2023-09-08
L’Ue manderà un tutor nelle scuole per insegnare l’autocensura ai bimbi
Il commissario Thierry Breton ha annunciato una «campagna di educazione digitale». Al posto dei maestri di sostegno, negli istituti italiani arriveranno i menestrelli del Digital services act. Che mina la libertà d’espressione sul web.Prossimo step: insegnare come funzionano la censura e l’autocensura ai bambini nelle scuole. Procede ormai spedito il progetto d’indottrinamento dei cittadini, a cominciare dai più giovani, avviato dalla Commissione europea guidata da Ursula von der Leyen attraverso il Digital services act, la nuova legge che disciplina e limita la diffusione dei contenuti online. Il commissario europeo al Mercato interno e ai servizi Thierry Breton, padrino del Dsa, incontrando un gruppo di testate internazionali ha annunciato di voler lanciare una «campagna di educazione digitale nelle scuole», in collaborazione con i ministeri dell’Istruzione dei ventisette Paesi membri dell’Unione europea: «Nell’ambito di quest’iniziativa», ha spiegato Breton, «ogni scuola dovrebbe avere un “tutore scolastico Dsa”, un educatore o un insegnante con una formazione sul Digital services act e sui suoi strumenti, che spieghi alle famiglie e agli alunni le regole da seguire nel diffondere contenuti online».Dunque le scuole italiane, che faticano a garantire gli insegnanti di sostegno agli alunni che ne hanno urgente necessità, potranno in compenso avvalersi di un commissario politico per ogni classe: un progetto capillare per «formare» uno a uno gli alunni degli istituti di tutta Europa. Nelle intenzioni di Breton, apparatcik specializzati dovranno lavorare come arbitri negli istituti scolastici europei per impartire le regole e propagare le linee guida dell’autocensura in salsa Ue, affinché i giovani comprendano bene che ci sono alcuni temi caldi - i cambiamenti climatici, le epidemie e la guerra, ad esempio - che vanno maneggiati con cura. Breton è determinato: sottoporrà la proposta ai ministri dell’Istruzione già nei prossimi giorni.Il Dsa, entrato in vigore lo scorso 25 agosto, obbliga le maggiori piattaforme online (AliExpress, Amazon Store, AppStore, Bing, Booking, Facebook, Google Maps, Google Play, Google Search, Google Shopping, Instagram, LinkedIn, Pinterest, Snapchat, TikTok, X-Twitter, Wikipedia, YouTube e Zalando) a rimuovere contenuti illegali e inappropriati e presunte «fake news», intensificando la stretta censoria durante i periodi di crisi innescati da guerre, pandemie o cambiamenti climatici. È la Commissione Ue, attraverso il nascente Comitato europeo per i servizi digitali (definito «gruppo consultivo indipendente composto da coordinatori dei servizi digitali rappresentati da funzionari di alto livello») a stabilire i criteri attraverso i quali un contenuto sarà considerato «fake», ma saranno i governi nazionali, braccio operativo dell’esecutivo Ue, a costringere le grandi aziende tecnologiche a rimuovere i contenuti censurati.La mancata conformità alle regole dettate - in maniera estremamente vaga - dall’esecutivo di Bruxelles comporterà aspre sanzioni sia agli account, che potranno subire la chiusura del profilo online, sia alle piattaforme, cui potranno essere comminate multe fino al 6% delle loro entrate annuali. La foglia di fico dietro la quale la Commissione caldeggia l’adempienza al Dsa è la «tutela dei minori». Ai sensi del Digital services act, le piattaforme non possono indirizzare gli annunci a chiunque abbia meno di 17 anni, devono offrire un feed non personalizzato e ufficialmente devono vietare la diffusione di contenuti non appropriati. Ed è con il pretesto della protezione dei minori che nasce la proposta di Breton di insegnare agli alunni delle scuole come dev’essere confezionata una velina.Un progetto simile, peraltro, al Kosa americano (Kids online safety act), disegno di legge bipartisan fortemente voluto da Joe Biden che consentirà una vasta gamma di sanzioni governative sul free speech. Attraverso il Kosa, gli arbitri della moderazione dei