- Si moltiplicano gli studi scientifici che smentiscono l'efficacia delle chiusure totali: fanno aumentare disturbi alimentari, dipendenze da alcol e droghe, disagio psichico, aggressività. Ecco quello che nessuno dice sull'isolamento
- La segretaria della Società di pediatria: «Giungono apatici e chiusi in sé stessi per l'incapacità di muoversi e comunicare»
Si moltiplicano gli studi scientifici che smentiscono l'efficacia delle chiusure totali: fanno aumentare disturbi alimentari, dipendenze da alcol e droghe, disagio psichico, aggressività. Ecco quello che nessuno dice sull'isolamentoLa segretaria della Società di pediatria: «Giungono apatici e chiusi in sé stessi per l'incapacità di muoversi e comunicare»Lo speciale contiene due articoliNon ha l'efficacia che ci si aspetterebbe e per di più rischia di essere dannoso. È la verità che pochissimi raccontano del lockdown e delle misure restrittive più rigide che dovrebbero essere l'arma numero uno contro il Covid. Ma come stanno davvero le cose? Siamo sicuri che restare segregati in casa per mesi dia una spallata al virus? E quale è il costo che dobbiamo pagare per imprigionarci? Gli effetti collaterali che si stanno manifestando dopo un anno di blocco della vita consueta valgono una battaglia dall'esito incerto?Le risposte a queste domande vengono da una serie di studi di scienziati da tutto il mondo che hanno esaminato a fondo le controindicazioni del lockdown. Un team di virologi finanziati dall'università californiana di Stanford ha approfondito il rapporto tra misure restrittive e diffusione del Covid. Dal confronto tra la situazione della pandemia in Svezia e Corea del Sud (due Paesi che non hanno adottato misure estreme) e altri otto Paesi europei tra cui l'Italia, è emerso che i divieti molto restrittivi non portano effetti significativi per il calo dei contagi. I casi sono diminuiti ma non in modo importante. Gli studiosi hanno rilevato che riduzioni simili nei contagi si possono ottenere con interventi meno restrittivi. Inoltre il lockdown ha avuto ovunque conseguenze rilevanti sulla popolazione: dal crollo delle cure di altre patologie, alla diffusione di forme di disagio psichico per la mancanza di socialità, depressione, fino all'incremento di casi di violenze domestiche.Un altro studio, pubblicato sull'autorevole rivista scientifica Lancet, arriva a conclusioni simili. Ricercatori dell'università scozzese di Edimburgo si sono chiesti quali fossero le misure più efficaci per ridurre l'indice Rt, quello che il ministero della Salute italiano utilizza per decidere l'entità delle restrizioni. Al primo posto ci sono gli eventi pubblici con più di 10 persone che, se vietati, ridurrebbero l'indice del 25%; poi la chiusura delle scuole (-15% con la didattica a distanza) mentre il lockdown estremo, con tutti a casa, ridurrebbe l'indice di contagio del 3% e la limitazione degli spostamenti del 7%. Sono percentuali minime.L'ateneo di Edimburgo ha pubblicato una ricerca condotta da Graeme Ackland, professore di simulazione al computer, che ha applicato gli algoritmi allo studio della pandemia. Lo scienziato ha esaminato la situazione nel Regno Unito e ha rilevato che le misure di contenimento hanno avuto un risultato nel breve periodo che si sarebbe potuto ottenere ugualmente con interventi più soft. Inoltre la popolazione, a causa delle restrizioni, è diventata più fragile e quindi più vulnerabile ad altre ondate del virus causate dalle varianti.Un lavoro interessante è per l'Italia quello dell'Ispi, l'Istituto per gli studi di politica internazionale. Ha misurato l'incidenza del blocco totale sulla diffusione del contagio usando lo Stringency index dell'università inglese di Oxford con scala da 0 a 100, che indica il massimo delle misure di contenimento. Nella prima ondata l'Italia ha il livello più alto (80) e conta 587 vittime per milione di abitanti. La Francia ha 74 con 469 decessi, la Spagna 68 con 645 morti, Regno Unito 60 con 609 vittime. Idem la Germania, che però ha solo 112 decessi. La Svezia ha il livello più basso (49) e 571 vittime. Nella seconda ondata, da ottobre 2020 al 10 febbraio 2021, l'Italia è sempre al primo posto (74) e la Svezia ultima (63) nonostante abbia applicato misure leggere.Il lockdown non sembra portare risultati decisivi nella lotta al Covid e comunque non proporzionati al sacrificio richiesto. Vanno aggiunti gli effetti collaterali