Wind e Tre sono diventate un unico marchio e adesso rappresentano la più grande rete d'Italia. Un investimento di 6 miliardi di euro in un quinquennio, per un progetto che guarda al 5G come cosa già fatta. Ad annunciare la nascita del brand, battezzato W3, ci ha pensato ieri nella sede di Roma l'amministratore delegato, Jeffrey Hedberg. «In questo periodo di grandi incertezze», ha spiegato il manager americano, «abbiamo, come team, un ruolo cruciale nel mettere a disposizione dei nostri clienti una connettività di alta qualità, oggi come nello sviluppo futuro del Paese». Il riferimento, come intuibile, va all'epidemia di coronavirus. «Sentiamo un grande senso di responsabilità, in questo momento è importante che gli italiani abbiano delle grandi rete di telecomunicazioni, per poter essere informati in tempo reale ed essere in contatto con le autorità e tra di loro», ha sottolineato il direttore commerciale, Gianluca Corti, spiegando come l'azienda, nelle zone rosse, abbia fornito giga gratis alla cittadinanza.
Tornando al lancio del brand unico, ci saranno cambiamenti anche nel retail: già a partire dalla prossima settimana in tutt'Italia apriranno i nuovi negozi per servire i circa 30 milioni di clienti. Con 20.000 siti di trasmissione la rete Wind3 si definisce il network mobile più grande dello Stivale, sia come traffico gestito sia come capacità di accesso. Cosa che consentirà di implementare rapidamente lo standard di rete di quinta generazione. «Per portare avanti con successo i processi innovativi», ragiona Hedberg, «è fondamentale l'avvio di accordi virtuosi tra le aziende, con le istituzioni, con le università e i centri di ricerca, come abbiamo fatto con le sperimentazioni a L'Aquila e a Prato». Ma per affrontare le sfide tecnologiche del 5G, «dobbiamo lavorare tutti collettivamente, per definire gli aspetti del nuovo ecosistema». Se fossero solo le aziende a farlo, «sarebbe davvero complesso». Devono essere le imprese, le istituzioni, le università a sviluppare le competenze adatte per affrontare queste nuove sfide tecnologiche del futuro.
«Dobbiamo lavorare anche insieme ai sindacati, per adeguare le competenze delle persone, e prepararle a questo grande cambiamento», in quanto «il 5G è un importante abilitatore di sviluppo per questo Paese. E noi vogliamo avere un ruolo cruciale in questo processo», ha chiosato.
Chiaramente il business continuerà a essere focalizzato sulle tecnologie 3G e 4G, che forniscono tutti i servizi voce e dati ai clienti, ma la rete verrà modernizzata permetteremo loro di avere un servizio di elevata qualità.
Se si guarda al rapporto Ericsson, ci sono dei dati estremamente interessanti: nel 2025 ci saranno 2,6 miliardi di smartphone nel mondo in 5G e il 65% della popolazione mondiale sarà coperta da questa nuova infrastruttura. C'è quindi una grande opportunità di crescita che W3 comincerà a cavalcare partendo dai clienti business nei settori salute, istruzione, sicurezza e agricoltura. Questa operazione è stata avviata diversi anni fa, difatti la fusione tra le due compagnie diventò operativa a inizio gennaio del 2017 dopo una lunga gestazione. Era la fine del 2014 quando cominciarono a circolare le prime voci, ma solo a maggio del 2015 venne ufficializzato l'accordo. Oggi azionista unico dell'azienda è il gruppo Ck Hutchison holdings limited.
Ormai la parola che meglio si associa a prescrizione è mediazione. Perché alla vigilia del vertice tenutosi ieri sera a Palazzo Chigi dopo il Cdm, i 5 stelle con il ministro Alfonso Bonafede, Pd e Leu avevano manifestato l'intenzione di voler far convergere le loro posizioni su un perimetro comune. Peccato che un attimo dopo sia arrivato l'altolà di Italia Viva, che punta invece al rinvio della riforma contestata. Quest'ultima, ricordiamo, è entrata in vigore lo scorso primo gennaio fermando il timer della prescrizione dopo la sentenza di primo grado. La sintesi possibile resta quindi il cosiddetto «lodo Conte bis», secondo cui l'istituto che concerne gli effetti giuridici del trascorre del tempo nei processi penali verrebbe bloccato non dopo il primo, ma dopo due gradi di giudizio. La proposta porta la firma di Federico Conte di Leu ed è già stata depositata in commissione Giustizia, abbinata alla proposta di legge Costa (di Forza Italia). «Si tratta di un proposta molto più avanzata, ora aspettiamo Italia viva», hanno fatto notare una fonti dem. «Francamente, sarebbe difficile non accettarla, si assumerebbero una grande responsabilità...», l'avvertimento ai renziani, che però restano perplessi, anche se, è il ragionamento delle fonti, non ci sarebbe l'intenzione di far cadere il governo sulla prescrizione, ma nemmeno di accettare mediazioni non considerate plausibili.
