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2021-04-16
Tutti gli effetti avversi dei vaccini in tre mesi
Nella giornata di ieri, l'Agenzia italiana del farmaco ha pubblico il terzo Rapporto di farmacovigilanza sui vaccini Covid-19. Una trentina di pagine che analizzano nel dettaglio le reazioni avverse segnalate a seguito della somministrazione dei tre farmaci attualmente utilizzati in Italia - Comirnaty (Pfizer-Biontech), Vaxzevria (Astrazeneca) e Moderna - dall'inizio della campagna vaccinale fino al 26 marzo 2021. Complessivamente, le segnalazioni registrate nella Rete nazionale di farmacovigilanza nel periodo preso in esame sono state 46.237, su un totale di 9.068.349 dosi somministrate, facendo registrare dunque un tasso pari a 510 segnalazioni ogni 100.000 dosi somministrate (tradotto in percentuale parliamo dello 0,51%). Otto segnalazioni su dieci (81%) hanno riguardato il vaccino Pfizer-Biontech, il 17% quello Astrazeneca e appena il 2% quello Moderna. Un dato già di per sé significativo, in quanto indica come, in generale, il Comirnaty risulti più reattogenico (535 segnalazioni ogni 100.000) rispetto al Vaxzevria (477 ogni 100.000) e al Moderna (227 ogni 100.000). A ogni modo, l'Aifa sottolinea come «il tasso di segnalazione del vaccino Vaxzevria è aumentato rispetto al mese precedente, avvicinandosi a quello di Comirnaty, in funzione dell'uso maggiore nella campagna vaccinale». Sempre parlando di dati aggregati, il 92,7% delle reazioni segnalate riguarda eventi non gravi, che si risolvono completamente, come dolore in sede di iniezione, febbre, astenia e stanchezza e dolori muscolari. Piccoli fastidi, insomma, che insorgono perlopiù lo stesso giorno della vaccinazione e spariscono nel giro di 24-48 ore.
Non vanno trascurati, tuttavia, i casi più gravi, che rappresentano il 7,1% del totale, con un tasso di 36 eventi ogni 100.000 dosi somministrate. Circa la metà vengono riportati già con esito «risoluzione completa», e circa un quarto «in miglioramento», anche se non mancano gli eventi ancora in attesa di guarigione oppure di risoluzione con postumi. Sono stati segnalati, poi, 100 casi con esito fatale: il 53% riguarda donne e l'età media è pari a 81,4 anni (l'80% riguarda over 75). L'Aifa precisa che «sia la valutazione della causa di morte che l'attribuzione del nesso di causalità risultano complesse», e condizionate dalla presenza di «patologie intercorrenti o pregresse» e «fragilità cliniche». Tuttavia, al netto dei doverosi caveat, va segnalato che la percentuale maggiore di decessi riguarda il vaccino Moderna (12 casi pari a 2,8 su 100.000 dosi), seguito dal Pfizer-Biontech (76 casi, con un tasso di 1,1 su 100.000 dosi) e, ultimo, Astrazeneca (12 decessi pari a 0,7 su 100.000 dosi). Un altro dato che stride con l'allarmismo intorno al vaccino britannico-svedese, finito ormai da più di un mese nella bufera per noti problemi a carico del sistema vascolare.
E proprio all'argomento il rapporto Aifa dedica un paragrafo a parte, nel quale descrive con dovizia di particolari il contorto balletto di valutazioni, pareri e raccomandazioni al quale abbiamo assistito in queste ultime settimane. Prima il sequestro dei lotti incriminati e conseguente sospensione delle somministrazioni; poi la prima valutazione del Comitato per la valutazione del rischio in farmacovigilanza (Prac), conclusasi il 19 marzo, la quale ha stabilito che «i benefici del vaccino nel prevenire la malattia da Covid-19 (che a sua volta provoca problemi di coagulazione) continuavano a superare i rischi», e che «il vaccino non aumentava il rischio complessivo di eventi tromboemolici e non emergono problematiche relative a lotti specifici o a particolari siti di produzione»; infine, la nuova revisione del Prac terminata l'8 aprile nella quale l'Ema, pur confermando che i benefici superano ancora i rischi, ha disposto che gli eventi trombotici venosi associati a bassi livelli di piastrine debbano essere elencati come effetti indesiderati molto rari del vaccino Astrazeneca. Un tira e molla al termine del quale il ministero della Salute ha stabilito di raccomandare la somministrazione del vaccino Vaxzevria ai soggetti over 60, gettando nel caos la già di per sé difficoltosa campagna vaccinale.
