
Il Rottamatore corre in soccorso della fondazione citando l'articolo 3 dello statuto, che indica come scopo l'attività politica. Peccato che quello che conta non è l'obiettivo teorico, ma i modi con cui sarebbe stato perseguito. Questi enti si muovono in zone grigie.La bufera giudiziaria sulla cassaforte renziana Open non si placa. La fondazione che dal 2012 al 2018 ha organizzato le Leopolde secondo la Procura di Firenze avrebbe agito da «articolazione» di partito politico, in particolare in occasione delle primarie del 2012, attraverso il Comitato per Matteo Renzi. L'ente avrebbe anche rimborsato spese a parlamentari e «messo a loro disposizione carte di credito e bancomat». A dirlo è il decreto di perquisizione del pm nei confronti di Alberto Bianchi, ex presidente di Open attualmente indagato, che accende i riflettori sugli rapporti tra la fondazione e i suoi finanziatori. Ma vediamo il perimetro giuridico in cui questi enti si muovono, e dove potrebbero risiedere gli illeciti ipotizzati in relazione al combinato disposto del finanziamento ai partiti e della nuova legge Spazzacorrotti.Partiamo dalle fondazioni. Si tratta di enti dotati di personalità giuridica privata regolati dal codice civile (salvo casi speciali), e basati su un patrimonio finalizzato a un preciso scopo, che deve essere non solo lecito, ma di utilità sociale, e deve risultare dall'atto costitutivo o dallo statuto. Esse sono costituite per atto pubblico e il registro è curato dalla prefettura, che verifica che siano state soddisfatte le condizioni di legge o il regolamento per la loro costituzione, che lo scopo sia possibile e lecito e che il patrimonio risulti adeguato alla sua realizzazione. Per quel che riguarda il finanziamento ai partititi, era stato il governo Letta a rimodulare quello pubblico con il dl 47/2013 (convertito dalla legge 13/2014). La normativa ha cancellato gradualmente anche il pagamento dei rimborsi elettorali, proseguito solo fino al 2016, però rimangono ancora forme di finanziamento indiretto, ad esempio attraverso i gruppi parlamentari, che ricevono contributi per le loro attività istituzionali. Da dove vengono i fondi? Dal bilancio di Camera e Senato, cofinanziati con soldi pubblici (nel 2019 la Camera darà ai gruppi parlamentari circa 31 milioni di euro e il Senato circa 22 milioni). I partiti poi possono contare anche sul 2 per mille, la quota Irpef che i contribuenti decidono di destinare con la dichiarazione dei redditi. Infine ci sono le «erogazioni liberali», cioè le donazioni private, che però non devono mai superare i 100.000 euro. Chiariamo anche che la legge non vieta di finanziare un parlamentare, ma se a farlo è una società, anche a titolo di prestito (si veda il caso della villa di Renzi se il prestito di Anna Picchioni, madre dei fratelli Maestrelli, fosse collegato ad esempio alla holding dei figli), la cifra deve essere deliberata dal consiglio di amministrazione e iscritta a bilancio. Motivo? Il diritto degli elettori di sapere chi sostiene i politici e con quanti soldi. Ed è proprio il tema della trasparenza a essere stato opposto da Matteo Renzi a chi lo accusa che si sia fatto schermo di Open per finanziare il Pd e la sua azione politica.Lo «scudo», secondo Renzi, sarebbe l'articolo 3 dell'allora statuto, che specificava gli obiettivi dell'ente, tra cui «promuovere, nella cultura politica e nell'attività politica italiana, un ricambio generazionale e novità di idee» e «promuovere, supportare ed elaborare ricerche, analisi, studi e proposte di natura normativa, amministrativa, istituzionale, organizzativa volte a rinnovare la società italiana, in particolare nei settori dell'economia, dell'attività amministrativa, della rappresentanza, della ricerca e dell'innovazione, dell'educazione scolastica e universitaria, della giustizia». E altri obiettivi parecchio generici, che poco dicono di quelli che effettivamente erano gli atti concreti della fondazione. Come ribadito da Luciano Violante sulla Stampa, in pratica il taglio ai fondi pubblici destinati ai partiti ha creato la nascita di fondazioni collegate appunto a politici o partiti, che muovendosi nella zona di «grigio normativo» che esse permettono, maneggiano la delicata materia del finanziamento della macchina politica e dei suoi organismi, con il rischio di cadere - non con le intenzioni fissate in statuto, ma con gli atti - nel traffico di influenze o in altre fattispecie di illeciti. Inoltre ora si è aggiunta la legge Spazzacorrotti, che ha equiparato le fondazioni legate a forze politiche ai partiti, quindi il quadro normativo è ancora più complesso.Ne abbiamo parlato con il professore di diritto amministrativo Fabio G. Angelini che ha ricordato l'urgenza di attuare «l'articolo 49 della Costituzione» per «disciplinare in modo rigoroso i partiti e tutta quella galassia di soggetti di cui la politica ha bisogno».
