2019-07-08
Trenta, il ministro dell’Indifesa che «spara» contro Matteo Salvini
Sta disarmando il nostro esercito, ma con il leader della Lega ha sempre il fucile spianato.Raccontano che una volta al ministero della Difesa arrivò un carro armato. Si spalancò la torretta ma dentro non c'era nessuno: era il ministro Elisabetta Trenta. L'hanno ribattezzata da subito «ministro in tuta mimetica»: nel senso che sulle questioni militari si mimetizza così bene che fai fatica a vederlo. Eppure, il vertice politico delle nostre Forze armate sa come farsi notare. Soprattutto quando si esibisce nel pezzo forte del repertorio: l'imitazione di Nichi Vendola. «Peace and love», amiamoci e partite, disse un mese fa nell'aula del Senato facendo il saluto pacifista al banco delle opposizioni, che l'accusavano d'aver trasformato i nostri battaglioni in una filiale della Croce Rossa. «Non ho fatto le corna, era solo un saluto di pace», si giustificò Trenta con il presidente Elisabetta Alberti Casellati, che la pregava di non azzardare certi gesti in sede istituzionale. Ma il messaggio del ministro a cinque stellette era chiaro fin dal principio: mettiamo dei gerani nei nostri cannoni. Del resto «l'accoglienza è bella, i respingimenti sono brutti», lo disse chiaro e tondo al quotidiano Avvenire, in quella occasione improvvisandosi ministro degli archibugieri vaticani. Le Ong? A parte qualche mela marcia, «sono organizzazioni luminose». Gino Strada non avrebbe saputo esprimersi meglio. In fondo c'era proprio la firma del ministro illuminato dietro la decisione del governo di rinunciare all'acquisto di cinque fucili per finanziare iniziative pacifiste. Giuseppe Conte ne menò vanto, affermando che sul campo di battaglia ci saranno cinque dei nostri senza fucile «che andranno nelle retrovie a parlare di pace». Più che soldati in missione, tanto vale chiamarli direttamente missionari. Per dire che non c'è da stupirsi, se da mesi ogni dichiarazione di Matteo Salvini diviene bersaglio dei cannoneggiamenti della Difesa. I due sono incompatibili. Salvini dice che sullo sbarco della nave Alex è stato «lasciato solo»? «No, vi abbiamo offerto aiuto ma non ci avete risposto». Salvini spedisce una circolare ai vertici militari per assicurarsi che la Mare Jonio non entri in porto? «Inaccettabile ingerenza». Salvini rispolvera la leva obbligatoria? «Se lo scordi, è un'idea romantica».Quello che una volta si chiamava ministro della Guerra, oggi sembra essersi specializzato in guerriglia entro i confini nazionali. Il ritornello è sempre quello del «duplice uso sistemico» delle forze armate, che significa più attività di protezione civile, e meno nell'interesse nazionale. Una svolta umanitaria che piace poco alla Nato e agli stessi reparti militari. Ricordate la parata del 2 giugno, la tradizionale festa delle forze armate in via dei Fori Imperiali? Il ministro l'ha ribattezzata «festa dell'inclusione», per non lasciare indietro nessuno, contro ogni emarginazione sociale». Sentendo queste parole, lo stato maggiore pare abbia temuto un putsch al ministero: «Allarmi, Maurizio Landini si è insediato in via XX settembre, tutti ai posti di combattimento». C'è da capirli: avranno pensato a un colpo di Stato della Cgil, per trasformare la festa del 2 giugno in quella del primo maggio. Intanto i generali storici, usi obbedir tacendo, ruppero il silenzio e aprirono il fuoco sul ministero. Il generale Vincenzo Camporini parlò di «pacifismo ipocrita, stiamo minando le istituzioni militari». Dino Tricarico, ex capo di stato maggiore dell'Aeronautica, denuncio l'«irreversibile indebolimento» dei nostri corpi militari. Mario Arpino allargò le braccia: «Inaccettabile indecisione del governo sulle questioni militari». E in effetti, sotto il pacifismo non è che ci sia molto altro. Dopo più di un anno in sella, stiamo ancora aspettando di capire che fine farà la commessa per 90 cacciabombardieri americani, o a quanto ammontano esattamente i tagli al budget della Difesa. Intanto la Federazione delle aziende italiane aerospaziali dice che la nostra difesa missilistica «sparerà a salve». E ci sarà un motivo se l'Istituto affari internazionali parla esplicitamente di un ministero «in stato confusionale».Non a caso, quando si parla di rimpasto, il nome di Elisabetta Trenta è sempre il primo della lista. Non è chiaro se il ministro della Difesa che considera il Mediterraneo «un mare che sarà sempre aperto», vedrà chiudersi la sua avventura battendo in ritirata. Ma mentre Salvini con le sue uscite muscolari si può amare o odiare, un capo della Difesa che non difende (o che difende la porta sbagliata) è come un fucile caricato a coriandoli: non sapremmo cosa farcene. Servirebbe forse un po' di coraggio in più. Non dico «osare l'inosabile», come insegnava il Vate, ma perlomeno comprendere un concetto base: se si chiamano Forze armate, e non «Forze disarmate», forse un motivo ci sarà. Abbiamo fatto Trenta: facciamo trentuno?
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