- Prendevano il sussidio senza averne diritto: fermati a Linate strapieni di contante nascosto dappertutto. I dati ufficiali: il Rdc è costato 31,5 miliardi in 4 anni, ecco la mappa.
- Fermati 39 passeggeri, per lo più egiziani, che a Linate trasportavano contanti di cui non hanno giustificato la provenienza. Tutti percepivano il sussidio senza averne diritto: avevano lavori stabili e immobili a Milano.
Prendevano il sussidio senza averne diritto: fermati a Linate strapieni di contante nascosto dappertutto. I dati ufficiali: il Rdc è costato 31,5 miliardi in 4 anni, ecco la mappa. Fermati 39 passeggeri, per lo più egiziani, che a Linate trasportavano contanti di cui non hanno giustificato la provenienza. Tutti percepivano il sussidio senza averne diritto: avevano lavori stabili e immobili a Milano.Lo speciale contiene due articoli.Una marea di soldi verso Sud, ben oltre le differenze di ricchezza. In più di quattro anni il Reddito di cittadinanza è costato oltre 31 miliardi ed è andato a 1.148.010 famiglie, con assegni medi mensili da 538,64 euro. I dati sono dell’Inps e coprono il periodo che va da aprile 2019, quando il governo Lega-M5s ha introdotto la misura, e lo scorso giugno. Due regioni, la Campania e la Sicilia, da sole hanno incamerato il 43% dei sussidi. E in città come Napoli (15,82%) e Crotone (15,72%) una famiglia su sei ha preso il Rdc. Considerate l’evasione fiscale e l’alto numero di truffe scoperte, non è difficile capire chi ha vinto e chi ha perso intorno alla mensa pubblica della misura che a settembre del 2018 fece dire al grillino Luigi Di Maio: «Oggi abbiamo sconfitto la povertà». Intanto il commissario straordinario dell’Inps, Micaela Gelera, ha riconosciuto che l’sms dell’ente «avrebbe dovuto essere più accurato».Il 31 luglio hanno perso il diritto a ricevere il sussidio le famiglie in cui non vi siano minori, disabili, ultrasessantenni o persone assistite dai servizi sociosanitari locali. Si tratta del primo passo verso l’abolizione, entro cinque mesi, del Reddito di cittadinanza, decisa dal governo di Giorgia Meloni con la finanziaria per il 2023 e il decreto Lavoro del 4 maggio scorso. I componenti dei nuclei più svantaggiati, di età compresa tra 18 e 59 anni, privi di disabilità e con un Isee non superiore a 6.000 euro annui, potranno tuttavia richiedere da settembre il «Supporto per la formazione e il lavoro», ovvero una somma fissa di 350 euro al mese destinata al singolo individuo che partecipi a misure di attivazione lavorativa (tra cui il servizio civile universale e i progetti utili alla collettività), della durata di non più di 12 mesi e non rinnovabile. Da gennaio 2024 il Reddito di cittadinanza cesserà per tutti e verrà sostituito dall’assegno di inclusione. Sull’sms di disdetta che ha suscitato polemiche, il commissario Gelera ieri ha affermato che «nell’ambito di un rapporto di trasparenza e lealtà con i cittadini, in ossequio al principio di proattività adottato dall’Inps, che è teso a fornire al cittadino tutte le informazioni relative alle prestazioni che lo riguardano e alle opportunità che potrebbe cogliere, Inps ha inviato un sms/email, che avrebbe dovuto essere più accurato nei contenuti e nella forma». Nei primi due mesi del 2023, le domande di accesso sono letteralmente crollate dalle 261.378 del primo bimestre 2022 a quota 90.287. Certo, un po’ ha pesato la ripresa economica, ma molto ha inciso l’effetto psicologico e la consapevolezza che la misura sarà gradualmente cancellata.Dall’aprile del 2019 al giugno di quest’anno, secondo l’Inps, per il mega sussidio contro la povertà sono stati spesi 31,5 miliardi di euro, quanto una manovra finanziaria. L’importo medio degli assegni è stato di 538,64 euro, con una media nel periodo di 1.148.010 famiglie beneficiarie. Il picco si è toccato a luglio 2021 con 1,4 milioni di famiglie e 767 milioni di spesa, mentre a giugno scorso i nuclei familiari erano calati a poco più di un milione, per 511,6 milioni di costo totale. Secondo Anpal, solo 257.629 persone si sono iscritte al programma di formazione lavoro specifico e solo 108.289 sono