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2025-11-10
Clandestini fuori controllo
Ovviamente, la lista degli stupri compiuti o di quelli tentati potrebbe allungarsi di molto, se solo decidessimo di sfogliare le pagine di cronaca degli ultimi mesi. Del resto, l’ultima statistica del ministero dell’Interno segnala l’aumento dei reati sessuali compiuti da stranieri, nella maggior parte dei casi clandestini. Su dieci violenze denunciate, più di quattro sono opera di extracomunitari, ma se guardiamo al dato della popolazione gli immigrati non rappresentano più del 40 per cento del totale, ma solo il 9. Considerando che gli immigrati provenienti da alcuni Paesi hanno tassi molto più bassi rispetto a quel 40 per cento, significa che esiste una minoranza che è responsabile di gran parte delle violenze e questa minoranza si distingue per due caratteristiche: proviene da alcune zone del mondo e in genere non ha titolo per essere accolta nel nostro Paese, in quanto non ha un permesso di soggiorno, né per lavorare né perché in fuga da una guerra.
Ma invece di guardare in faccia un problema che inizia a essere allarmante, l’opposizione e quella parte della magistratura che con la sinistra condivide le stesse idee fanno di tutto pur di non dare il via a una politica di respingimenti e di rimpatri.
I clandestini sono chiaramente un pericolo per le persone comuni, ma i compagni - con o senza la toga - si rifiutano di guardare in faccia la realtà, praticando una linea dell’accoglienza che mette a repentaglio la tenuta delle istituzioni (la frase non è mia ma dell’ex ministro Marco Minniti, l’unico che dentro il Pd sembra aver compreso il problema). Invece di fermare gli sbarchi e dare un taglio alle fabbriche di clandestini, cioè a tutte quelle imprese che campano attirando con la promessa di offrire loro un lavoro, si continua a inseguire il sogno di una facile integrazione, quando invece i fatti dimostrano che di facile c’è solo il sistema con cui si aggira la legge, facendo arrivare stranieri non per farli lavorare ma per incassare da loro una sorta di tangente d’ingresso. Come disse tempo fa il boss di Mafia capitale, gli immigrati rendono più della droga. E infatti c’è chi specula e fa affari d’oro, aprendo le porte dell’Italia ai clandestini. Immigrati che appena giunti nel nostro Paese hanno bisogno di tutto. Una volta finiti ai margini, al servizio della criminalità o di un lavoro nero, necessitano di assistenza. Non solo di case, ma anche di welfare e cure. Con il risultato che i pronto soccorso sono intasati e, come ha annunciato di recente l’Emilia Romagna, non c’è posto per altri, come le persone che arrivano dal Mezzogiorno per curarsi. Altro che prima gli italiani o i meridionali: prima gli immigrati. Mentre c’è chi dice, come il cardinale Matteo Zuppi, che senza gli stranieri i servizi e l’industria nazionale non starebbero in piedi, grazie ai migranti per ora abbiamo un aumento delle violenze sulle donne, un incremento delle truffe che consentono ai clandestini di arrivare in Italia, e una diminuzione dell’assistenza sanitaria per quegli italiani che hanno bisogno di farsi curare e sono pronti a salire al Nord. Non male come risultato. E c’è ancora chi pensa che l’immigrazione sia una risorsa.
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Servizio di «Fuori dal coro» mostra com’è facile arrivare in Italia: aziende compiacenti richiedono stranieri, un connazionale li sceglie e si fa pagare migliaia di euro dall’extracomunitario che, una volta qua, gira incontrollato. Libero di delinquere, come accade ogni giorno. Il Pd in Emilia Romagna chiede più migranti, ma non vuole più curare chi viene dal Sud.Non c’è il due senza il tre e infatti siamo alla terza violenza consecutiva a opera di clandestini. Prima una modella aggredita sul treno tra la Brianza e Milano, un assalto che solo la pronta reazione della ragazza ha evitato si trasformasse in qualche cosa di peggio. Poi una turista trascinata da due stranieri dietro una macchina in centro a Firenze e violentata. Quindi una commessa che a Cantù, mentre la mattina stava iniziando il turno di lavoro, è stata assalita quando si apprestava ad aprire il supermercato. Tutti e tre gli immigrati non avrebbero dovuto trovarsi sul territorio nazionale, perché irregolari e in qualche caso già autori di violenze. Ovviamente, la lista degli stupri compiuti o di quelli tentati potrebbe allungarsi di molto, se solo decidessimo di sfogliare le pagine di cronaca degli ultimi mesi. Del resto, l’ultima statistica del ministero dell’Interno segnala l’aumento dei reati sessuali compiuti da stranieri, nella maggior parte dei casi clandestini. Su dieci violenze denunciate, più di quattro sono opera di extracomunitari, ma se guardiamo al dato della