Sul tema Astrazeneca è intervenuto ieri anche il ministro Roberto Speranza nel corso della sua informativa al Parlamento. Dopo averlo definito un vaccino «sicuro ed efficace», che «salva le vite», Speranza ha snocciolato le cifre della farmacovigilanza europea: «Su 32 milioni di vaccinazioni e 222 segnalazioni, sono stati registrati 86 eventi avversi e, di questi, 18 sono risultati fatali». Tanti o pochi, il numero uno di Lungotevere Ripa non si pronuncia, limitandosi a osservare che si tratta di un «fenomeno, per quanto doloroso poiché ogni vita spezzata è una perdita grave, numericamente molto ridotto». Parole forse sensate ma ormai tardive, che arrivano quando i buoi sono già scappati dalla stalla e la campagna vaccinale rischia di essere irrimediabilmente compromessa.
Lo Stato dubita dei rimedi che impone. L'obbligo di profilassi è schizofrenico
Abbiamo capito che un futuro ce l'avranno solo i vaccini a «Rna messaggero». L'ha detto la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, ma ci eravamo già accorti che farmaci a vettore virale come Astrazeneca e Johnson & Johnson avranno mesi contati tra blocchi, raccomandazioni e sospensioni precauzionali che ne stanno minando la sicurezza prima ancora che la somministrazione. Sul vaccino monodose statunitense dovremo aspettare le decisioni di Fda ed Ema, per sapere se sarà davvero per tutti gli over 18 -come stabilì l'Agenzia europea del farmaco appena un mese fa- o se in base alle nuove valutazioni dell'Agenzia regolatrice americana anche J&J finirà solo alle persone con più di 60 anni.
Nel frattempo piovono rassicurazioni dal ministro della Salute, Roberto Speranza, che non è medico né scienziato eppure conferma: «È un vaccino importante», e dalla platea di virologi che intonano: «Eventi rarissimi», i sei casi di trombosi verificatosi in giovani donne statunitensi. Occorre controllare, fare chiarezza, concordano gli esperti che però non hanno dati di farmacovigilanza da verificare visto che nella Ue non è stata inoculata una sola dose di J&J. E Astrazeneca? «Efficace e sicuro», dichiara Speranza, secondo il quale gli eventi avversi sono «un fenomeno molto ridotto che non va sottovalutato, mantenendo alta la vigilanza». Ecco, appunto, l'attenzione va tenuta alta ma intanto il farmaco anglosvedese continua ad essere somministrato al personale sanitario over 60. Ovvero a tutti i medici, infermieri, farmacisti, dipendenti delle Rsa che in base al decreto legge dello scorso 1° aprile sono obbligati a vaccinarsi contro il Covid, pena il demansionamento o la messa in aspettativa senza stipendio.
Quindi mentre l'Unione europea, e l'Italia a strascico, guardano ad altri farmaci e dal prossimo anno non rinnoveranno i contratti con Astrazeneca e Johnson & Johnson, il personale sociosanitario deve farsi iniettare l'anglosvedese Vaxzevria, dopo aver perso il diritto all'autodeterminazione in tema di salute. Un farmaco che in Italia, nel giro di due mesi, è stato sconsigliato agli over 55, poi agli over 60, quindi sono arrivati il via libera per tutte le fasce d'età, il divieto per tutti, mentre adesso l'«uso preferenziale» è per soggetti di età superiore ai 60 anni. Medici e infermieri non possono avere dubbi su Astrazeneca, loro devono vaccinarsi «al fine di tutelare la salute pubblica», benché non si abbiano certezze che i vaccini proteggano dal contagio e impediscano la trasmissione dell'infezione. Lo deve fare l'intera categoria, indipendentemente dall'età e dall'essere quindi più o meno suscettibili ad ammalarsi in forma grave di Covid, e nonostante la durata della protezione dal virus sia ancora ignota.
Infatti, nel quarto rapporto Covid dell'Istituto superiore della sanità e del Controllo delle infezioni, datato 13 marzo, alla voce vaccinazione si legge ancora una volta: «Per nessuno dei vaccini in utilizzo è nota al momento la durata della protezione ottenuta con la vaccinazione». L'Iss avverte: «Seppur diminuito, non è possibile al momento escludere un rischio di contagio anche in coloro che sono stati vaccinati». Informazioni che non compaiono nell'allegato al consenso informato che il cittadino deve firmare, dove ci si limita a dire che «la durata della protezione offerta dal vaccino non è nota», e che i soggetti «potrebbero non essere completamente protetti», da sette fino a quindici giorni (a seconda del vaccino) dopo la somministrazione della seconda dose. Ben diverso da quanto sottolinea l'Iss. Il rapporto sul Covid-19 ricorda, dunque, che la vaccinazione con Astrazeneca, Moderna e Pfizer «potrebbe non proteggere tutti i soggetti vaccinati». Aggiunge: «I lavoratori/operatori sanitari nonostante siano stati sottoposti a vaccinazione devono essere considerati potenzialmente in grado di infettarsi con Sars-Cov-2 e di trasmettere il virus ad altri». In questa assenza di evidenze scientifiche è stato imposto loro, per legge, un trattamento sanitario.
