2019-06-26
Tria fa l’ottimista sulla procedura. La Bce mette paletti sull’oro italiano
I commissari decideranno il 2 luglio, ma il ministro è convinto di evitare la stangata. Francoforte non boccia la legge leghista sul possesso statale delle riserve, però invita a una formulazione meno dura su Bankitalia.Fino al 2 luglio nessuna decisione. La Commissione Ue tornerà sul dossier «procedura d'infrazione» la prossima settimana, mentre solo stasera il Consiglio dei ministri proverà per la prima volta a tirare le file delle proposte economiche di Lega e 5 stelle. Il mediatore, Giovanni Tria, ieri ha detto la sua, aggiungendo un puzzle in più rispetto a tutte le sue precedenti dichiarazioni improntate al dialogo con Bruxelles.«Non vedo ostacoli per un accordo per evitare la procedura sui conti», ha detto ieri il ministro a un seminario organizzato dall'Università di Tor Vergata. L'offerta italiana, con la prima parte delle misure taglia deficit in legge di assestamento, è attesa già stasera in Consiglio dei ministri, si fa trapelare dall'evento sulla globalizzazione. Cioè, tradotto significa che il Mef lavora a diminuire il deficit portando sul piatto tagli di spesa. «Io credo che l'Italia sia sostanzialmente in linea con le regole di bilancio europee e per questa ragione sono ottimista su una buona soluzione sulla procedura», ha scandito Tria. «Per un'economia a crescita zero, il target di deficit al 2,1% per l'anno in corso rappresenta una politica fiscale più che prudente e stiamo andando verso questo livello di deficit grazie a una gestione delle finanze pubbliche prudente», ha concluso, «anche se noi stiamo attuando le politiche sociali programmate con l'ultima legge di bilancio». Nell'assestamento, che per legge si approva entro il 30 giugno, «possiamo registrare, dopo il controllo della Corte dei conti, come la nostra politica di bilancio molto prudente ci sta portando in modo naturale entro livelli di sicurezza del deficit e non c'è bisogno di tagliare nulla dei programmi di spesa già approvati». Quest'ultimo passaggio sarà da interpretare. Infatti, scopriremo solo il 2 luglio se a Bruxelles basteranno le minor spese dovute al reddito di cittadinanza e quota 100 (unitamente ai due miliardi di spesa ministeriale congelati già lo scorso dicembre) per evitare l'avvio della procedure. Soprattutto bisognerà capire quanto la Lega stasera voglia spingere il piede sull'acceleratore della manovra. Il secondo pilastro del Consiglio dei ministri sarà dedicato al 2020. Il Carroccio è consapevole del fatto di aver tempo fino al 16 luglio per spingere sulle proprie proposte e dunque anticipare la manovra finanziaria prima dell'estate. Dopo il 16 luglio far cadere Giuseppe Conte comporterebbe automaticamente il subentro di un governo tecnico. E per la Lega significherebbe perdere il vantaggio delle europee. Se il governo cadesse prima, le elezioni sarebbero a settembre. La Lega sa si essere in vantaggio sui 5 stelle e per questo tirerà la corda il più possibile con l'obiettivo di avviare il maggior numero possibile di dossier da autointerstarsi.Stasera Matteo Salvini proverà dunque a far inserire nel documento economico la flat tax, la riforma fiscale di semplificazione delle detrazioni e probabilmente anche un allargamento del condono alle banconote. Un braccio di ferro difficile perché dovrà essere tarato anche sulla trattative per nomine in Consiglio e Commissione Ue. D'altra parte il Parlamento si sta ulteriormente assestando e sembra ridefinire equilibri un po' più leghisti. Come si evince dalle ultime mozioni sull'ex Ilva, dall'uscita di elementi grillini verso il gruppo Misto e anche dal parere della Bce sulla proprietà dell'oro di Bankitalia. Una battaglia partita da Claudio Borghi, che ha visto nero su bianco la risposta di Mario Draghi. Due mesi fa il leghista aveva sollecitato a Francoforte un'interpretazione autentica della proprietà dei lingotti di via Nazionale. Circa 90 miliardi in euro, vincolati dall'Eurosistema, che secondo il Carroccio dovrebbero ricevere l'etichetta di ricchezza di proprietà dello Stato. Borghi con la lettera di Draghi incassa una parziale vittoria che potrà giocarsi nelle prossime mosse parlamentari. In sostanza. la Bce non boccia l'azione leghista e non nega che la proprietà sia dello Stato, sebbene inserisca una serie di paletti. Innanzitutto specifica che anche le riserve non trasferite alla Bce «sono soggette all'approvazione della Banca centrale europea al fine di assicurare la coerenza con le politiche monetarie del cambio fisso». Draghi ricorda anche che Bankitalia deve rimanere indipendente anche nella gestione delle riserve auree le quali non possono mai essere utilizzate per «finanziare il settore pubblico». Tant'è che nel testo si suggerisce anche di emendare un passaggio specifico contenuto nella proposta di Borghi. Il riferimento all'azione di Bankitalia in qualità «esclusivamente» di depositario dei lingotti, secondo Draghi aprirebbe la strada a false interpretazioni. Nel complesso, numerosi paletti che raffigurano tutt'altro che una bocciatura. Al contrario il parere della Bce sollecitato da Roberto Fico, in qualità di presidente della Camera, ha due interi paragrafi dedicati alla valutazione della proposta di Fratelli d'Italia (nazionalizzazione delle quote di Bankitalia). E qui sono invece arrivate le bastonature. A partire dal valore che si vorrebbe assegnare alle singole azioni (51 centesimi invece di 25.000 euro) fino al rischio di rendere il Mef organismo di controllo di Bankitalia. Ipotesi contraria allo statuto. Si tratta di dettagli, ma in giorni delicati come gli attuali la forza del governo gialloblù si misura anche sui successi o gli insuccessi dell'attività dei gruppi parlamentari. Aiutano a capire chi si avvicina alla Lega o allontana dai 5 stelle.