
Bruxelles messa a ferro e fuoco non è un bello spettacolo. Però è difficile non condividere l’esasperazione dei contadini, alle prese con un insieme di regole tanto ideologiche quanto insensate che stanno uccidendo la nostra agricoltura.A prescindere che siano di destra o di sinistra, non amo le manifestazioni, soprattutto quanto scatenano disordini. Alla fine degli anni Settanta e all’inizio degli Ottanta, per dovere di cronaca, ho seguito troppi cortei. E oltre ad averne misurato l’inutilità, ho toccato con mano i problemi che creano ai comuni cittadini, paralizzando la circolazione e spesso devastando centri storici, con muri e vetrine imbrattate, auto e insegne danneggiate. Dunque, non mi ha fatto alcun piacere vedere le immagini di una Bruxelles messa a ferro e fuoco dai manifestanti che protestavano contro la svolta green dell’Europa. Tuttavia, pur condannando i disordini, non posso fare a meno di dire che capisco l’esasperazione di chi manifesta. Difficile dare torto agli agricoltori che devono fare i conti con una legislazione insensibile a qualsiasi ragionamento di buon senso. Quasi impossibile condividere norme che invece di migliorare la nostra qualità della vita rischiano di peggiorarla.Ho provato a mettere in ordine le misure oggetto del cosiddetto Farm to fork o Green deal agricolo e dal mio punto di vista è un’accozzaglia di scelte ideologiche, di provvedimenti assurdi. Tanto per cominciare, i contributi della politica agricola comunitaria, che Bruxelles vuole spostare a favore dei Paesi dell’Est, agganciando inoltre quel che rimane dei fondi alla rotazione obbligatoria dei terreni coltivati. In pratica, non soltanto si favorisce l’agricoltura degli Stati che un tempo facevano parte del blocco sovietico a scapito di quelli occidentali - e già su questo ci sarebbe da dire - ma si scoraggia la coltivazione del grano, aprendo le porte alle importazioni, che guarda caso sono in mano a quattro multinazionali, tre delle quali americane e una franco-olandese. Che senso ha ridurre la produzione nazionale, nostra e di altri Paesi Ue, per favorire quella estera? Nessuno è in grado di rispondere.Niente spiegazioni pure sulla riduzione dei fitofarmaci utilizzati nelle coltivazioni a favore del biologico, che pur essendo una mossa condivisibile in linea di massima, poi si scontra con alcuni problemi pratici, ovvero con un calo della produzione agricola del 20 per cento e un aumento dei costi, a fronte di un sistema di distribuzione che però vuole pagare meno. La quadratura del cerchio è impossibile e l’unica conseguenza è che a finire strangolati dai grossisti sono gli agricoltori, i quali si ritrovano a spendere di più per incassare meno. Altra follia europea: il Nutriscore e tutte quelle etichette che l’Europa vorrebbe appiccicare su confezioni di cibo e bottiglie di vino, per metterci in guardia dal consumo di Grana padano o Parmigiano reggiano e di Barbera, quasi fossero veleno. Un’operazione che anche in questo caso favorisce le multinazionali, che producono cibo ultra-processato tipo la carne o i pesci sintetici, ma in modo ultra-rispettoso delle raccomandazioni europee, che in parte sono da loro dettate. Della lotta alla zootecnica, cioè alle vacche, accusate di inquinare più di un diesel euro 0, ho già scritto: fosse per la Ue e il suo ex commissario all’Ambiente, il socialista Frans Timmermans, gli allevamenti verrebbero chiusi e i capi di bestiame interamente abbattuti. Anche in questo caso, per favorire le farine fatte con gli insetti e altre prelibatezze da laboratorio e gli interessi dei grandi investitori. Il tutto per ottenere, forse, una riduzione dello zero virgola delle emissioni mondiali. Basta per spiegare come mai gli agricoltori europei siano terribilmente incazzati? No. E allora sentite queste altre perle dei funzionari europei. Mentre nella Ue inventano ogni giorno un modo per complicare la vita a contadini, allevatori e pescatori, la stessa Europa stringe patti commerciali con Mercosur e Ceta che non prevedono reciprocità. In pratica, i prodotti che importiamo non devono rispettare le nostre norme. Così dal Canada può arrivare il grano essiccato con il glifosato, dal Brasile merce per miliardi trattata con prodotti chimici che da noi sono vietati e dalla Tunisia importiamo l’olio d’oliva spremuto con i solventi. Ribadisco: non è bello usare il trattore come un bulldozer contro il Parlamento europeo, né per protesta si può stringere d’assedio una capitale. Tuttavia, è difficile dare torto a chi scende in piazza. Da estirpare qui non sono le coltivazioni, come vorrebbe la Ue, ma le male piante dei burocrati di Bruxelles, i quali tante ne pensano e peggio ne applicano.
Robert Redford (Getty Images)
Incastrato nel ruolo del «bellone», Robert Redford si è progressivamente distaccato da Hollywood e dai suoi conformismi. Grazie al suo festival indipendente abbiamo Tarantino.
Leone XIV (Ansa)
Nella sua prima intervista, il Papa si conferma non etichettabile: parla di disuguaglianze e cita l’esempio di Musk, ma per rimarcare come la perdita del senso della vita porti all’idolatria del denaro. E chiarisce: il sinodo non deve diventare il parlamento del clero.