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L'Aifa segnala oltre 46.200 casi su circa 9 milioni di somministrazioni. L'81% riguarda Pfizer, il 17% Vaxzevria. Gli eventi gravi si fermano al 7% del totale, 100 hanno portato alla morte. Roberto Speranza rassicura sul prodotto anglosvedese: «Sicuro ed efficace».Medici e infermieri costretti a ricevere dei prodotti già destinati a essere accantonati.Lo speciale contiene due articoli.Nella giornata di ieri, l'Agenzia italiana del farmaco ha pubblico il terzo Rapporto di farmacovigilanza sui vaccini Covid-19. Una trentina di pagine che analizzano nel dettaglio le reazioni avverse segnalate a seguito della somministrazione dei tre farmaci attualmente utilizzati in Italia - Comirnaty (Pfizer-Biontech), Vaxzevria (Astrazeneca) e Moderna - dall'inizio della campagna vaccinale fino al 26 marzo 2021. Complessivamente, le segnalazioni registrate nella Rete nazionale di farmacovigilanza nel periodo preso in esame sono state 46.237, su un totale di 9.068.349 dosi somministrate, facendo registrare dunque un tasso pari a 510 segnalazioni ogni 100.000 dosi somministrate (tradotto in percentuale parliamo dello 0,51%). Otto segnalazioni su dieci (81%) hanno riguardato il vaccino Pfizer-Biontech, il 17% quello Astrazeneca e appena il 2% quello Moderna. Un dato già di per sé significativo, in quanto indica come, in generale, il Comirnaty risulti più reattogenico (535 segnalazioni ogni 100.000) rispetto al Vaxzevria (477 ogni 100.000) e al Moderna (227 ogni 100.000). A ogni modo, l'Aifa sottolinea come «il tasso di segnalazione del vaccino Vaxzevria è aumentato rispetto al mese precedente, avvicinandosi a quello di Comirnaty, in funzione dell'uso maggiore nella campagna vaccinale». Sempre parlando di dati aggregati, il 92,7% delle reazioni segnalate riguarda eventi non gravi, che si risolvono completamente, come dolore in sede di iniezione, febbre, astenia e stanchezza e dolori muscolari. Piccoli fastidi, insomma, che insorgono perlopiù lo stesso giorno della vaccinazione e spariscono nel giro di 24-48 ore. Non vanno trascurati, tuttavia, i casi più gravi, che rappresentano il 7,1% del totale, con un tasso di 36 eventi ogni 100.000 dosi somministrate. Circa la metà vengono riportati già con esito «risoluzione completa», e circa un quarto «in miglioramento», anche se non mancano gli eventi ancora in attesa di guarigione oppure di risoluzione con postumi. Sono stati segnalati, poi, 100 casi con esito fatale: il 53% riguarda donne e l'età media è pari a 81,4 anni (l'80% riguarda over 75). L'Aifa precisa che «sia la valutazione della causa di morte che l'attribuzione del nesso di causalità risultano complesse», e condizionate dalla presenza di «patologie intercorrenti o pregresse» e «fragilità cliniche». Tuttavia, al netto dei doverosi caveat, va segnalato che la percentuale maggiore di decessi riguarda il vaccino Moderna (12 casi pari a 2,8 su 100.000 dosi), seguito dal Pfizer-Biontech (76 casi, con un tasso di 1,1 su 100.000 dosi) e, ultimo, Astrazeneca (12 decessi pari a 0,7 su 100.000 dosi). Un altro dato che stride con l'allarmismo intorno al vaccino britannico-svedese, finito ormai da più di un mese nella bufera per noti problemi a carico del sistema vascolare.E proprio all'argomento il rapporto Aifa dedica un paragrafo a parte, nel quale descrive con dovizia di particolari il contorto balletto di valutazioni, pareri e raccomandazioni al quale abbiamo assistito in queste ultime settimane. Prima il sequestro dei lotti incriminati e conseguente sospensione delle somministrazioni; poi la prima valutazione del Comitato per la valutazione del rischio in farmacovigilanza (Prac), conclusasi il 19 marzo, la quale ha stabilito che «i benefici del vaccino nel prevenire la malattia da Covid-19 (che a sua volta provoca problemi di coagulazione) continuavano a superare i rischi», e che «il vaccino non aumentava il rischio complessivo di eventi tromboemolici e non emergono problematiche relative a lotti specifici o a particolari siti di produzione»; infine, la nuova revisione del Prac terminata l'8 aprile nella quale l'Ema, pur confermando che i benefici superano ancora i rischi, ha disposto che gli eventi trombotici venosi associati a bassi livelli di piastrine debbano essere elencati come effetti indesiderati molto rari del vaccino Astrazeneca. Un tira e molla al termine del quale il ministero della Salute ha stabilito di raccomandare la somministrazione del vaccino Vaxzevria ai soggetti over 60, gettando nel caos la già di per sé difficoltosa campagna vaccinale.Sul tema Astrazeneca è intervenuto ieri anche il ministro Roberto Speranza nel corso della sua informativa al Parlamento. Dopo averlo definito un vaccino «sicuro ed efficace», che «salva le vite», Speranza ha snocciolato le cifre della farmacovigilanza europea: «Su 32 milioni di vaccinazioni e 222 segnalazioni, sono stati registrati 86 eventi avversi e, di questi, 18 sono risultati fatali». Tanti o pochi, il numero uno di Lungotevere Ripa non si pronuncia, limitandosi a osservare che si tratta di un «fenomeno, per quanto doloroso poiché ogni vita spezzata è una perdita grave, numericamente molto ridotto». Parole forse sensate ma ormai tardive, che arrivano quando i buoi sono già scappati dalla stalla e la campagna vaccinale rischia di essere irrimediabilmente compromessa.