2021-08-13
Grazie a foto e turisti, gli alligatori ora valgono più da vivi che da morti
In Louisiana, nel bayou, si ammira la palude del delta del Mississippi con i suoi feroci abitanti. La caccia ormai non conviene: si guadagna meglio con le escursioni organizzate che con la vendita della pelle.Nella seconda parte del Don Chisciotte, la fama letteraria della prima parte interagisce con il racconto, mescolando romanzo e metaromanzo. Il cavaliere dalla triste figura incontra un duca e una duchessa che, avendo letto di lui, lo ospitano nel loro castello per farsene beffe. Il duca nomina Sancio Panza governatore dell'isola (fittizia) di Barataria, ma l'incarico risulta troppo gravoso e lo scudiero preferisce tornare a servizio dal suo padrone. Fin qui Cervantes, ma la storia continua, perché in seguito un reale braccio di mare prese il nome di baia di Barataria. Si trova a Sud di New Orleans, separato dal Golfo del Messico dalle due isole Grand Isle e Grand Terre. E qui, in un ulteriore rimbalzo tra fact e fiction, nel 1807 stabilì il suo centro di operazioni il leggendario Jean Lafitte: commerciante, contrabbandiere, padrone di una flotta e pirata. L'originario Pirata dei Caraibi di Disneyland, che ispirò i film dallo stesso titolo.Trovandosi di fronte un governo debole (un governo americano: Napoleone aveva ceduto la Louisiana agli Stati Uniti nel 1803, per 15 milioni di dollari), Lafitte organizzò nella baia un vero Stato nello Stato, con una propria legge e proprie forze dell'ordine, che funzionavano piuttosto bene: vi era sconosciuto il furto, in ossequio allo stereotipo dell'onore tra i ladri. Durante la guerra in cui l'Inghilterra tentò di riprendersi le colonie americane (e nel 1814 bruciò la Casa Bianca), Lafitte, dopo aver condotto un intricato doppio gioco, si unì alle forze di Andrew Jackson e contribuì alla vittoria nella decisiva battaglia di New Orleans, l'8 gennaio 1815. Di lì a poco si trasferì nell'isola di Galveston (al largo di Houston) e continuò a esercitarvi le sue attività preferite (saccheggio di navi mercantili e spaccio di preziosi) fino a morire poco più che quarantenne. Oggi il Jean Lafitte National Historical Park and Preserve protegge le risorse naturali e culturali del delta del Mississippi, e dal molo Jean Lafitte partono i tour guidati che portano nei bayou, un'enorme distesa di terreno paludoso alla foce del fiume: una specie di foresta percorsa da acqua salmastra (il termine inglese è «brackish» e indica un'acqua mista di dolce e salato, qui risultante dall'incontro fra l'oceano e il suo tributario che arriva dal lontano Minnesota). Gli alberi sono in maggioranza cipressi calvi, ben adattati a questo strano ambiente, e sono ricoperti dal cosiddetto muschio spagnolo, che non è né muschio né spagnolo ma invece una normale pianta che cresce su altre piante più grandi nutrendosi di umidità e di sostanze chimiche presenti nell'aria. La simbiosi fra queste diverse specie conferisce all'insieme un'apparenza di fiaba, di bosco incantato da cui in ogni momento possano farsi avanti gnomi, folletti e - perché no? - pirati.Nell'acqua, sulle lingue di terra fradicia, nella vegetazione rigogliosa prosperano tartarughe, aironi, rane, rospi, salamandre, sanguisughe, gamberi, pesci gatto, granchi. E, più cospicui e affascinanti di tutti, alligatori. Si affollano a centinaia, di ogni età e dimensione: un esemplare può raggiungere 100 anni e quello più lungo mai trovato (da queste parti, ovviamente) misurava quasi 6 metri.Gli alligatori hanno 80 denti e sono privi di molari, quindi inghiottono le prede intere. La pressione di cui sono capaci le loro mascelle arriva a una tonnellata per pollice quadrato (un pollice è circa 2 centimetri e mezzo), il che permetterebbe di penetrare l'acciaio. In natura di acciaio se ne trova poco (e non sarebbe appetitoso), ma con quella potenza i mostri possono mangiare di tutto, incluse le tartarughe e i loro stessi simili: sono infatti cannibali e spesso se ne vedono con parti del corpo mancanti, frutto dell'aggressione di un conspecifico. Mangiando cose tanto dure si spezzano spesso i denti, che ricrescono: vivendo a lungo, un alligatore può averne fino a 3.000. Li ho chiamati mostri, e in effetti danno l'impressione di un drago o di un sauro preistorico; ma gli esseri umani li catturano con facilità. La guida del tour spiega come. Servono una corda con un amo, un'esca (di solito del pollo andato a male: più puzza, meglio è), una pinza della biancheria con cui appendere la corda a un ramo, sporgente sull'acqua, e un nastro colorato per segnalare il posto: di rami sporgenti sull'acqua ce n'è un'infinità; senza un segnale non ritrovereste mai il vostro. L'alligatore salta dall'acqua per addentare l'esca e la inghiotte, rimanendo incastrato con l'ago nello stomaco; a quel punto il pescatore (o cacciatore?) non deve fare altro che sparargli.Verrebbe da dire che mostro è chi ha inventato questa trappola. Sebbene sia comune chiamare assassini predatori come l'alligatore, solo gli umani sono assassini. Umani come Vincenzo Gambi, italiano, alleato di Lafitte e noto per l'avidità (pretendeva il 25% di ogni bottino e scherzava sull'assonanza del suo nome con il francese «vingt-cinq») e per la peculiare abitudine di uccidere i rivali con un'ascia. Con questo metodo ne fece fuori una dozzina, finché il suo equipaggio non decise di usare l'ascia per decapitarlo nel sonno.Di questi tempi gli alligatori hanno trovato, nell'avidità dei mostri umani, una forma di difesa. In passato era possibile guadagnare migliaia di dollari con qualche bell'animale adulto, magari in un fine settimana; oggi gli alligatori sono merce da saldo (non se ne fanno più scarpe, borse, cinture?). Uno grosso viene acquistato per 80 dollari; quelli più piccoli vanno per 5 dollari il piede (circa 30 centimetri). Non conviene: valgono più da vivi che da morti. Un tour costa almeno 30 dollari a persona, e se si vedono tanti alligatori e si fanno tante belle istantanee ci scappa pure una mancia. Meglio il turismo, allora; meglio la legittima pirateria commerciale di quella a colpi d'ascia, o di ami infilati nello stomaco. Meglio la finzione donchisciottesca di un'«avventura» a buon mercato della realtà di una strage.