2019-01-04
Romney e i repubblicani riprovano a mettere i bastoni fra le ruote di Trump
True
Tornano le scintille tra Donald Trump e l'establishment del Partito repubblicano. Pochi giorni fa Mitt Romney ha attaccato il presidente americano in un durissimo editoriale apparso sul Washington Post. Prendendo spunto dai recenti scossoni verificatisi dentro la Casa Bianca (a partire dalle dimissioni del segretario alla Difesa, James Mattis), il neo senatore dello Utah ha accusato il presidente di non possedere un'adeguata caratura. La mossa nasconderebbe la voglia di candidarsi per le elezioni 2020.Tornano le scintille tra Donald Trump e l'establishment del Partito repubblicano. Pochi giorni fa, il neo senatore dello Utah, Mitt Romney, ha attaccato il presidente americano in un durissimo editoriale apparso sul Washington Post. Prendendo spunto dai recenti scossoni verificatisi dentro la Casa Bianca (a partire dalle dimissioni del segretario alla Difesa, James Mattis), Romney ha accusato Trump di non possedere un'adeguata caratura presidenziale. «Con la nazione così divisa, risentita e arrabbiata, la leadership presidenziale nelle qualità del carattere è indispensabile. Ed è in questo campo che le carenze di quella attuale sono state più evidenti», ha tuonato l'ex governatore del Massachusetts. «Non intendo commentare ogni tweet o errore - ha proseguito - ma farò sentire la mia voce contro dichiarazioni o azioni significative che sono divisive, razziste, sessiste, anti immigrati, disoneste o distruttive per le istituzioni democratiche». Davanti a questo fiume in piena, la risposta del magnate non si è fatta attendere: «Preferirei che Mitt si concentrasse sulla sicurezza dei confini e su molte altre cose in cui possa essere di aiuto».Del resto, qualche malumore è circolato anche dentro il Partito repubblicano, visto che anche un vecchio avversario di Trump come il senatore del Kentucky, Rand Paul, ha criticato le parole di Romney: «Questo è un male per il Partito repubblicano ed è davvero negativo per la possibilità di lavorare insieme al Senato affinché le cose vengano fatte». Dello stesso avviso è apparso il senatore del South Carolina, Lindsey Graham, secondo cui le parole dell'ex governatore potrebbero rappresentare un boomerang per tutto il Partito repubblicano. La stessa presidentessa del partito (e nipote di Romney), Ronna McDaniel ha preso le distanze dallo zio.Insomma, dalle parti dell'elefantino non si respira una bella aria. Del resto, che i rapporti tra Trump e Romney non fossero idilliaci non è esattamente una novità. È dai tempi delle primarie repubblicane del 2016 che i due non si possono vedere. All'epoca, Romney si mise di fatto alla testa dei repubblicani anti-trumpisti, attaccando ripetutamente il magnate newyorchese, da lui considerato una sorta di eretico, del tutto estraneo ai classici valori del Grand old party. A un certo punto, iniziò addirittura a circolare la voce secondo cui l'ex governatore fosse pronto a fondare un nuovo partito, insieme al giornalista neoconservatore Bill Kristol. Il progetto si risolse in una bolla di sapone. Ma l'acrimonia con Trump non accennò a placarsi. A dire il vero, dopo la vittoria novembrina, tra i due sembrò avviarsi una fase di parziale disgelo: tanto che il nome dell'ex governatore entrò nella rosa dei papabili per la nomina a segretario di Stato. Alla fine, l'ipotesi tuttavia naufragò. Romney tornò nel silenzio. Fino allo scorso febbraio, quando annunciò la sua candidatura al seggio senatoriale dello Utah: seggio che è infine riuscito ad ottenere alle ultime elezioni di metà mandato.Adesso, l'ex governatore torna alla carica. Ed è abbastanza evidente che punti a una strategia ben precisa. Imitare, cioè, quello che è stato il ruolo del senatore John McCain in questi ultimi due anni, mettendosi a capo della fronda repubblicana anti-trumpista. Una fronda che, al Senato, potrebbe contare sull'appoggio di nomi potenti come quello del senatore dell'Ohio, Rob Portman, o del senatore del Nebraska, Ben Sasse. Insomma, sembrerebbe proprio che l'establishment repubblicano torni ad organizzarsi per fare opposizione a Trump. E, del resto, non sono poche le questioni su cui il presidente e le alte sfere dell'elefantino risultano in disaccordo: basti pensare al protezionismo economico o alla politica estera. Per questo, è probabile che Romney voglia orchestrare un autentico Vietnam parlamentare, per cercare di mettere il più possibile i bastoni tra le ruote a Trump. Il magnate, dal canto suo, sa di non poter stare tranquillo. Nonostante il richiamo all'unità, è perfettamente consapevole che l'ex governatore si rivelerà una serpe in seno. D'altronde, quest'ultimo ha già fatto sapere che il suo endorsement a Trump nel 2020 non sia affatto scontato. Per questo, non è del tutto escludibile che il magnate possa cercare di spezzare l'assedio, governando con maggioranze alterne. Soprattutto sui dazi non sono pochi i democratici che sposano la sua linea (si pensi soltanto al senatore dell'Ohio, Sherrod Brown).Infine, c'è l'ipotesi secondo cui Romney sia in realtà interessato a candidarsi alla nomination repubblicana nel 2020. Lui, per il momento, ha fermamente smentito una simile ambizione. Ciononostante bisogna fare attenzione. Non solo una discesa in campo oggi sarebbe prematura ma parrebbe che alcuni munifici finanziatori starebbero cercando di convincerlo a fare il grande passo. Certo è che, qualora abbia realmente intenzione di correre, è tutto da dimostrare che ce la possa fare. Non dimentichiamo che Romney è già stato sconfitto alle primarie repubblicane del 2008 e alle presidenziali del 2012. Inoltre, il suo profilo moderato e in linea con le tradizionali ricette repubblicane (dall'economia agli esteri) non sembra particolarmente gradito a buona parte degli elettori americani. Un altro scoglio è poi sempre stato rappresentato dalla sua fede religiosa. Essendo mormone, ha dovuto infatti subire ripetutamente l'astio della destra evangelica. Senza infine dimenticare che, alle presidenziali del 2016, Trump abbia ottenuto migliori performance di Romney in svariati bacini elettorali: a partire dal voto delle minoranze etniche. Insomma, le speranze presidenziali dell'ex governatore non sembrano tanto rosee. Che l'establishment repubblicano riesca a capirlo, è un altro discorso.
Abiy Ahmed e Giorgia Meloni (Ansa)
Il presidente e ad di Philip Morris Italia Pasquale Frega a Cernobbio (Ansa)
Il presidente e ad di Philip Morris Italia dal Forum Teha di Cernobbio: «La leva competitiva è cruciale per l'Italia e l'Europa».