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/tutti-gli-effetti-avversi-dei-vaccini-in-tre-mesi-2652596372.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="lo-stato-dubita-dei-rimedi-che-impone-l-obbligo-di-profilassi-e-schizofrenico" data-post-id="2652596372" data-published-at="1618513310" data-use-pagination="False"> Lo Stato dubita dei rimedi che impone. L'obbligo di profilassi è schizofrenico Abbiamo capito che un futuro ce l'avranno solo i vaccini a «Rna messaggero». L'ha detto la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, ma ci eravamo già accorti che farmaci a vettore virale come Astrazeneca e Johnson & Johnson avranno mesi contati tra blocchi, raccomandazioni e sospensioni precauzionali che ne stanno minando la sicurezza prima ancora che la somministrazione. Sul vaccino monodose statunitense dovremo aspettare le decisioni di Fda ed Ema, per sapere se sarà davvero per tutti gli over 18 -come stabilì l'Agenzia europea del farmaco appena un mese fa- o se in base alle nuove valutazioni dell'Agenzia regolatrice americana anche J&J finirà solo alle persone con più di 60 anni. Nel frattempo piovono rassicurazioni dal ministro della Salute, Roberto Speranza, che non è medico né scienziato eppure conferma: «È un vaccino importante», e dalla platea di virologi che intonano: «Eventi rarissimi», i sei casi di trombosi verificatosi in giovani donne statunitensi. Occorre controllare, fare chiarezza, concordano gli esperti che però non hanno dati di farmacovigilanza da verificare visto che nella Ue non è stata inoculata una sola dose di J&J. E Astrazeneca? «Efficace e sicuro», dichiara Speranza, secondo il quale gli eventi avversi sono «un fenomeno molto ridotto che non va sottovalutato, mantenendo alta la vigilanza». Ecco, appunto, l'attenzione va tenuta alta ma intanto il farmaco anglosvedese continua ad essere somministrato al personale sanitario over 60. Ovvero a tutti i medici, infermieri, farmacisti, dipendenti delle Rsa che in base al decreto legge dello scorso 1° aprile sono obbligati a vaccinarsi contro il Covid, pena il demansionamento o la messa in aspettativa senza stipendio. Quindi mentre l'Unione europea, e l'Italia a strascico, guardano ad altri farmaci e dal prossimo anno non rinnoveranno i contratti con Astrazeneca e Johnson & Johnson, il personale sociosanitario deve farsi iniettare l'anglosvedese Vaxzevria, dopo aver perso il diritto all'autodeterminazione in tema di salute. Un farmaco che in Italia, nel giro di due mesi, è stato sconsigliato agli over 55, poi agli over 60, quindi sono arrivati il via libera per tutte le fasce d'età, il divieto per tutti, mentre adesso l'«uso preferenziale» è per soggetti di età superiore ai 60 anni. Medici e infermieri non possono avere dubbi su Astrazeneca, loro devono vaccinarsi «al fine di tutelare la salute pubblica», benché non si abbiano certezze che i vaccini proteggano dal contagio e impediscano la trasmissione dell'infezione. Lo deve fare l'intera categoria, indipendentemente dall'età e dall'essere quindi più o meno suscettibili ad ammalarsi in forma grave di Covid, e nonostante la durata della protezione dal virus sia ancora ignota. Infatti, nel quarto rapporto Covid dell'Istituto superiore della sanità e del Controllo delle infezioni, datato 13 marzo, alla voce vaccinazione si legge ancora una volta: «Per nessuno dei vaccini in utilizzo è nota al momento la durata della protezione ottenuta con la vaccinazione». L'Iss avverte: «Seppur diminuito, non è possibile al momento escludere un rischio di contagio anche in coloro che sono stati vaccinati». Informazioni che non compaiono nell'allegato al consenso informato che il cittadino deve firmare, dove ci si limita a dire che «la durata della protezione offerta dal vaccino non è nota», e che i soggetti «potrebbero non essere completamente protetti», da sette fino a quindici giorni (a seconda del vaccino) dopo la somministrazione della seconda dose. Ben diverso da quanto sottolinea l'Iss. Il rapporto sul Covid-19 ricorda, dunque, che la vaccinazione con Astrazeneca, Moderna e Pfizer «potrebbe non proteggere tutti i soggetti vaccinati». Aggiunge: «I lavoratori/operatori sanitari nonostante siano stati sottoposti a vaccinazione devono essere considerati potenzialmente in grado di infettarsi con Sars-Cov-2 e di trasmettere il virus ad altri». In questa assenza di evidenze scientifiche è stato imposto loro, per legge, un trattamento sanitario.