state coinvolte in corsi di formazione, orientamento e avviamento (42%). Per capire perché in alcune zone stanno esplodendo le proteste, basta vedere chi ha percepito il Reddito in questi anni. La prima provincia per lettere di sospensione è quella di Napoli, con 21.500 famiglie che incassano il sussidio, seguita da quella di Roma con 12.225 revoche e da quella di Palermo con 11.573. Secondo i dati forniti da Inps e Istat, la Campania guida la classifica del Reddito di cittadinanza con il 23% del totale, seguita da Sicilia (20%), Lazio (10%) e Puglia (9%). Al Nord, il maggior numero di sospensioni è arrivato nelle provincie di Torino, con 4.615 lettere, e di Milano, con 3.278 cessazioni. In fondo alla classifica Bolzano (29) e Belluno (59). Del resto, a Bolzano prendeva il reddito solo lo 0,33% delle famiglie, contro il 15,8% di Napoli. A Belluno si arrivava appena allo 0,95%, a Treviso all’1,44% e a Sondrio all’1,51%. Nel 2021 il Pil pro capite nel Centro Nord era pari a 33.400 euro e quello del Sud si fermava a 18.500 euro. Un divario rilevante, ma che non basta a spiegare questa distribuzione del Rdc.Una famiglia su tre di quelle che prendevano il sussidio aveva minorenni in casa e l’età media dei loro componenti era di 36 anni. Oltre mezzo milione di persone era nella fascia di età tra i 40 e i 67 anni ed è in possesso di licenza elementare o di terza media. Le donne sono di più (52,8%), anche per i noti divari di reddito con gli uomini. Uno studio di Prometeia ha individuato intorno al 15,5% la percentuale di Neet (giovani inattivi tra i 15 e i 29 anni che non cercano lavoro) che prende il Reddito di cittadinanza. Pasquale Tridico, ex presidente dell’Inps, sostiene che le truffe sono state «solo dell’1%». Ma, secondo l’inchiesta della Verità pubblicata domenica utilizzando gli stessi dati Inps, il 6% delle persone controllate non era in regola. E se su 156.822 soggetti verificati si sono accertati oltre 40 milioni di euro indebitamente percepiti, dietro ai 4,65 milioni di beneficiari del Reddito dei primi tre anni potrebbe nascondersi una voragine da 1,18 miliardi. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/truffe-reddito-cittadinanza-2662712921.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="i-furbi-del-reddito-di-cittadinanza-africani-con-bagagli-pieni-di-soldi" data-post-id="2662712921" data-published-at="1691138546" data-use-pagination="False"> I furbi del reddito di cittadinanza. Africani con bagagli pieni di soldi «Niente da dichiarare». E invece nascondevano decine di migliaia di euro nelle zip delle cinture, nei doppiofondi delle valige, dentro la biancheria intima. Davanti ai ligi finanzieri dell’aeroporto di Linate, i trentanove nordafricani hanno balbettato improbabili motivazioni. «Da dove viene tutto questo denaro?» gli chiedevano. E loro abbozzavano. Chissà. L’arcano s’è scoperto dopo una serie di controlli incrociati: i liquidissimi viaggiatori erano fortunati percettori del reddito di cittadinanza. Le prodezze svelate dalla Guardia di finanza dello scalo milanese sono l’ennesimo episodio del consumato capitolo: truffe sull’assegno voluto dai grillini e rivisto dal governo. I fermati sono egiziani, soprattutto. Gonfi di contanti da riportare nei Paesi natali. Trasformati in indigenti a cui corrispondere il controverso sussidio da farlocche autocertificazioni. Nonostante lavori stabili, imprese in salute e buone entrate. Alcuni di loro avevano perfino immobili a Milano, addirittura affittati. Mentre altri utilizzavano beni intestati a defunti. Eh sì, avevano moltissimo da dichiarare invece. Ma avrebbero perduto l’assegno a sbafo, dunque si fingevano nullatenenti o quasi. Astuzia che ha permesso di incassare il celeberrimo aiuto a 25 uomini e 14 donne, scoperti in poco più di un anno. Tutti traditi da quel denaro frusciante nascosto tra doppi fondi e tasche segrete. Assieme ai loro balbettii sulla provenienza dei bigliettoni. Stesse storie, una dopo l’altra: trentanove casi, scoperti solo a Linate. Provate a pensare, considerando chi l’ha fatta franca e allargando ipotetiche verifiche a tutti