Il partito di Matteo Renzi continua a sentirsi non tenuto abbastanza in considerazione all'interno della maggioranza e questo non fa che inasprire i toni della discussione sul delicato dossier. Ieri sera la riunione ha preso avvio attorno alle otto e mezza. Presenti, oltre al premier Giuseppe Conte e al ministro della Giustizia, il sottosegretario Vittorio Ferraresi per il M5s, per il Pd il ministro Dario Franceschini, Walter Verini, Michele Bordo, Andrea Giorgis, Alfredo Bazoli, mentre per Iv la delegazione era composta da Maria Elena Boschi, Lucia Annibali e Giuseppe Cucca. Infine per Leu, presenti il già citato Conte e Pietro Grasso. Bonafede già dalla mattina aveva messo le mani avanti ribadendo la sua posizione granitica: «Nessun rinvio, nemmeno di sei mesi appena», ma Giuseppe Conte in nottata ha provato a infrangere il muro contro muro tra M5s e Iv, richiamando all'ordine i partiti e invitandoli a fare il passo che consenta di siglare un'intesa. Non solo per mandare avanti la riforma del processo penale, ma prima di tutto per sbloccare l'intera agenda di governo, sotto scacco dello scontro sulla giustizia.
Se i partiti andranno avanti senza Iv, si rischia lo scontro in Aula al Senato, «dove Bonafede anche con il Pd non ha i numeri: dovrà cedere», hanno avvertito i renziani. Se non ci sarà intesa, hanno replicato fonti 5 stelle, il ministro andrà alla sfida in Aula. Ogni giorno, quindi, l'asticella della tensione tra i giallorossi si alza di una spanna. Dalle parole di Nicola Zingaretti è trapelato quanto il suo partito sia spazientito per l'atteggiamento degli altri azionisti di governo. Il segretario dem definisce un «errore» l'appello di Luigi Di Maio ai 5 stelle a scendere in piazza contro i vitalizi e in difesa della riforma Bonafede sulla prescrizione. Il M5s deve «chiarire» cosa «vuole fare
rispetto al governo», ha detto. Il Pd chiede a Conte di dare una spinta ai grillini affinché sia finalmente possibile un cambio di passo. Per sciogliere il nodo prescrizione, dunque, Conte punterebbe sulla riforma complessiva del processo penale, che mira a tagliare i tempi dei processi e quindi «sterilizzare» la prescrizione. Il suo tentativo ultimo è di convincere Iv a ritirare l'emendamento al decreto Milleproroghe per rinviare la riforma Bonafede. Ma gli alleati potrebbero decidere di andare avanti anche senza i renziani, tacciandoli di un atteggiamento irresponsabile e di una posizione presa solo per avere visibilità e guadagnare voti.
A quel punto, però, si rinvierebbe tutto alla battaglia parlamentare. Italia viva ha infine fatto sapere, sapendo di non avere i voti per farla passare, che voterà l'emendamento Annibali per rinviare di un anno la riforma Bonafede e poi in Aula, il 24 febbraio, la proposta di legge di Costa per cancellare la legge del ministro 5 stelle. Se anche in questo caso fosse battuto, Renzi presenterebbe la stessa proposta in Senato: «Lì Bonafede non ha i numeri anche col sostengo del Pd, se non lo convincerà la politica, ci penserà la matematica», ha graffiato il suo partito. Ma il ministro sembra pronto ad andare alla sfida, il governo potrebbe tirarsi fuori e lasciare ogni decisione al Parlamento. Le conseguenze sulla tenuta della maggioranza, a quel punto, sarebbero del tutto imprevedibili.