(IStock)
Tecnologia e innovazione, poi, vanno in scena nel centro di intrattenimento multidisciplinare Area15, che ha di recente ampliato la sua offerta con nuove installazioni di realtà virtuale e aumentata, rendendo ogni visita un’esperienza immersiva e coinvolgente. Qui si può vivere il brivido di un viaggio nello spazio, partecipare a giochi interattivi o assistere a performance artistiche che uniscono arte, musica e tecnologia.
Per chi cerca un’esperienza più avventurosa, sono state inaugurate nuove attrazioni come il Flyover Las Vegas, un’attività di volo simulato che permette di sorvolare paesaggi spettacolari di tutto il mondo, e la Zero Gravity Experience, un volo parabolico che permette di provare la sensazione di assenza di gravità. L’High Roller presso il Linq Hotel è uno straordinario esempio di architettura e ingegneria moderna. Con un’altezza di 167 metri, questa meraviglia di vetro e acciaio è la ruota panoramica più alta degli Stati Uniti e la seconda più alta del mondo. Insomma, ce n’è davvero per tutti i gusti. Las Vegas, la città che non dorme mai, rappresenta da decenni uno dei poli turistici più iconici al mondo. Famosa per i suoi casinò sfavillanti, i suoi spettacoli di livello mondiale e la vita notturna sfrenata, questa città del Nevada ha saputo reinventarsi nel tempo, offrendo ai visitatori esperienze sempre nuove e coinvolgenti.
Uno degli aspetti più evidenti delle novità della città riguarda il settore alberghiero. Accanto ai famosissimi e spettacolari Caesars Palace; Circus Circus, Bellagio, Paris, The Venetian, la destinazione ha visto l’apertura di hotel di lusso e resort innovativi, capaci di attirare un pubblico sempre più eterogeneo. Tra i progetti più importanti va segnalato il Resorts World Las Vegas, un complesso di oltre 6.000 camere che combina tecnologia all’avanguardia, design sostenibile e un’offerta di intrattenimento di livello superiore. Questo resort si distingue per le sue strutture eco-compatibili, tra cui sistemi di risparmio energetico e gestione sostenibile delle risorse idriche.
D’altronde Las Vegas è nata negli anni Cinquanta dal nulla in mezzo al deserto al termine dalla «Valle della Morte» e, grazie alla monumentale diga di Hoover, è completamente autonoma dal punto di vista di acqua ed energia per tutte le luci, i neon, le insegne e la potente aria condizionata che consente di resistere anche a temperature esterne che raggiungono i cinquanta gradi.
L’attrazione più popolare della città è il Las Vegas Boulevard, comunemente noto come The Strip. Tutti i nuovi e lussuosi casinò sono costruiti su questa strada.
Nel centro della città «vecchia» degli anni Cinquanta ci sono, invece, alcuni hotel e casinò più retrò. Qui una delle attrazioni più distintive dell’area urbana è Fremont Street. Questa strada ha un enorme schermo sul soffitto dove vengono proiettate immagini di ogni tipo, e offre anche una divertente zipline, che permette di restare sospesi in aria da un’estremità all’altra della strada.
La parte di ristorazione è davvero molto variegata e va dai ristoranti gourmet a quelli etnici. Molti i piatti interessanti, nessuno a buon mercato. Ovviamente, come in tutti gli Stati Uniti, si trovano fast food a ogni angolo per chi non vole spendere troppo. Tra questi, l’ottimo e moderno Washin Patato at Fontainebleau o al Stubborn Seed at Resorts World.
