Il super sconto Irpef lo fece Draghi
2025-11-10

Quella ciambella di salvataggio, lanciata dallo Stato via Cdp anni fa alla Trevi sta costando sempre più cara. La società cesenate, specializzata in ingegneria del sottosuolo, continua a navigare in acque perigliose da quando Cdp è entrata nel capitale nel lontano 2014.
Giorni fa la società ha dovuto annunciare il rinvio della pubblicazione del bilancio del 2021. Di solito non è quasi mai una buona notizia. In ballo ci sono le rinegoziazioni con le banche, divenute azioniste con oltre il 30% delle quote dopo le conversioni dei crediti in capitale. È scaduto infatti a inizio dell’anno l’accordo di moratoria e standstill con gli istituti di credito sottoscritto nell’estate del 2021.
E il gruppo ingegneristico, posseduto al 25% da Cdp e al 6,7% da Sace, sta provando a tutt’oggi a negoziare i termini di una nuova manovra finanziaria e di un rafforzamento patrimoniale con le banche. Si tratta di un nuovo giro di ristrutturazione, dopo il primo accordo con i finanziatori che data dal lontano 2019.
A oggi ancora non si sa se si troverà un’intesa che, nella prima versione dello scorso dicembre, prevedeva un aumento di capitale da 20 milioni; un ulteriore conversione di crediti in azioni da parte del pool di banche e un riscadenzamento del debito complessivo. Evidentemente la situazione continua a essere compromessa. Del resto basta vedere i numeri dell’indebitamento finanziario netto che ogni mese Trevi deve comunicare alla Consob, dato che figura nella lista nera delle società sotto stretta sorveglianza dell’Authority.
L’ultima fotografia è di fine marzo del 2022 e vede complessivamente un livello di indebitamento finanziario netto dell’intero Gruppo per 263 milioni di euro. Di cui a breve per ben 193 milioni. Tra l’altro a marzo risultavano scaduti debiti per un totale di 58 milioni, 20 finanziari e 38 commerciali. Subito dopo il primo accordo con le banche, a inizio del 2021 Trevi già non aveva rispettato il covenant sul rapporto tra mol e indebitamento.
Da qui la necessità di nuove rinegoziazioni che si trascinano da tempo. Anche il piano industriale ha dovuto essere rivisto, dimezzando di fatto la crescita annua dei ricavi attesa. E così il rinvio dell’approvazione dei conti la dice lunga sulla criticità della situazione. L’ultimo bilancio è quello lontano della semestrale del 2021 che vedeva una perdita per 29 milioni a fronte di ricavi per 216 milioni con un margine operativo lordo a 20 milioni. Non fa testo il bilancio precedente, chiuso con un utile di 250 milioni, frutto della plusvalenza dalla vendita della divisione Oil & gas, uno dei pilastri dell’accordo di ristrutturazione che ha visto l’azienda dimagrire cedendo asset. Sia i ricavi che il Mol erano in forte calo già a giugno del 2021 e si suppone che la seconda parte dell’anno sia stata ancora debole.
E così il peso di ben 263 milioni di debiti finanziari continua a pesare come un macigno sulla capacità dell’azienda (per anni proprietà della famiglia Trevisani) di andare avanti senza il sostegno di banche e Cassa depositi. Che ha visto il suo investimento complessivo di 140 milioni (101 milioni all’atto dell’ingresso nel 2014 e altri 39 milioni sotto forma di aumento di capitale nel 2020) andare di fatto bruciato. Oggi con il titolo che vale in Borsa solo 93 milioni, il 25% in capo a Cdp è valorizzato meno di 24 milioni. Un passivo per la Cassa di oltre 110 milioni per il salvataggio di Trevi. Un salvataggio non ancora andato in porto.
«Bisogna capire cosa si intende per ricco. Se è ricco chi guadagna 45.000 euro lordi all’anno, cioè poco più di 2.000 euro netti al mese forse Istat, Banca d’Italia e Upb hanno un concezione della vita un po’…».
Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, dopo i rilievi alla manovra economica di Istat, Corte dei Conti e Bankitalia si è sfogato e, con i numeri, ha spiegato la ratio del taglio Irpef previsto nella legge di Bilancio il cui iter entra nel vivo in questa settimana. I conti corrispondono a quelli anticipati dal nostro direttore Maurizio Belpietro che, nell’editoriale di ieri, aveva sottolineato come la segretaria del Pd, Elly Schlein avesse lanciato la sua «lotta di classe» individuando un nuovo nemico in chi guadagna 2.500 euro al mese ovvero «un ricco facoltoso».
Basta avere qualche soldo da parte, a volte nemmeno troppi, e trovare un’azienda compiacente per arrivare in Italia. Come testimonia il servizio realizzato da Fuori dal coro, il programma di Mario Giordano, che ha trovato un’azienda di Modena che, sfruttando il decreto flussi, importa nel nostro Paese cittadini pakistani. Ufficialmente per lavorare. Ufficiosamente, per tirare su qualche soldo in più. Qualche migliaia di euro ad ingresso. È il business dell’accoglienza, bellezza.
Non c’è il due senza il tre e infatti siamo alla terza violenza consecutiva a opera di clandestini. Prima una modella aggredita sul treno tra la Brianza e Milano, un assalto che solo la pronta reazione della ragazza ha evitato si trasformasse in qualche cosa di peggio. Poi una turista trascinata da due stranieri dietro una macchina in centro a Firenze e violentata. Quindi una commessa che a Cantù, mentre la mattina stava iniziando il turno di lavoro, è stata assalita quando si apprestava ad aprire il supermercato. Tutti e tre gli immigrati non avrebbero dovuto trovarsi sul territorio nazionale, perché irregolari e in qualche caso già autori di violenze.
