2020-01-02
Trump ha preso i cinesi per la gola. Trovato l’accordo sull’import di soia
Il presidente annuncia l'intesa con Pechino dopo mesi di dazi: «La sigleremo alla Casa Bianca». Decisivo l'impegno a comprare legumi per 200 miliardi di dollari. Ma resta l'incognita sulla proprietà intellettuale.Pace fatta tra Stati Uniti e Cina? Martedì, Donald Trump ha annunciato che, il prossimo 15 gennaio, siglerà un accordo commerciale con Pechino. Si tratta di un'intesa parziale ma che dovrebbe allentare decisamente le tensioni tariffarie attualmente in essere tra i due giganti. «Firmerò il nostro grande e completo accordo commerciale di fase uno con la Cina il 15 gennaio. La cerimonia avrà luogo alla Casa Bianca. Saranno presenti rappresentanti di alto livello della Cina. Più tardi andrò a Pechino, dove inizieranno i colloqui sulla fase due», ha twittato il presidente americano, suscitando le reazioni più che positive di Wall Street. D'altronde, che le due parti avessero raggiunto un'intesa di massima era già stato reso noto a metà di dicembre. La bozza dell'accordo è al momento in fase di revisione tecnica, ragion per cui i dettagli ancora non si conoscono con esattezza. Se dallo staff di Trump hanno fatto sapere che i termini dell'intesa saranno presto resi noti (probabilmente nella prima settimana di gennaio), alcuni elementi sono comunque trapelati. Pare che la Cina si impegnerà ad acquistare ampi quantitativi di prodotti statunitensi (soprattutto agricoli, vedi alla voce soia): si parla di circa 200 miliardi di dollari in più nei prossimi due anni. Washington - dal canto suo - concederà un parziale allentamento sui dazi contro Pechino. L'accordo potrebbe inoltre toccare questioni spinose come la valuta e - soprattutto - la proprietà intellettuale. Se i critici di Trump temono che si tratti di un cedimento da parte americana, il consigliere al Commercio del presidente, il falco anti cinese Peter Navarro, ha definito martedì scorso l'intesa «un buon affare».Un'intesa che, sebbene parziale, potrebbe adesso inaugurare una svolta nelle relazioni tra Washington e Pechino. Senza poi trascurare le ricadute interne per la politica americana. Trump aveva infatti bisogno di arrivare a un accordo con la Cina: un risultato che ha ovviamente intenzione di brandire in campagna elettorale come un trofeo. Non dimentichiamo d'altronde che sulla questione dei dazi cinesi Trump avesse in buona parte fondato il proprio programma elettorale nel 2016. E proprio questo dossier sta rappresentando una delle più grandi (e rischiose) scommesse politiche della sua presidenza. Sotto questo aspetto, del resto, è interessante notare che nessuno dei principali candidati alla nomination democratica abbia sinora preso apertamente le distanze dalla linea commerciale protezionista del presidente verso Pechino. Tra l'altro, oltre che a mantenere una promessa, Trump ha estrema necessità di assicurare finalmente sollievo alla classe agricola statunitense: la quota sociale forse maggiormente colpita dalla guerra tariffaria con Pechino, soprattutto a causa della crisi verificatasi nell'export della soia. La questione non nasce certo oggi. Già nel corso del G20 di Osaka lo scorso giugno, il presidente cinese, Xi Jinping, si era impegnato ad acquistare considerevoli quantitativi di prodotti agricoli americani: una promessa poi tuttavia caduta nel vuoto. Trump ha finora erogato cospicui sussidi pubblici per venire incontro alle esigenze degli agricoltori: agricoltori che, nonostante le difficoltà, hanno continuato in maggioranza a sostenere la linea del presidente verso la Cina. Tutto questo evidenzia come sia proprio il dossier agricolo quello elettoralmente più urgente e rilevante per l'inquilino della Casa Bianca. Come che sia, il dato politico, per il momento, è che Trump inizia il 2020 con due successi in materia di commercio internazionale: non solo l'intesa (annunciata) con i cinesi ma anche il via libera al nuovo trattato di libero scambio tra Stati Uniti, Canada e Messico, recentemente ratificato dalla Camera dei Rappresentanti. D'altronde, anche Xi Jinping ha i suoi guadagni dalla tregua, visto il deciso rallentamento del settore manifatturiero cinese, verificatosi a causa delle tensioni commerciali. Resta da capire su che cosa verteranno le trattative dedicate alla «fase due» dell'intesa. Con ogni probabilità, si tratterà di problemi particolarmente spinosi, a partire dalla questione della proprietà intellettuale: questione che, verosimilmente, verrà soltanto accennata nell'intesa del 15 gennaio. Qui è probabile che la situazione possa farsi molto più difficile. Ma, a questo punto è abbastanza chiaro che Trump non abbia eccessiva fretta di concludere un ulteriore accordo: al presidente interessa infatti molto di più che i cinesi rispettino intanto quanto si accingono a sottoscrivere per la «fase uno». Questa rappresenta per lui l'incognita principale: un fattore su cui dovrà vigilare attentamente, perché eventuali violazioni dell'intesa da parte di Pechino potrebbero costargli caro, soprattutto sul fronte elettorale. Bisognerà infine capire come l'accordo commerciale si intersecherà con due complicati scenari geopolitici: la proteste di Hong Kong e la rinnovata irrequietezza, mostrata dalla Corea del Nord. Due rompicapo, le cui soluzioni Trump dovrà mostrarsi abile ad armonizzare: un obiettivo tutt'altro che facile.
Jose Mourinho (Getty Images)