Per raggiungere Las Vegas una delle combinazioni più interessanti è quella con la compagnia aerea Condor (www.condor.com/it) via Francoforte con ottimi orari di volo, coincidenze e comodità a bordo. Per maggiori informazioni sulla destinazione: www.lvcva.com.
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Bill Clinton e Jeffrey Epstein (Ansa)
Neanche a dirlo, è scoppiato uno scontro tra il Dipartimento di Giustizia e alcuni parlamentari. «La legge approvata dal Congresso e firmata dal presidente Trump era chiarissima: l’amministrazione Trump aveva 30 giorni di tempo per pubblicare tutti i file di Epstein, non solo alcuni. Non farlo equivale a violare la legge. Questo dimostra che il Dipartimento di Giustizia, Donald Trump e Pam Bondi sono determinati a nascondere la verità», ha tuonato il capogruppo dell’Asinello al Senato, Chuck Schumer, mentre il deputato dem Ro Khanna ha ventilato l’ipotesi di un impeachment contro la Bondi. Strali all’amministrazione Trump sono arrivati anche dai deputati Thomas Massie e Marjorie Taylor Greene: due dei principali critici repubblicani dell’attuale presidente americano.
«Il Dipartimento di Giustizia sta pubblicando una massiccia tranche di nuovi documenti che le amministrazioni Biden e Obama si sono rifiutate di divulgare. Il punto è questo: l’amministrazione Trump sta garantendo livelli di trasparenza che le amministrazioni precedenti non avevano mai nemmeno preso in considerazione», ha replicato il dicastero guidato dalla Bondi, per poi aggiungere: «La scadenza iniziale è stata rispettata mentre lavoriamo con diligenza per proteggere le vittime». Insomma, se per i critici di Trump la deadline di venerdì era assoluta e perentoria, il Dipartimento di Giustizia l’ha interpretata come una «scadenza iniziale». Ma non è finita qui. Ulteriori polemiche sono infatti sorte a causa del fatto che numerosi documenti pubblicati venerdì fossero pesantemente segretati: un’accusa a cui il Dipartimento di Giustizia ha replicato, sostenendo di aver voluto tutelare le vittime di Epstein.
Ma che cosa c’è di interessante nei file divulgati venerdì? Innanzitutto, tra i documenti pubblicati l’altro ieri, compare la denuncia presentata all’Fbi nel 1996 contro Epstein da una sua vittima, Maria Farmer. In secondo luogo, sono rispuntate le figure di Trump e Bill Clinton, anche se in misura differente. «Trump è appena visibile nei documenti, con le poche foto che lo ritraggono che sembrano essere di pubblico dominio da decenni. Tra queste, due in cui Trump ed Epstein posano con l’attuale first lady Melania Trump nel febbraio 2000 durante un evento nel suo resort di Mar-a-Lago», ha riferito The Hill. Svariate foto riguardano invece Bill Clinton. In particolare, una ritrae l’ex presidente dem in una piscina insieme alla socia di Epstein, Ghislaine Maxwell, e a un’altra donna dal volto oscurato. In un’altra, Clinton è in una vasca idromassaggio sempre in compagnia di una donna dall’identità celata: una donna che, secondo quanto affermato su X dal portavoce del Dipartimento di Giustizia Gates McGavick, risulterebbe una «vittima». In un’altra foto ancora, l’ex presidente dem è sul sedile di un aereo, con una ragazza che gli cinge il collo con un braccio. Clinton compare infine in foto anche con i cantanti Mick Jagger e Michael Jackson.
«La Casa Bianca non ha nascosto questi file per mesi, per poi pubblicarli a tarda notte di venerdì per proteggere Bill Clinton», ha dichiarato il portavoce di Clinton, Angel Ureña, che ha aggiunto: «Si tratta di proteggersi da ciò che verrà dopo, o da ciò che cercheranno di nascondere per sempre. Così possono pubblicare tutte le foto sgranate di oltre 20 anni che vogliono, ma non si tratta di Bill Clinton». «Persino Susie Wiles ha detto che Donald Trump si sbagliava su Bill Clinton», ha concluso. «Questa è la sua resa dei conti», ha invece dichiarato al New York Post un ex assistente di Clinton, riferendosi proprio all’ex presidente dem. «Voglio dire, se accendete la Cnn, è di questo che stanno parlando. Ho ricevuto un milione di messaggi a riguardo», ha proseguito. «La gente pensa: non posso credere che fosse in una vasca idromassaggio. Chi è quella donna lì dentro?», ha continuato, per poi aggiungere: «Voglio dire, è incredibile. È semplicemente scioccante», ha continuato. Vale la pena di sottolineare che né Trump né Clinton sono accusati di reati in riferimento al caso Epstein. Caso su cui i coniugi Clinton si sono tuttavia recentemente rifiutati di testimoniare alla Camera. Per questo, il presidente della commissione Sorveglianza della Camera stessa, il repubblicano James Comer, ha offerto loro di deporre a gennaio: in caso contrario, ha minacciato di avviare un procedimento per oltraggio al Congresso contro la coppia.