gli aeroporti italiani: quanti sono i furbacchioni percettori di reddito ed esportatori di oltre dieci mila euro, il limite massimo consentito? Facciamo pure due conti, già che ci siamo: la finanza meneghina ha accertato un danno per lo stato di 456.000 euro, evitando l’esborso di ulteriori 120.000. Moltiplicate allora per i potenziali emuli, abituati a farla franca. Invece, nell’indagine di Linate, i finanzieri si sono insospettiti per le reiterate modalità. Come fanno disoccupati o quasi nullatenenti a nascondere ventimila euro nella cinta dei pantaloni? Sono quindi scattate le indagini, coordinate dalla procura di Milano, con le verifiche incrociate. I militari hanno appurato l’evidente irregolarità delle domande presentate dai nordafricani. Con l’obiettivo di mettere le mani sul sussidio, ovviamente. E quindi: falsi documenti e dichiarazioni mendaci. Bastava nascondere famigli oppure omettere il reddito familiare. Non ha certo abolito la povertà, come annunciava dal balcone di Palazzo Chigi un festante Luigino Di Maio, allora ministro del Lavoro e adesso riverito inviato nel Golfo persico per l’Unione europea. In compenso, il reddito di cittadinanza ha permesso di lambire vette truffaldine mai raggiunte. Indagini sempre più roboanti, nel corso degli anni, hanno svelato un campionario sterminato. L’asiatico che dichiara falsamente la presenza in Italia di moglie figlie, che percepiscono il reddito dall’estero. L’uomo che s’inventa una numerosa prole. La donna che dimentica di essere sposata. Il settantenne possidente che sfreccia in Ferrari. Quello ai domiciliari con lo yacht. L’attempato disoccupato proprietario di diciassette macchine e una motocicletta. L’indigente membro di una famiglia che dichiara quasi 700.000 euro. Nutritissima anche la pattuglia degli appartenenti alla criminalità organizzata, soprattutto in Campania. Così come pullulano mogli e familiari dei boss, che hanno omesso di segnalare la scomoda parentela. E poi pluripregiudicati finiti al fresco. Affiliati che scontano l’arresto ai domiciliari. Clandestini appena arrivati in Italia. Stranieri fantasma che rientravano a fine mese solo per intascare il sussidio. Tutti felici percettori. Del resto, bastava presentare un’autocertificazione fasulla. Eppure, dopo le novità introdotte dal governo, a Napoli alcuni minacciano di mettere a fuoco la città se non riavranno l’assegno mensile dell’Inps. Come ha verificato La Verità, spesso però si tratta di persone che lavorano in nero o arrotondano i guadagni con i soldi statali. I contestatori, insomma, spesso non sono disperati capi famiglia che non sanno cosa mettere nel piatto. In appena una giornata abbiamo scovato affittacamere di due bed&breakfast abusivi, badanti che guadagnando 2.500 euro al mese in nero, custodi abusivi al Vomero con casa in comodato gratuito, richiestissime parrucchiere a domicilio. Scaltrezze che, inevitabilmente, finiscono per sfuggire alle inchieste. Negli anni sono stati milioni i percettori del reddito di cittadinanza. E da gennaio 2021 a maggio 2022, gli ultimi dati pubblicati, sono stati scoperti illeciti per 288 milioni: 171 indebitamente percepiti e 117 non ancora riscossi. Nello stesso periodo, le autorità hanno denunciato oltre 29.000 persone. Rivelando inarrivabili gesta. Vedi l’egiziano di 39 anni fermato recentemente a Roma per un controllo. In tasca aveva ben 34 carte bancoposta per l’accredito del sussidio e 33 ricevute d’acquisto. Oltre a 5.580 euro in contanti. Che ha tentato maldestramente di offrire agli agenti, chiedendo inutilmente di chiudere un occhio. Molto meno audaci, invece, i suoi connazionali beccati a Linate mentre portavano all’estero i soldi del reddito di cittadinanza. «Niente da dichiarare» ripetevano tutti. E beati continuavano a godersi l’immeritato assegno.
Sanae Takaichi (Ansa)
La conservatrice Sanae Takaichi vuole alzare le spese militari e saldare l’asse con Washington: «Avrò discussioni franche con Trump».
(Guardia di Finanza)
Sequestrate dalla Guardia di Finanza e dai Carabinieri oltre 250 tonnellate di tabacchi e 538 milioni di pezzi contraffatti.