Il toro iconico di Wall Street a New York (iStock)
Democratici spaccati sul via libera alla ripresa delle attività Usa. E i mercati ringraziano. In evidenza Piazza Affari: + 2,28%.
Il più lungo shutdown della storia americana - oltre 40 giorni - si sta avviando a conclusione. O almeno così sembra. Domenica sera, il Senato statunitense ha approvato, con 60 voti a favore e 40 contrari, una mozione procedurale volta a spianare la strada a un accordo di compromesso che, se confermato, dovrebbe prorogare il finanziamento delle agenzie governative fino al 30 gennaio. A schierarsi con i repubblicani sono stati sette senatori dem e un indipendente affiliato all’Asinello. In base all’intesa, verranno riattivati vari programmi sociali (tra cui l’assistenza alimentare per le persone a basso reddito), saranno bloccati i licenziamenti del personale federale e saranno garantiti gli arretrati ai dipendenti che erano stati lasciati a casa a causa del congelamento delle agenzie governative. Resta tuttavia sul tavolo il nodo dei sussidi previsti ai sensi dell’Obamacare. L’accordo prevede infatti che se ne discuterà a dicembre, ma non garantisce che la loro estensione sarà approvata: un’estensione che, ricordiamolo, era considerata un punto cruciale per gran parte del Partito democratico.
2025-11-10
Indivia belga, l’insalata ideale nei mesi freddi per integrare acqua e fibre e combattere lo stress
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In autunno e in inverno siamo portati (sbagliando) a bere di meno: questa verdura è ottima per idratarsi. E per chi ha l’intestino un po’ pigro è un toccasana.
Si chiama indivia belga, ma ormai potremmo conferirle la cittadinanza italiana onoraria visto che è una delle insalate immancabili nel banco del fresco del supermercato e presente 365 giorni su 365, essendo una verdura a foglie di stagione tutto l’anno. Il nome non è un non senso: è stata coltivata e commercializzata per la prima volta in Belgio, nel XIX secolo, partendo dalla cicoria di Magdeburgo. Per questo motivo è anche chiamata lattuga belga, radicchio belga oppure cicoria di Bruxelles, essendo Bruxelles in Belgio, oltre che cicoria witloof: witloof in fiammingo significa foglia bianca e tale specificazione fa riferimento al colore estremamente chiaro delle sue foglie, un giallino così delicato da sfociare nel bianco, dovuto a un procedimento che si chiama forzatura. Cos’è questa forzatura?
Zohran Mamdani (Ansa)
Nella religione musulmana, la «taqiyya» è una menzogna rivolta agli infedeli per conquistare il potere. Il neosindaco di New York ne ha fatto buon uso, associandosi al mondo Lgbt che, pur incompatibile col suo credo, mina dall’interno la società occidentale.
Le «promesse da marinaio» sono impegni che non vengono mantenuti. Il detto nasce dalle numerose promesse fatte da marinai ad altrettanto numerose donne: «Sì, certo, sei l’unica donna della mia vita; Sì, certo, ti sposo», salvo poi salire su una nave e sparire all’orizzonte. Ma anche promesse di infiniti Rosari, voti di castità, almeno di non bestemmiare, perlomeno non troppo, fatte durante uragani, tempeste e fortunali in cambio della salvezza, per essere subito dimenticate appena il mare si cheta. Anche le promesse elettorali fanno parte di questa categoria, per esempio le promesse con cui si diventa sindaco.
Ecco #DimmiLaVerità del 10 novembre 2025. Il deputato di Sud chiama Nord Francesco Gallo ci parla del progetto del Ponte sullo Stretto e di elezioni regionali.






