2018-12-09
Trump impara a fare il politico: usa Nancy Pelosi per spaccare i dem
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Charles-Maurice de Talleyrand e Giulio Andreotti dicevano che il potere logora chi non ce l'ha. Una massima nota, che, oltreoceano, si attaglia perfettamente a Nancy Pelosi. Entrata alla Camera dei Rappresentanti nell'ormai lontano 1987, è stata capace di scalare man mano il Partito democratico, fino a diventare una delle sue principali esponenti. Tanto che, nel 2007, è stata la prima donna della storia americana a essere eletta Speaker della Camera: un ruolo che ha ricoperto per anni, restando comunque capogruppo dei dem nei periodi di maggioranza repubblicana. Insomma, con il passare degli anni la Pelosi ha consolidato il proprio potere, attraverso un'abilità non indifferente che le ha permesso, come pochi altri, di conoscere e controllare i complessi meccanismi del Campidoglio. Astuta e pragmatica, Nancy non ha mai disdegnato una punta di machiavellismo, alternando sapientemente alte battaglie idealistiche a inciuci parlamentari. Cattolica di stampo kennediano (e quindi molto liberal su aborto e matrimoni omosessuali), si è intestata nel tempo numerose battaglie di frontiera che, se da una parte ne sottolineano la provenienza politica tipicamente californiana, dall'altra ne evidenziano anche una certa autoreferenzialità. Autoreferenzialità che l'ex Speaker ha comunque bilanciato creandosi un network parlamentare consistente e tendenzialmente bipartisan. Un fattore che, se vogliamo, la accomuna a un altro grande vecchio della politica statunitense: il senatore repubblicano, recentemente scomparso, John McCain. Il punto è che, proprio come per McCain, questa abilità tattica nei meandri del Campidoglio ha finito col cucire addosso a Nancy l'immagine (forse non del tutto errata) di figura dell'establishment. Un elemento politicamente abbastanza pericoloso, soprattutto in un contesto - quello americano - in cui da alcuni anni ormai i sentimenti anti-sistema pervadono sempre più in profondità l'elettorato. La vittoria di Barack Obama nel 2008 e di Donald Trump nel 2016 dimostrano, del resto, questo stato di cose. Ed è stato così che, negli ultimi anni, la leadership di Nancy si è ritrovata sotto assedio. Non tanto dai repubblicani quanto da (alcuni) suoi stessi compagni di partito. Sia chiaro: il suo potere all'interno dell'Asinello è, ancora oggi, indiscusso. Anche perché, contrariamente a un altro satrapo del partito come Hillary Clinton, la Pelosi gode di una presa diretta sui banchi della Camera. Eppure qualcosa si è rotto. E la sua figura è finita additata nel calderone di quell'establishment che - piaccia o meno - sembra rifiutarsi categoricamente di rinnovare un partito - quello democratico - che avrebbe invece urgente bisogno di rivoluzionarsi radicalmente. È così che, durante la corsa per le ultime elezioni di metà mandato, alcuni candidati dem hanno fatto campagna elettorale, attaccando Nancy invece di Donald Trump. E, sempre in quest'ottica, la Pelosi sta incontrando qualche difficoltà nell'ottenere i voti necessari per essere rieletta Speaker della Camera. Un gruppo di deputati democratici sta infatti cercando di sbarrarle il passo, proprio perché la considera espressione di un mondo vecchio. Non solo in termini anagrafici (Nancy ha settantotto anni) ma soprattutto in termini di idee e strategie politiche da approntare per il futuro. Eppure, nonostante queste difficoltà, la capogruppo va avanti come un carro armato. Non solo ribadisce di essere la persona più titolata per fare la Speaker ma sta anche riuscendo a sfaldare la fronda democratica. Diversi dei deputati riottosi hanno improvvisamente cambiato idea. E, dallo scetticismo, sono passati al sostegno. Insomma, Nancy disporrebbe di una dote che ricorda molto il cosiddetto "trattamento Johnson": la capacità, cioè, che il presidente Lyondon Johnson aveva di persuadere gli avversari a sostenere le proprie proposte legislative. Capacità che oscillava costantemente dalla dolce carota all'inquietante bastone. E comunque, anche qualora Nancy non dovesse riuscire a conquistarsi tutti i voti necessari per la rielezione, potrebbe arrivare la cavalleria. Donald Trump si è infatti detto disposto a far convergere su di lei alcuni voti repubblicani. E, a proposito di pragmatismo, la Pelosi non sembra particolarmente restia ad accettare (nonostante abbia detto al presidente di tutto in questi anni su Russiagate e affini). Resta semmai da capire per quale motivo Trump voglia sostenerla. E qui comincia il mistero. È possibile che, pragmaticamente, il presidente voglia un Asinello unito alla Camera per poter avviare un'agenda legislativa efficace che ottenga un supporto parlamentare bipartisan: una mossa sotto molti aspetti saggia, visto che il Congresso risulta attualmente spaccato in due. Oppure c'è un'astuzia più raffinata. Non è che per caso, con una Nancy Pelosi nuovamente Speaker, il Partito democratico finirebbe additato - ancora una volta - come partito dell'establishment? Non è che, insomma, finirebbe col darsi di nuovo la zappa sui piedi, come fece candidando Hillary alla Casa Bianca? Trump potrebbe insomma considerare la Pelosi una sorta di inconsapevole cavallo di Troia: un modo, cioè, per spaccare ulteriormente l'Asinello al suo interno. E - soprattutto - rinverdire il suo storico messaggio politico anti-sistema. Scommettendo magari tutto sul fatto che, questa volta, la Pelosi possa rivelarsi non una risorsa per i democratici. Ma il loro canto del cigno.
Emanuele Orsini e Dario Scannapieco
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