popolazione gli immigrati non rappresentano più del 40 per cento del totale, ma solo il 9. Considerando che gli immigrati provenienti da alcuni Paesi hanno tassi molto più bassi rispetto a quel 40 per cento, significa che esiste una minoranza che è responsabile di gran parte delle violenze e questa minoranza si distingue per due caratteristiche: proviene da alcune zone del mondo e in genere non ha titolo per essere accolta nel nostro Paese, in quanto non ha un permesso di soggiorno, né per lavorare né perché in fuga da una guerra.Ma invece di guardare in faccia un problema che inizia a essere allarmante, l’opposizione e quella parte della magistratura che con la sinistra condivide le stesse idee fanno di tutto pur di non dare il via a una politica di respingimenti e di rimpatri.I clandestini sono chiaramente un pericolo per le persone comuni, ma i compagni - con o senza la toga - si rifiutano di guardare in faccia la realtà, praticando una linea dell’accoglienza che mette a repentaglio la tenuta delle istituzioni (la frase non è mia ma dell’ex ministro Marco Minniti, l’unico che dentro il Pd sembra aver compreso il problema). Invece di fermare gli sbarchi e dare un taglio alle fabbriche di clandestini, cioè a tutte quelle imprese che campano attirando con la promessa di offrire loro un lavoro, si continua a inseguire il sogno di una facile integrazione, quando invece i fatti dimostrano che di facile c’è solo il sistema con cui si aggira la legge, facendo arrivare stranieri non per farli lavorare ma per incassare da loro una sorta di tangente d’ingresso. Come disse tempo fa il boss di Mafia capitale, gli immigrati rendono più della droga. E infatti c’è chi specula e fa affari d’oro, aprendo le porte dell’Italia ai clandestini. Immigrati che appena giunti nel nostro Paese hanno bisogno di tutto. Una volta finiti ai margini, al servizio della criminalità o di un lavoro nero, necessitano di assistenza. Non solo di case, ma anche di welfare e cure. Con il risultato che i pronto soccorso sono intasati e, come ha annunciato di recente l’Emilia Romagna, non c’è posto per altri, come le persone che arrivano dal Mezzogiorno per curarsi. Altro che prima gli italiani o i meridionali: prima gli immigrati. Mentre c’è chi dice, come il cardinale Matteo Zuppi, che senza gli stranieri i servizi e l’industria nazionale non starebbero in piedi, grazie ai migranti per ora abbiamo un aumento delle violenze sulle donne, un incremento delle truffe che consentono ai clandestini di arrivare in Italia, e una diminuzione dell’assistenza sanitaria per quegli italiani che hanno bisogno di farsi curare e sono pronti a salire al Nord. Non male come risultato. E c’è ancora chi pensa che l’immigrazione sia una risorsa.
Getty Images
Era inoltre il 22 dicembre, quando il Times of Israel ha riferito che «Israele ha avvertito l'amministrazione Trump che il corpo delle Guardie della rivoluzione Islamica dell'Iran potrebbe utilizzare un'esercitazione militare in corso incentrata sui missili come copertura per lanciare un attacco contro Israele». «Le probabilità di un attacco iraniano sono inferiori al 50%, ma nessuno è disposto a correre il rischio e a dire che si tratta solo di un'esercitazione», ha in tal senso affermato ad Axios un funzionario di Gerusalemme.
Tutto questo, mentre il 17 dicembre il direttore del Mossad, David Barnea, aveva dichiarato che lo Stato ebraico deve «garantire» che Teheran non si doti dell’arma atomica. «L'idea di continuare a sviluppare una bomba nucleare batte ancora nei loro cuori. Abbiamo la responsabilità di garantire che il progetto nucleare, gravemente danneggiato, in stretta collaborazione con gli americani, non venga mai attivato», aveva detto.
Insomma, la tensione tra Gerusalemme e Teheran sta tornando a salire. Ricordiamo che, lo scorso giugno, le due capitali avevano combattuto la «guerra dei dodici giorni»: guerra, nel cui ambito gli Stati Uniti avevano colpito tre siti nucleari iraniani, per poi mediare un cessate il fuoco con l’aiuto del Qatar. Non dimentichiamo inoltre che Trump punta a negoziare un nuovo accordo sul nucleare di Teheran con l’obiettivo di scongiurare l’eventualità che gli ayatollah possano conseguire l’arma atomica. Uno scenario, quest’ultimo, assai temuto tanto dagli israeliani quanto dai sauditi.
Il punto è che le rinnovate tensioni tra Israele e Teheran si stanno verificando in una fase di fibrillazione tra lo Stato ebraico e la Casa Bianca. Trump è rimasto irritato a causa del recente attacco militare di Gerusalemme a Gaza, mentre Netanyahu non vede di buon occhio la possibile vendita di caccia F-35 al governo di Doha. Bisognerà quindi vedere se, nei prossimi giorni, il dossier iraniano riavvicinerà o meno il presidente americano e il premier israeliano.