contenuti online negli Stati Uniti saranno i procuratori e i burocrati federali. È un disegno di legge che, di fatto, limita il free speech ma, come nel caso del Dsa, i deputati del Congresso lo stanno promuovendo con l’obiettivo ufficiale di rimuovere contenuti inappropriati per i minori. L’approvazione è prevista a breve, giusto in tempo per l’inizio della campagna elettorale per le elezioni presidenziali del 2024.Il mondo dell’informazione, nel frattempo, riferisce dei nuovi diktat sui servizi digitali in Europa con diligenza selettiva: delle testate europee presenti all’incontro con Breton, soltanto due - il Sole 24 Ore e l’agenzia americana Bloomberg - hanno parlato del «tutore scolastico Dsa». Del pacchetto giuridico europeo sui servizi digitali, costituito da Dma (Digital marketing act) e Dsa, l’attenzione dei media si è concentrata quasi esclusivamente sul Dma, la normativa sui mercati digitali concepita per garantire che le grandi piattaforme mantengano un comportamento corretto e non abusino del loro potere, cui La Stampa di ieri ha dedicato un’intera pagina senza mai accennare al Dsa.Gran parte dei media cavalcano la linea della Commissione Ue attraverso il solito escamotage: lanciare discretamente l’esca, attendere le reazioni di stampa e opinione pubblica, procedere. Tutto come da copione.
13 ottobre 2025: il summit per la pace di Sharm El-Sheikh (Getty Images)
iStock
In un mondo che ancora fatica a dare piena cittadinanza alla voce femminile, questa rivista è un atto di presenza, che ho fortemente voluto, con l’intenzione di restituire visibilità e valore alle donne che ogni giorno, in silenzio o sotto i riflettori, trasformano il mondo in cui vivono.
Quelle che fondano imprese e reinventano modelli economici, che fanno ricerca, innovano nelle professioni, guidano comunità e progetti sociali. Quelle che mettono la competenza al servizio dell’impegno civile, che difendono i loro diritti, che si fanno portavoce di una nuova idea di leadership: inclusiva, empatica, concreta. Non a caso in questo numero è stato dato largo spazio al premio Donna d’autore, promosso dall’A.i.d.e. (Associazione indipendente donne europee) e in modo particolare alla sua entusiasta presidente Anna Silvia Angelini, perché le premiate rappresentano in maniera evidente i modelli di Valore Donna, dove ogni pagina è una finestra aperta su storie di talento, coraggio e visione. Non ho voluto costruire solo un racconto di unicità, ma anche restituire la normalità della grandezza femminile: donne che riescono, che sbagliano, che ricominciano, che costruiscono futuro. La loro forza non è un’eccezione, ma una presenza quotidiana che Valore Donna vuole portare alla luce, con impegno, rispetto e franchezza. Questo progetto editoriale inoltre ha nel suo dna un’idea di qualità come responsabilità: nella scrittura, nelle immagini, nella scelta dei temi. Ogni contributo è frutto di una ricerca attenta, di un linguaggio curato e di una sensibilità che si sforza di vedere il mondo con occhi diversi. Dando spazio a voci nuove, a imprenditrici, giornaliste, intellettuali, professioniste, donne della politica, giovani, donne che operano nel terzo settore, donne che collaborano, si sostengono e che raccontano la realtà contemporanea senza filtri, con l’autenticità di chi la vive pienamente. Perché solo rinnovando lo sguardo si può cambiare la prospettiva. Valore Donna vuole essere una rivista che lascia un’impronta nel panorama editoriale del Paese, un luogo d’incontro tra generazioni, esperienze e linguaggi. Non un manifesto ideologico, ma un laboratorio vivo, dove la libertà di pensiero e la sensibilità estetica si intrecciano. Nel racconto di queste pagine c’è l’orgoglio delle donne che sognano e nello stesso tempo si impegnano non per rivendicare uno spazio, ma per abitarlo con la pienezza di chi sa di meritarlo. Perché il futuro si scrive soprattutto con le loro voci.
Per scaricare il numero di «Valore Donna» basta cliccare sul link qui sotto.
Valore Donna-Ottobre 2025.pdf
Continua a leggereRiduci