I Comandi Provinciali della Guardia di finanza e dell’Arma dei Carabinieri di Torino hanno sviluppato, con il coordinamento della Procura della Repubblica, una vasta e articolata operazione congiunta, chiamata «Chain smoking», nel settore del contrasto al contrabbando dei tabacchi lavorati e della contraffazione, della riduzione in schiavitù, della tratta di persone e dell’intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro.
Le sinergie operative hanno consentito al Nucleo di polizia economico-finanziaria Torino e alla Compagnia Carabinieri di Venaria Reale di individuare sul territorio della città di Torino ed hinterland 5 opifici nascosti, dediti alla produzione illegale di sigarette, e 2 depositi per lo stoccaggio del materiale illecito.
La grande capacità produttiva degli stabilimenti clandestini è dimostrata dai quantitativi di materiali di contrabbando rinvenuti e sottoposti a sequestro: nel complesso più di 230 tonnellate di tabacco lavorato di provenienza extra Ue e circa 22 tonnellate di sigarette, in gran parte già confezionate in pacchetti con i marchi contraffatti di noti brand del settore.
In particolare, i siti produttivi (completi di linee con costosi macchinari, apparati e strumenti tecnologici) e i depositi sequestrati sono stati localizzati nell’area settentrionale del territorio del capoluogo piemontese, nei quartieri di Madonna di Campagna, Barca e Rebaudengo, olre che nei comuni di Caselle Torinese e Venaria Reale.
I siti erano mimetizzati in aree industriali per dissimulare una normale attività d’impresa, ma con l’adozione di molti accorgimenti per svolgere nel massimo riserbo l’illecita produzione di sigarette che avveniva al loro interno.
I militari hanno rilevato la presenza di sofisticate linee produttive, perfettamente funzionanti, con processi automatizzati ad alta velocità per l’assemblaggio delle sigarette e il confezionamento finale dei pacchetti, partendo dal tabacco trinciato e dal materiale accessorio necessario (filtri, cartine, cartoncini per il packaging, ecc.), anch’esso riportante il marchio contraffatto di noti produttori internazionali autorizzati e presente in grandissime quantità presso i siti (sono stati infatti rinvenuti circa 538 milioni di componenti per la realizzazione e il confezionamento delle sigarette recanti marchi contraffatti).
Gli impianti venivano alimentati con gruppi elettrogeni, allo scopo di non rendere rilevabile, dai picchi di consumo dell’energia elettrica, la presenza di macchinari funzionanti a pieno ritmo.
Le finestre che davano verso l’esterno erano state oscurate mentre negli ambienti più interni, illuminati solo artificialmente, erano stati allestiti alloggiamenti per il personale addetto, proveniente da Paesi dell’Est europeo e impiegato in condizioni di sfruttamento e in spregio alle norme di sicurezza.
Si trattava, in tutta evidenza, di un ambiente lavorativo degradante e vessatorio: i lavoratori venivano di fatto rinchiusi nelle fabbriche senza poter avere alcun contatto con l’esterno e costretti a turni massacranti, senza possibilità di riposo e deprivati di ogni forma di tutela.
Dalle perizie disposte su alcune delle linee di assemblaggio e confezionamento dei pacchetti di sigarette è emersa l’intensa attività produttiva realizzata durante il periodo di operatività clandestina. È stato stimato, infatti, che ognuna di esse abbia potuto agevolmente produrre 48 mila pacchetti di sigarette al giorno, da cui un volume immesso sul mercato illegale valutabile (in via del tutto prudenziale) in almeno 35 milioni di pacchetti (corrispondenti a 700 tonnellate di prodotto). Un quantitativo, questo, che può aver fruttato agli organizzatori dell’illecito traffico guadagni stimati in non meno di € 175 milioni. Ciò con una correlativa evasione di accisa sui tabacchi quantificabile in € 112 milioni circa, oltre a IVA per € 28 milioni.
Va inoltre sottolineato come la sinergia istituzionale, dopo l’effettuazione dei sequestri, si sia estesa all’Agenzia delle dogane e dei monopoli (Ufficio dei Monopoli di Torino) nonché al Comando Provinciale del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco di Torino nella fase della gestione del materiale cautelato che, anche grazie alla collaborazione della Città Metropolitana di Torino, è stato già avviato a completa distruzione.
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Roberto Burioni (Ansa)
In un tweet se la prende con «La Verità»: i danni collaterali con mRna non esistono.
Domenico Arcuri (Ansa)
L’investigatore della Gdf audito in Commissione. I giallorossi cercano solo di estorcergli un’assoluzione per l’ex commissario.