2022-09-23
La famiglia Trump è cinta d’assedio dalle toghe rosse Usa
Eric, Ivanka e Donald Trump (Ansa)
La procuratrice dem di New York fa causa a Donald e ai tre figli per frode. Ha avuto tre anni, ma si sveglia a ridosso del voto.Nuove tegole su Donald Trump. L’altro ieri, la procuratrice generale dello Stato di New York, Letitia James, ha fatto causa all’ex presidente americano e ai suoi figli - Eric, Ivanka e Donald jr - con l’accusa di frode in relazione agli affari della Trump Organization. La mossa della procuratrice è arrivata a seguito di un’indagine civile durata tre anni. D’altronde, proprio nel contesto di tale inchiesta, Trump, lo scorso agosto, si era appellato al quinto emendamento, rifiutandosi di rispondere alle domande formulate dalla James. «È un caso ridicolo», ha tuonato l’ex presidente, che ha da tempo tacciato l’indagine newyorchese di essere una «caccia alle streghe», motivata politicamente. Ora, non è questa la sede per capire se l’impianto accusatorio sia solido o meno: un elemento, questo, che emergerà in caso nelle prossime settimane. Non si può tuttavia fare a meno di notare l’aspetto politico della vicenda. Eh sì, perché - ammesso e non concesso che la James abbia effettivamente in mano delle prove inequivocabili contro il magnate e i suoi figli - il sospetto di politicizzazione resta purtroppo intatto. Innanzitutto bisogna ricordare che la James, che appartiene al Partito democratico, definì Trump nel 2018 un «presidente illegittimo»: il che già basterebbe di per sé ad alimentare fondati sospetti di politicizzazione. Non sarà un caso che lo stesso William Barr (ex ministro della Giustizia che, da circa due anni, è in rapporti pessimi con Trump) abbia avuto parole molto critiche sull’indagine della James. «È difficile per me non concludere che sia una mossa politica», ha detto, parlando con Fox News. «Non sono nemmeno sicuro che abbia un buon caso contro Trump stesso. Ma ciò che alla fine mi convince che questa è una mossa politica è che lei esagera grossolanamente quando cerca di trascinarci dentro i figli», ha aggiunto. Vale la pena di sottolineare nuovamente che Barr e Trump sono ai ferri corti dalle ultime elezioni presidenziali americane. In secondo luogo, il sospetto di politicizzazione sorge dalla tempistica. Come detto, l’inchiesta va avanti da circa tre anni. Possibile che la causa contro l’ex presidente andasse intentata proprio a poco più di un mese dalle prossime elezioni di metà mandato? Non sarebbe stato meglio aspettare almeno che tali elezioni si tenessero, onde evitare di alimentare sospetti? Purtroppo non è andata così. D’altronde, il discorso della tempistica valeva anche per l’irruzione dell’Fbi nella casa di Trump in Florida. In quel caso, il contenzioso andava avanti da febbraio e i federali hanno atteso agosto - quando la campagna elettorale era avviata già da due mesi - per eseguire il blitz. Una vicenda, questa, che intanto prosegue in chiaroscuro per l’ex presidente. Da una parte, costui ha incassato una vittoria legale contro il dipartimento di Giustizia, ottenendo la nomina di uno «special master» per revisionare i documenti che gli sono stati sequestrati. Dall’altra, una corte federale con tre giudici (due nominati dallo stesso Trump e una da Barack Obama) ha concesso dal dipartimento di Giustizia la possibilità di esaminare gli incartamenti classificati, che erano stati requisiti nella sua dimora. Un dipartimento che, ricordiamolo, è guidato dal procuratore generale Merrick Garland, nominato da quello stesso Joe Biden che fu avversario elettorale di Trump nel 2020 e che potrebbe tornare ad esserlo nel 2024. Eppure, per quanto significativamente occhiuti sugli aspetti controversi dell’ex presidente repubblicano, i dem si stanno mostrando notevolmente indulgenti nei confronti del figlio dell’attuale inquilino della Casa Bianca, Hunter. Martedì, i deputati democratici del comitato di sorveglianza della Camera dei rappresentanti hanno infatti bloccato la richiesta, avanzata dai repubblicani, di avviare un’indagine sugli opachi affari internazionali dello stesso Hunter. In particolare, l’elefantino voleva avere accesso a 150 segnalazioni di attività finanziarie sospette, attualmente detenute dal dipartimento del Tesoro. E dire che il figlio del presidente ha in passato intrattenuto rapporti controversi con Russia, Ucraina e Cina! Una serie di elementi che, al di là di eventuali risvolti penalmente rilevanti, lasciano intravedere potenziali rischi per la sicurezza nazionale. Eppure sembra proprio che ai democratici non interessi fare chiarezza su questo versante. Insomma, l’ennesimo caso di trasparenza a targhe alterne. Un fattore, questo, che alimenta la già profonda polarizzazione che caratterizza ormai da anni la politica statunitense. E infatti i repubblicani stanno già pensando a un impeachment presidenziale, qualora riuscissero a riconquistare la maggioranza alla Camera il prossimo novembre.
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