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Il Comune fiorentino sposa l’appello del Maestro per riportare a casa le spoglie di Cherubini e cambiare nome al Teatro del Maggio, in onore di Vittorio Gui. Partecipano al dibattito il direttore del Conservatorio, Pucciarmati, e il violinista Rimonda.
Muwaffaq Tarif, lo sceicco leader religioso della comunità drusa israeliana
Il gruppo numericamente più importante è in Siria, dove si stima che vivano circa 700.000 drusi, soprattutto nel Governatorato di Suwayda e nei sobborghi meridionali della capitale Damasco. In Libano rappresentano il 5% del totale degli abitanti e per una consolidata consuetudine del Paese dei Cedri uno dei comandanti delle forze dell’ordine è di etnia drusa. In Giordania sono soltanto 20.000 su una popolazione di 11 milioni, ma l’attuale vice-primo ministro e ministro degli Esteri Ayman Safadi è un druso. In Israele sono membri attivi della società e combattono nelle Forze di difesa israeliane (Idf) in una brigata drusa. Sono circa 150.000 distribuiti nel nNord di Israele fra la Galilea e le Alture del Golan, ma abitano anche in alcuni quartieri di Tel Aviv.
Lo sceicco Muwaffaq Tarif è il leader religioso della comunità drusa israeliana e la sua famiglia guida la comunità dal 1753, sotto il dominio ottomano. Muwaffaq Tarif ha ereditato il ruolo di guida spirituale alla morte del nonno Amin Tarif, una figura fondamentale per i drusi tanto che la sua tomba è meta di pellegrinaggio.
Sceicco quali sono i rapporti con le comunità druse sparpagliate in tutto il Medio Oriente?
«Siamo fratelli nella fede e nell’ideale, ci unisce qualcosa di profondo e radicato che nessuno potrà mai scalfire. Viviamo in nazioni diverse ed anche con modalità di vita differenti, ma restiamo drusi e questo influisce su ogni nostra scelta. Nella storia recente non sempre siamo stati tutti d’accordo, ma resta il rispetto. Per noi è fondamentale che passi il concetto che non abbiamo nessuna rivendicazione territoriale o secessionista, nessuno vuole creare una “nazione drusa”, non siamo come i curdi, noi siamo cittadini delle nazioni in cui viviamo, siamo israeliani, siriani, libanesi e giordani».
I drusi israeliani combattono nell’esercito di Tel Aviv, mentre importanti leader libanesi come Walid Jumblatt si sono sempre schierati dalla parte dei palestinesi.
«Walid Jumblatt è un politico che vuole soltanto accumulare ricchezze e potere e non fare il bene della sua gente. Durante la guerra civile libanese è stato fra quelli che appoggiavano Assad e la Siria che voleva annettere il Libano e quindi ogni sua mossa mira soltanto ad accrescere la sua posizione. Fu mio nonno ha decidere che il nostro rapporto con Israele doveva essere totale e noi siamo fedeli e rispettosi. La fratellanza con le altre comunità non ci impone un pensiero unico e quindi c’è molta libertà, anche politica nelle nostre scelte».
In Siria c’è un nuovo governo, un gruppo di ex qaedisti che hanno rovesciato Assad in 11 giorni e che adesso si stanno presentando al mondo come moderati. Nei mesi scorsi però i drusi siriani sono stati pesantemente attaccati dalle tribù beduine e Israele ha reagito militarmente per difendere la sua comunità.
«Israele è l’unica nazione che si è mossa per aiutare i drusi siriani massacrati. Oltre 2000 morti, stupri ed incendi hanno insanguinato la provincia di Suwayda, tutto nell’indifferenza della comunità internazionale. Il governo di Damasco è un regime islamista e violento che vuole distruggere tutte le minoranze, prima gli Alawiti ed adesso i drusi. Utilizzano le milizie beduine, ma sono loro ad armarle e permettergli di uccidere senza pietà gente pacifica. Siamo felici che l’aviazione di Tel Aviv sia intervenuta per fermare il genocidio dei drusi, volevamo intervenire personalmente in sostegno ai fratelli siriani, ma il governo israeliano ha chiuso la frontiera. Al Shara è un assassino sanguinario che ci considera degli infedeli da eliminare, non bisogna credere a ciò che racconta all’estero. La Siria è una nazione importante ed in tanti vogliono destabilizzarla per colpire tutto il Medio Oriente. Siamo gente semplice e povera, ma voglio comunque fare un appello al presidente statunitense Donald Trump di non credere alle bugie dei tagliagole di Damasco e di proteggere i drusi della Siria».
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