della segregazione in casa, dell'assenza di socialità e di attività fisica. Ansia, depressione, aumento dell'aggressività sono le conseguenze più evidenti. Secondo il Royal College of psychiatrist di Londra, il Covid rappresenta la maggiore minaccia per la salute mentale dalla Seconda guerra mondiale. L'istituto ha rilevato un incremento dei disturbi alimentari. Se prima della pandemia riguardavano il 20% delle ricette mediche, oggi sono l'80%. Tra ottobre e dicembre 2020 è quadruplicato il numero di bambini e ragazzi inglesi in attesa di cure urgenti, rispetto allo stesso periodo del 2019.Il ministero della Salute ha rilevato un aumento dei ricoveri per anoressia addirittura tra gli under 10. Le cause indicate dai medici sono la solitudine, la paura, la depressione, la riduzione dell'attività fisica e il timore di ingrassare che sono stati amplificati dalle restrizioni. Questo fenomeno è apparso anche in Italia. Secondo i dati dell'ospedale Bambino Gesù di Roma, punto di riferimento per i disturbi alimentari dell'infanzia e dell'adolescenza, nel terzo e quarto trimestre del 2020 sono aumentate del 27% le richieste di aiuto per anoressia rispetto allo stesso periodo del 2019. C'è stato un incremento del 100% nell'età compresa tra 11 e 13 anni e del 62% tra 14 e 15 anni. Sempre più spesso il cattivo rapporto con il cibo comincia a manifestarsi a solo 10 anni. Anche se la patologia riguarda soprattutto le bambine, proprio il lockdown ha fatto aumentare il numero dei maschi con un'incidenza di 2 su 10. In crescita pure l'aggressività. L'osservatorio americano L1ght ha scoperto che già nei primi mesi della pandemia erano cresciute del 70% le manifestazioni verbali di odio riversate sul Web da bambini e adolescenti.Un altro fenomeno legato al lockdown è l'aumento del consumo di sostanze che creano dipendenza. Alcolisti anonimi, citando dati dell'Istituto superiore di sanità, riporta che durante la chiusura in casa la vendita di alcolici online ha subito un'impennata del 180% con punte del 250%. La media del Nord Italia - che è stato oggetto per primo delle misure restrittive - è +186%. Le associazioni di aiuto dicono che i giovani chiusi in casa acquistano sul Web senza alcun imbarazzo anche super alcolici e gli operatori del commercio online sono certi che il fenomeno continuerà anche al termine delle restrizioni.In aumento, come indicato da diversi istituti di ricerca tra cui l'Ipsos, l'uso di cannabis (8%) e altre droghe (3%), spesso acquistati nel «dark Web». Sono emersi due tipi estremi di reazioni emotive e comportamentali alla pandemia. Ci sono persone che hanno reagito con elevati livelli di ansia o angoscia, e altre con comportamenti di disinteresse e negazionismo. Entrambe queste reazioni sono accompagnate da un aumento del consumo di alcol e droghe.La pandemia ha anche esasperato alcune abitudini legate all'igiene personale e all'uso di prodotti disinfettanti. Uno studio del professore di immunologia virale Byram W. Bridle, dell'università di Guelph in Canada, indica le conseguenze di vivere a lungo in un ambiente chiuso ed eccessivamente sanificato. Lo studioso sostiene che l'aria filtrata dalle mascherine e l'uso eccessivo di prodotti disinfettanti per le mani rischiano, alla lunga, di compromettere lo sviluppo immunologico, contribuendo anche all'aumento di allergie nei più giovani. «Le interazioni con l'ambiente, nella fase di crescita di un individuo, sono essenziali per il sistema immunitario, per imparare a distinguere tra microbi sicuri e pericolosi», scrive lo studioso. «I dati dimostrano che il Covid non rappresenta per i bambini un pericolo maggiore di quello di una influenza stagionale, eppure le loro interazioni sociali sono state fortemente limitate, a cominciare dalla chiusura delle scuole. A questo si aggiunge che sono sottoposti a una comunicazione martellante sull'igiene, costretti a un uso frequente di disinfettanti. È giusto praticare un'igiene adeguata per prevenire le malattie infettive, ma non deve diventare un'ossessione per consentire comunque al nostro sistema immunitario di interagire con microbi sicuri ed essenziali», aggiunge Bridle. La chiusura in casa per oltre un anno rischia di «compromettere lo sviluppo immunologico dei più giovani. A fine pandemia potremmo assistere a un aumento di allergie, asma e malattie autoimmuni».
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