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Il Tribunale dei minori de l'Aquila. Nel riquadro, la famiglia Trevallion Birmingham (Ansa)
Un bambino è un teste fragile estremamente suggestionabile, perché è abituato al fatto che non deve contraddire un adulto, e, soprattutto se il bambino è spaventato, tende a compiacere l’adulto e a dire quello che l’adulto vuole. Ricordiamo che esiste la Carta di Noto, un protocollo di linee guida per l’ascolto del minore in caso di presunti abusi sessuali o maltrattamenti, elaborato da esperti di diverse discipline (magistrati, avvocati, psicologi, ecc.), che sono state sistematicamente disattese per esempio a Bibbiano. Un bambino deportato dalla sua famiglia è per definizione terrorizzato. Il termine corretto per i bambini tolti dalle famiglie dalle assistenti sociali è deportazione. La deportazione avviene all’improvviso, da un istante all’altro, con l’interruzione totale di tutti gli affetti, genitori, nonni, amici, eventuali animali domestici. Il deportato è privato dei suoi oggetti e del suo ambiente e con la proibizione di contatti con la sua vita precedente. Il deportato non ha nessuna padronanza della sua vita. Questo è lo schema della deportazione. Assistenti sociali possono mentire e psicologi possono avvallare queste menzogne con interrogatori suggestivi che portano i bambini a mentire. I motivi sono tre: compiacenza verso superiori o colleghi (è già successo), interesse economico (è già successo), fanatismo nell’applicare le proprie teorie: l’abuso sessuale dei padri sui bambini è diffusissimo, una famiglia non ha il diritto di vivere in un bosco, una madre povera non ha diritto ad allevare suo figlio, i bambini appartengono allo Stato, a meno che non siano rom allora appartengono al clan, un non vaccinato è un nemico del popolo oltre che della scienza e va deportato e vaccinato (è già successo).
Un’assistente sociale può mentire. E dato che la menzogna è teoricamente possibile deve essere necessario, per legge, che a qualsiasi interazione tra lo psicologo e l’assistente sociale e il bambino sia presente un avvocato di parte o un perito di parte, psicologo o altra figura scelta dalla famiglia. È necessario quindi che venga fatta immediatamente una legge che chiarisca che sia vietato una qualsiasi interazione tra il bambino e un adulto, assistente sociale, psicologo, ovviamente magistrato, dove non sia presente un perito di parte o un avvocato. Facciamo un esempio a caso. Supponiamo (siamo nell’ambito delle supposizioni, il posto fantastico dei congiuntivi e dei condizionali) che l’assistente sociale che ha dichiarato che i bambini della famiglia del Bosco sono analfabeti, oltre ad aver compiuto il crimine deontologico gravissimo della violazione di segreto professionale, abbia mentito. Certo è estremamente probabile che i figli di una famiglia con un livello culturale alto, poliglotta, la cui madre lavora in smart working siano analfabeti. È la cosa più logica che ci sia, però supponiamo per ipotesi fantastica che l’assistente sociale abbia mentito. In questo caso è evidente che i bambini non possono tornare a casa per Natale. Se i bambini tornassero a casa in tempi brevi, non sarebbe difficile fare un video dove si dimostra che scrivono benissimo, che leggono benissimo, molto meglio dei coetanei in scuole dove il 90% degli utenti sono stranieri che non sanno nemmeno l’italiano e meno che mai l’inglese, si potrebbe dimostrare che sono perfettamente in grado di farsi una doccia da soli e anche di cucinare un minestrone.
La deportazione di un bambino, coi rapporti troncati da un colpo di ascia, produce danni incalcolabili. I bambini sono stati sottratti ai loro affetti per darli in mano a una tizia talmente interessata al loro interesse che sputtana loro e la loro famiglia davanti a tutta l’Italia e per sempre (il Web non dimentica) con affermazioni (vere?) sul loro analfabetismo e sulla loro incapacità a fare una doccia. Questi bambini rischiano di essere aggrediti e sfottuti dai coetanei per questo, si è spianata la strada a renderli vittime di bullismo per decenni. Con impressionante sprezzo di qualsiasi straccio di deontologia gli operatori, tutti felici di squittire a cani e porci informazioni che dovrebbero essere assolutamente riservate (anche questi il segreto professionale e la deontologia non sanno che cosa siano), ci informano che i bambini annusano con perplessità i vestiti che profumano di pulito. I vestiti non profumano di pulito. Hanno l’odore dei pessimi detersivi industriali reclamizzati alla televisione che deve essere la fonte principale se non l’unica da cui nasce la cultura degli operatori. I loro componenti sono pessimi, non solo inquinanti, ma anche pericolosi per la salute umana a lungo termine: stesso discorso per lo sciampo e il bagno schiuma, soprattutto negli orfanatrofi di Stato, le cosiddette case famiglie, dove si comprano i prodotti meno cari, quindi quelli con i componenti peggiori.
