
«Saranno ospitati nelle “città santuario" dei dem». E subito la star Cherilyn Sarkisian LaPierre, meglio nota come Cher, cambia idea sull'accoglienza: «Qui già troppi bisognosi».Non ci sono solo Lampedusa e i giudici di Siracusa che ciclostilano avvisi di garanzia per Matteo Salvini. Basta attraversare l'Atlantico per rendersi conto che l'emergenza è mondiale, anzi i nostri numeri sono robetta se confrontati a quelli degli Stati Uniti. Dalla frontiera con il Messico, lunga 3.000 chilometri e che corre da Tijuana fino a Tamaulipas, solo a febbraio sono passati illegalmente 76.000 immigrati senza documenti, il doppio rispetto al passato. Una situazione ingovernabile, anche per gli Usa dove spazio e opportunità non mancano. Come spiega Kevin McAleenan, responsabile della sicurezza del confine: «I centri di accoglienza sono pieni, gli agenti combattono per tamponare le emergenze sanitarie e ormai nessuno di quelli che arrivano trova una sistemazione decente».Quindi, in attesa del muro in acciaio e cemento per ora solo promesso, Donald Trump lancia la sfida a chi predica apertura e accoglienza. Lo fa a suo modo: invitando i sindaci democratici a ospitare i dreamers clandestini nelle loro «città santuario». Vale a dire San Francisco, Los Angeles, Houston, New York, Chicago e Philadelphia, che si sono rifiutate di applicare le politiche restrittive del governo. «Visto che i democratici non vogliono cambiare le leggi sull'immigrazione», scrive Trump sul suo profilo Twitter, «stiamo considerando di collocare gli immigrati illegali nelle città santuario. In California li amano, no? Il governatore (Gavin Newsom, democratico fresco di nomina, ndr) vuole accogliere un sacco di gente, un sacco di rifugiati. E allora diamoglieli, diamoli alle città santuario così potranno finalmente prendersene cura! La sinistra radicale vuole un sistema di frontiere e di braccia aperte? Accontentiamoli! Facciamoli felici».Una provocazione, quella del numero uno della Casa Bianca, anche perché non è chiaro se sia costituzionale uno smistamento stato per stato o addirittura città per città. Comunque molti dei sostenitori del «welcome dreamers», stanno facendo una repentina retromarcia. Secondo la collaudata regola del Nimby, ovvero «Non nel mio cortile», sono terrorizzati di trovarsi sotto casa frotte di migranti. Tra i progressisti pentiti spicca la star Cherilyn Sarkisian LaPierre, meglio nota come Cher. Da lei nessuno se lo aspettava, lei che fino a ieri era alla testa della Hollywood anti Trump, assieme a Robert De Niro, Michael Moore e Alec Baldwin. Così i giornali statunitensi l'hanno bollata d'ipocrisia e il figlio del tycoon, Donald Trump Jr, ha commentato con sarcasmo che Cher si è scoperta repubblicana. Trump senior, invece, non ha perso l'occasione per sfoderare il sarcasmo: «Finalmente sono d'accordo con Cher», ha twittato. Scorrendo i tweet passati dell'attrice si leggono frasi del tipo «ognuno può e deve ospitare un dreamer in casa propria e proteggerlo». E ancora: «Io sono pronta a farlo e anche i miei colleghi seguiranno il mio esempio».Ma il suo messaggio postato domenica, dopo l'annuncio di spedire i migranti nelle «sanctuary cities», non sfigurerebbe in un programma conservatore: «Comprendo di aiutare gli immigrati in difficoltà», cinguetta la premio Oscar per Stregata dalla luna, «ma la mia città, Los Angeles, non riesce neanche a prendersi cura di sé stessa. Cosa fare allora per quanto riguarda gli oltre 50.000 cittadini che vivono per strada, persone che vivono sotto la soglia di povertà e affamate? Se il mio Stato non può prendersi cura di sé stesso (molti di questi sono veterani di guerra), come può prendersi cura di tanti altri?». L'inatteso salto sul carro dell'America first non poteva passare inosservato, anche perché ci ha pensato il figlio di Trump a farlo notare, rilanciando il tweet: «Questi liberal di Hollywood hanno la faccia tosta. Aprono le frontiere quando possono far ricadere il peso su di voi, sulle vostre città, le vostre scuole e i vostri ospedali, ma se ciò inizia a toccare anche loro, all'improvviso non sono più così entusiasti dell'afflusso di clandestini».
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Giusi Bartolozzi (Ana)
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