale Messe fu brillante. Gli italiani concorsero all’accerchiamento dell’Armata Rossa. Dalla testa di ponte sulle rive del Bug gli Italiani inseguirono i Russi in ritirata facendo migliaia di prigionieri e recuperando armamenti quale preda bellica. L’azione della «Pasubio» fu particolarmente elogiata anche in occasione della manovra nella zona di Petrikowka (27-30 settembre 1941), che realizzò l’obiettivo della manovra «a tenaglia» contro le forze sovietiche, cui concorse anche la divisione «Torino». L’operazione di accerchiamento permise la cattura di circa 10mila prigionieri al prezzo di 87 morti e 190 feriti tra gli Italiani. Il 19 settembre 1941 Kiev cadeva in mano tedesca. La blitzkrieg sembrava a portata di mano.Gli Italiani nel DonbassSuperato con azione relativamente rapida il grande fiume Dnjestr, le divisioni italiane furono chiamate all’avanzata attraverso l’Ucraina orientale e il Mar d’Azov, dove al confine attuale con la Russia si trovava la regione industriale e strategica del Donbass, il cui principale centro urbano era la città di Donetsk (allora chiamata Stalino). Le divisioni protagoniste di questa seconda fase della guerra degli Italiani in Ucraina vide protagonista la divisione «Amedeo d’Aosta» nota anche come «Celere», per la migliore capacità di movimento dei reparti di Cavalleria a quest’ultima aggregati, compreso un contingente di Bersaglieri che con le sue pattuglie rapide e leggere fu decisivo per la presa di Stalino raggiunta in concorso con gli alpini tedeschi del generale Kugler. Dalla conquista del Donbass ricco di giacimenti minerari e terminale dell’oleodotto del Caucaso iniziò una fase di rallentamento dell’avanzata preludio del terribile inverno del 1942. Durante la permanenza nel Donbass, le divisioni del Csir dovettero far fronte, oltre al rafforzamento delle difese e all’eccessiva estensione del fronte che lasciava scoperto lo schieramento in alcuni punti, anche all’azione dei partigiani russi organizzati meglio che nel resto dell’Ucraina in quanto nati nei soviet delle fabbriche della regione industriale. L’Ucraina fu anche il campo di battaglia del battaglione sciatori «Monte Cervino», il primo contingente di Alpini operante nel teatro russo prima della costituzione dell’Armir. Addestrato presso la Scuola Militare Alpina di Aosta, il battaglione di specialisti nel quale fu inquadrato anche Mario Rigoni Stern e comandato dal tenente colonnello Mario d’Adda. Era il febbraio del 1942 quando schierato con la «Pasubio» il battaglione di Alpini venne a contatto col nemico che durante i mesi più freddi era stato in grado di riorganizzarsi dopo la ritirata precipitosa dell’autunno precedente e a sferrare una pericolosa controffensiva alla fine di dicembre, nota come la «battaglia di Natale». Dopo un’azione brillante contro la zona di resistenza russa, gli Alpini caddero in un’imboscata tesa dai partigiani filosovietici durante una marcia di trasferimento resa difficilissima per il fango accumulatosi dopo il primo disgelo di marzo, dalla quale il «Monte Cervino» uscì solo in seguito ad una furente battaglia. L’avanzata in territorio ucraino nella regione del fiume Don proseguì fino all’estate 1942, con una serie di puntate offensive che suscitarono il rispetto dei sovietici, tanto che gli Alpini furono ribattezzati «i demoni bianchi» dai loro nemici. Il Csir, dopo la decisione di Mussolini di inviare un intero Corpo d’Armata in Russia (l’Armir), cessò di esistere nel luglio successivo e fu inglobato nel nuovo schieramento guidato dal generale Italo Gariboldi che proseguì oltre il confine dell’odierna Ucraina la sua avanzata, arrestatasi poi nell’inverno seguente e travolta dalla feroce controffensiva sovietica che porterà alla tragedia della ritirata italiana nel gennaio del 1943. Qualche mese dopo il rientro dei pochi superstiti in Italia, tutte le divisioni che furono parte del Corpo di Spedizione Italiano in Russia vennero disciolte in seguito all’armistizio.