Nessuno dei libricini su cui hanno studiato gli operatori ha spiegato che ci sono ben altri sistemi per garantire una pulizia impeccabile. In tutte le foto che li ritraggono con i genitori, ai tempi distrutti per sempre in cui erano felici, i bambini sono pulitissimi. Tra l’altro tutte queste incredibili esperte di comportamento infantile, non hanno mai sentito parlare di comportamento oppositivo? Un bambino normale, una volta deportato con arbitrio dalla sua vita e dalla sua famiglia, può spezzarsi ed essere malleabile o può resistere ed essere oppositivo. Fai la doccia. Non la voglio fare. Scrivi. Non sono capace. Il bambino oppositivo deve essere frantumato. Non ti mando a casa nemmeno per Natale.
Sia fatta una legge immediatamente. Subito. I bambini del bosco devono avere di fianco un avvocato. Noi popolo italiano, che con le nostre tasse paghiamo i servizi sociali e la deportazione dei bambini, abbiamo il diritto a pretendere che non siano soli. I bambini nel bosco passeranno un Natale da deportati. Qualcuno si sentirà in dovere di informarci che in vita loro non avevano mai mangiato un qualche dolce industriale a base di zucchero, grassi idrogenati e coloranti e che grazie alla deportazione questa lacuna è stata colmata.
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La famiglia Trevallion-Birmingham (Ansa)
È infatti una prepotenza senza significato confrontare una bomba affettiva e esistenziale come tre fratellini che giocano e si vogliono evidentemente bene, accompagnata da genitori altrettanto uniti, e naturalmente affettivi con norme e abitudini di un Paese dove il nucleo abitativo più frequente nelle città più prestigiose consiste in un cittadino singolo. Pretendere che i pochi figli superstiti in qualche «terra di nessuno», con i suoi boschi e le affettuosità (che ancora esistono fuori dalle famiglie-tipo), si uniformino ai secchi diritti e cupe abitudini del sociologico e disperato «gruppo dei pari» è un’operazione di una freddezza stalinista, per fortuna destinata allo scacco. È coltivata da burocrazie che scambiano relazioni profonde e vere, comunque indispensabili alla vita e alla sua felicità, con strumenti tecnici, adoperabili solo quando la famiglia purtroppo non c’è più, molto spesso per l’ottusità e la corruzione dello Stato stesso che le subentra (come racconta Hanna Arendt) quando è riuscito a distruggerla. Se non si vuole creare danni inguaribili, tutti, anche i funzionari dello Stato, dovrebbero fare attenzione a non sostituire gli aspetti già legati all’umano fin dalla creazione del mondo, con pratiche esterne magari infiocchettate dalle burocrazie ma che non c’entrano nulla con la sostanza dell’uomo e la sua capacità di sopravvivere.
Certo, la bimba Utopia Rose, citata nel bel pezzo di Francesco Borgonovo del 18 dicembre, è una testimone insostituibile di un’altra visione del mondo rispetto alle varie ideologie che prevalgono in questo momento, unendo ferocia e ricchezza, cinismo e follia. Impossibile di fronte ai fratellini che tanto scandalizzano le burocrazie perbene non ricordare (oltretutto a pochi giorni dal Natale) l’ordine di Gesù: «Lasciate che questi piccoli vengano a me». Nessuno dubita che entreranno nel Regno prima degli assistenti sociali. Utopia Rose, la più grande, è affettuosa e impegnata, lavoratrice e giocattolona, organizzatrice e sognatrice. Però non è sola (Come si fa a non amarla, e anche un po’ invidiarla?). Non soltanto perché ha i suoi due fratellini, e i tre quarti del pubblico fa il tifo per loro. Ma perché questa visione loro e dei genitori di cercare una vita buona e naturale, semplicemente felice e affettuosa verso sé e verso gli altri e tutto il mondo vivente, cresce con la stessa velocità con la quale si sviluppa l’idolatria verso tutto ciò che è artificiale, fabbricato, mentale, non affettivo. È già qualche anno che chi viene in analisi scopre soprattutto questo: l’urgenza di mettersi al riparo dagli egoismi e pretese grandiose, vuote e fredde, e invece amare. Ormai il fenomeno trasborda nelle cronache. Trasgressione conclusiva, dialettale e popolaresca (milanese): «Spérèm»!
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