2020-02-16
Trump per adesso grazia l’Italia: niente dazi
Esentati i nostri prodotti agroalimentari: puniti invece Airbus e i coltelli francesi e tedeschi. Ma la partita non è chiusa: a maggio è attesa la sentenza del Wto sulle tariffe ritorsive dell'Ue. Farsa di M5s e Pd: dopo aver insultato Donald Trump, ora parlando di «amicizia».L'Italia, almeno per ora, sembrerebbe essersi salvata dai dazi. Il made in Italy è stato esonerato dall'aumento delle tariffe che Washington ha annunciato in riferimento al dossier Airbus. Gli Stati Uniti hanno infatti reso noto che, dal 18 marzo, ci sarà un incremento dei dazi dal 10% al 15% sui velivoli del consorzio con sede a Leida, importati dall'Unione europea. Nel dettaglio, l'amministrazione Trump ha modificato la lista dei prodotti da colpire, aggiungendone alcuni e togliendone altri. A farne le spese saranno soprattutto i coltelli da macellaio e da cucina di importazione francese e tedesca. L'escalation commerciale è sorta dopo che, lo scorso settembre, la World trade organization ha concesso a Washington di colpire beni di importazione europea per un valore complessivo di 7,5 miliardi di dollari. Una disputa - quella di Airbus - che rischia di rivelarsi senza fine, visto che a maggio è attesa una nuova sentenza della World trade organization, che dovrebbe dare a Bruxelles la possibilità di comminare dazi ritorsivi. Tra l'altro, è chiaro che questo dossier si sta sempre più intersecando con altre questioni spinose: questioni che sono alla base degli attuali attriti tra Washington e svariati Paesi europei.Si pensi soltanto al problema della Web tax francese che - principalmente concepita per colpire i colossi tecnologici statunitensi - ha da mesi rinfocolato le tensioni tra l'Eliseo e la Casa Bianca. Senza poi dimenticare che tale dossier abbia determinato qualche urto anche tra Stati Uniti e Gran Bretagna. In tutto questo, non bisogna trascurare che - come ricordava ieri il New York Times - il presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha annunciato il mese scorso un accordo commerciale con Washington «in poche settimane»: non è quindi del tutto escludibile che, con i nuovi aumenti tariffari, l'amministrazione Trump voglia mettere gli europei maggiormente sotto pressione proprio a fini negoziali. Come che sia, l'Italia sembrerebbe al momento aver scampato il pericolo, visto che i nostri prodotti sono usciti incolumi dalla revisione delle liste tariffarie, rese note dagli Stati Uniti. Il governo giallorosso già canta vittoria. «Il lavoro fatto in questi mesi ha dato i suoi frutti. L'agroalimentare italiano non compare nella lista dell'Ustr americana - appena pubblicata - dei prodotti soggetti a dazi. Abbiamo scongiurato il rischio che le nostre eccellenze subissero danni irreparabili», ha dichiarato il ministro delle politiche agricole, Teresa Bellanova. Sulla stessa linea si è collocato il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio. «La nostra azione diplomatica e la nostra amicizia con gli Stati Uniti hanno scongiurato il peggio per le nostre aziende. Così difendiamo il made in Italy, così difendiamo i prodotti della nostra terra, orgoglio della nazione», ha affermato. Certo: che il made in Italy si sia salvato è indubbiamente una buona notizia. Simili trionfalismi risultano tuttavia forse un po' fuori luogo. Soprattutto alla luce del fatto che le questioni legate al commercio internazionale si rivelino sempre più connesse alle dinamiche di natura geopolitica. In questo senso, non bisogna dimenticare che l'attuale governo italiano intrattiene relazioni non poco turbolente con gli Stati Uniti. È noto che l'esecutivo giallorosso abbia infatti attuato una significativa convergenza nei confronti dell'asse francotedesco: quell'asse, cioè, che è da tempo ai ferri corti con Donald Trump e che -non a caso - è stato ulteriormente penalizzato dagli incrementi tariffari americani. La vicinanza sempre più stretta di Roma a Parigi e a Berlino non mette quindi il nostro Paese realmente al riparo dalle tensioni commerciali che continuano a caratterizzare i rapporti tra i due lati dell'Atlantico. Senza poi considerare che l'Italia è ormai diventata una sorta di osservato speciale degli Stati Uniti a causa dei suoi profondi legami con la Cina: legami che a Washington guardano come il fumo negli occhi. Del resto, il fatto stesso che il nostro Paese sia comunque finito in una disputa - quella Airbus - in cui non ha responsabilità (trattandosi di un consorzio prevalentemente francotedesco), vorrà pur dire qualcosa. Alla luce di tutto questo, va da sé che i rapporti con l'America non risultano particolarmente idilliaci. E il sospiro di sollievo sul mancato aumento dei dazi ha senso fino a un certo punto. In primo luogo, l'export di cibo italiano negli Stati Uniti ha comunque subito un duro colpo dallo scorso ottobre: in particolare, secondo la Coldiretti, le esportazioni di grana padano e parmigiano reggiano sarebbero addirittura dimezzate. In secondo luogo, l'ambiguità che in politica estera contraddistingue il nostro Paese nelle relazioni con Washington non ci mette certo al riparo da eventuali nuove revisioni tariffarie da parte americana. Insomma, c'è poco da festeggiare. Perché, senza una politica estera organica e coerente, Roma resta necessariamente esposta alle tempeste commerciali statunitensi.